Ansa
lettere al direttore
Avere fiducia nell'occidente per uscire dalla bolla del catastrofismo
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Abbiamo perso il conto di tutte le volte in cui Lucio Caracciolo ha dato per soccombenti, in declino, spacciati gli Stati Uniti d’America. L’ultima volta pochi giorni fa, in un articolo su Repubblica dal titolo eloquente: “Il suicidio americano”. Lunga vita garantita agli States, dunque, visto che, fortunatamente, di solito Caracciolo non ci prende.
Luca Rocca
Lucio Caracciolo è un gigante avvolto da un po’ di tempo dalla nube del pessimismo. Per uscire fuori dalla bolla del catastrofismo serve un piccolo sforzo: avere fiducia nell’occidente, avere fiducia nell’Europa, avere fiducia nell’idea che per essere ottimisti oggi può essere sufficiente costruire un muro di fronte a chi ci sta disinformando, con la filastrocca che i veri potenti sono le autocrazie.
Al direttore - Il 22 giugno 1941 la Germania invase l’Unione sovietica. Firmò la sua resa a Reims il 7 maggio 1945, dopo tre anni e undici mesi di guerra. Il 24 febbraio 2022 la Russia ha invaso l’Ucraina. Dopo tre anni e nove mesi non è ancora riuscita a sconfiggerla. Eppure ciarlieri giornalisti e geopolitici la davano per spacciata già il giorno dopo l’invasione. Sono gli stessi che però la escludevano il giorno prima. Poi ci hanno raccontato che Putin non voleva conquistare l’intero paese. Magari confidando nella scarsa memoria per i sessanta chilometri di carri armati alle porte di Kyiv, per l’appello ai militari ucraini perché tradissero il presidente o per le intercettazioni degli ufficiali russi che si erano già scelti la casa con vista sul Dnipro. Poi si sono inventati la scemenza della “guerra per procura”, così tanto pianificata dall’occidente che Usa e Gran Bretagna offrirono immediatamente una via di fuga a Zelensky, mentre hanno impiegato mesi per armarlo e anni per autorizzarlo a colpire in territorio russo. Poi hanno puntato il dito sulle responsabilità di Boris Johnson nel fallimento degli accordi di Istanbul del 2022, citando articoli mai letti e interviste mai ascoltate che sostengono l’esatto contrario. Poi è venuto il tempo del “colpo di stato di Maidan”, l’unico colpo di stato della storia in cui chi ha preso il potere ha poi indetto libere elezioni. Caro Cerasa, per ragioni di spazio mi fermo qui. Ma la lista delle menzogne che ricalcano fedelmente le veline sfornate dal regime fascista di Mosca è molto più lunga. Una buona percentuale dell’opinione pubblica italiana se le beve. Per fortuna, non mancano anticorpi robusti per combattere questo virus che infetta l’uso della ragione critica. Si chiamano, ad esempio, Sergio Mattarella e Giorgia Meloni. Un cattolico democratico e una postfascista. Curioso, no?
Michele Magno
Ha ragione Crosetto, che nel suo documento consegnato due giorni fa al Consiglio supremo di difesa dice: “Non basta la forza militare: bisogna vincere anche la battaglia delle idee, contrastando falsità e propaganda in tempo reale”. Chi non lo fa semplicemente ha scelto da che parte stare.
Al direttore - Leggo sempre con attenzione il vostro giornale e ho letto anche l’articolo di Pompili con cui si sostiene che l’Italia abbia fatto dietrofront sull’importazione di pomodori da nazioni che non rispettano i diritti umani. A tal proposito ci sono due considerazioni da fare. La prima è che non c’è stato nessun dietrofront da parte mia o da parte del governo. Anche in Europa ho sempre sostenuto le stesse tesi, che sono anche quelle statunitensi che lei riporta, in dibattito pubblico all’Agrifish. Hanno ragione gli Usa, e abbiamo ragione anche noi, non si può accettare la concorrenza di chi sfrutta il lavoro o addirittura riduce in schiavitù. Da sempre e coerentemente chiediamo all’Ue di inserire e rafforzare nei trattati la clausola per il rispetto dei diritti umani. Questo è un principio alla base delle condizioni di reciprocità, requisito per noi essenziale ogni qual volta si aprano le nostre frontiere alle importazioni da paesi extra Ue. Ultimo caso lunedì a Bruxelles proprio sul riso prodotto in Cambogia e Birmania (Myanmar) o come emerso dall’incontro pubblico avuto con il commissario europeo Sefcovic il 31 ottobre scorso. Il governo italiano, e in particolare il Masaf, si sono distinti in questi tre anni per l’impegno nel contrasto delle importazioni di prodotti che non rispettano i requisiti di qualità e della condizione dei lavoratori. Per fare ciò abbiamo costituito una cabina di regia tra tutti gli operatori del settore dei controlli che ha garantito maggiore efficienza e un numero di verifiche eccezionalmente superiore al passato e notevolmente più efficaci. Noi europei, e in particolar modo noi italiani, non potremo mai essere vincenti sulla quantità ma dobbiamo continuare a esserlo sulla qualità, in cui noi siamo molto spesso punto di riferimento, e sulla quale non transigiamo. Ma è proprio la qualità a essere sorretta dal rispetto di standard di produzione elevati, dal rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori, oltre che dal prodotto finito in sé. Fare entrare merci che non rispettano questi nostri princìpi non è mai stato in discussione ed è stata sempre la base delle nostre politiche. Mi sono coordinato in maniera costante con associazioni agricole, industriali e dei lavoratori perché questo impegno si tramutasse in risultati che il mondo delle filiere agroalimentari ci riconosce. Il Foglio sembra non essersene accorto attribuendomi addirittura pericolose simpatie filocinesi che purtroppo in Italia esistono ma vanno certamente ricercate altrove. La seconda considerazione riguarda il virgolettato a exergo dell’articolo e del titolo, quel colloquio fu distorto tanto da rendere necessario un chiarimento con l’ambasciata Usa a Roma con la quale ci sono stati in passato, e ci sono tutt’oggi, ottimi rapporti. Da ultimo colgo l’occasione per ribadire che i dati delle importazioni di pomodoro lavorato confermano che la direzione è quella giusta, il valore delle nostre produzioni nazionali cresce così come l’export. L’Italia è tornata secondo produttore mondiale. Il merito certamente è in primo luogo delle nostre straordinarie imprese e, come le stesse ci riconoscono pubblicamente, anche di un governo che le sostiene. Con rinnovata stima.
Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura