
LaPresse
Lettere al direttore
Gli odiatori di Israele hanno usato le critiche a Netanyahu per rendere accettabile il loro antisionismo
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Caro Cerasa, è il governo di Gerusalemme a strumentalizzare l’accusa di antisemitismo per mettere a tacere chi critica le sue malefatte, oppure sono gli antisemiti che strumentalizzano la critica al governo di Gerusalemme per veicolare l’odio verso gli ebrei? Questa domanda, non banale, mi è stata posta da alcuni giovani amici che volevano sinceramente capire perché Israele è così isolato nell’opinione pubblica italiana e internazionale. Ho risposto ponendo a mia volta una domanda: che cos’è l’antisemitismo? Il fenomeno è antico, ma il termine è moderno. Viene coniato nel 1879 dal giornalista tedesco Wilhelm Marr per indicare un progetto politico di dominio del mondo, fondato su argomenti economici e razziali separati dal tradizionale odio religioso antigiudaico. Sempre nel 1879 la rivista Annali prussiani pubblica un saggio dello storico nazionalista Heinrich von Treitschke, “Le nostre prospettive”, che si conclude con la celebre affermazione: “Gli ebrei sono la nostra sciagura”. La tesi centrale è che agli ebrei che si ostinano a rimanere tali deve essere negato il diritto di cittadinanza nel Secondo Reich. Il dibattito che si apre intorno a questo saggio è noto come Berliner Antisemitismus-streit. Di qui inizia la diffusione del nuovo termine, prima in Germania e poi negli altri paesi europei. Ora, non è curioso che si ricorra a un neologismo per designare una cosa che era nota a tutti da tempo immemorabile? In realtà, come osserva Manuel Disegni, “nel corso dei secoli questa cosa si è manifestata in contesti sociali, culturali e spirituali molto diversi tra loro; e ha sviluppato un repertorio tanto vario e fantasioso di leggende, calunnie e superstizioni […] che la sua natura tende a sfuggire a ogni tentativo di definizione (“Critica della questione ebraica”, Bollati Boringhieri, 2024). E sfugge a ogni tentativo di definizione anche per il fatto, come diceva Theodor W. Adorno, che ogni spiegazione dell’antisemitismo si rivela sempre inadeguata, in quanto le radici del fenomeno si spingono sino alla profondità più oscura e misteriosa della nostra civiltà. I miei giovani amici si sono dichiarati insoddisfatti della mia risposta. Allora, poiché si era fatto tardi, ho promesso che presto avremmo ripreso il discorso.
Michele Magno
Riformulerei meglio. Il governo di Israele ha purtroppo utilizzato l’accusa di antisemitismo per mettere a tacere chi lo ha criticato negli ultimi anni. Gli odiatori di Israele invece hanno utilizzato le critiche al governo di Israele per rendere il proprio antisionismo accettabile, presentabile, palatabile, accettando in definitiva di non contrastare coloro che in questi anni hanno usato l’antisionismo per sdoganare una nuova forma di antisemitismo. Il discorso potrebbe essere ancora lungo, ma chi non rigetta i cori dal fiume al mare nel migliore dei casi non sa cosa vuol dire quel coro, nel peggiore dei casi sa perfettamente cosa vuol dire ma finge di non essere interessato a chi chiede di far sparire Israele dalla mappa geografica. Provi a spiegarlo ai suoi giovani amici.
Al direttore - Nella sua consueta analisi su Repubblica, Lucio Caracciolo scrive che “né gli israeliani né i palestinesi rinunciano all’idea che lo spazio conteso fra Mediterraneo e Giordano sia casa loro. Tutto”. Strano che il direttore di Limes non ricordi che Israele già nel 1948 disse sì anche alla nascita dello stato palestinese. Un sì seguito dal rifiuto dei paesi arabi che un minuto dopo, non volendo riconoscere Israele, scatenarono l’inferno contro “l’entità sionista” nella speranza, loro sì, di mettere le mani su tutto il territorio dal fiume al mare. Speravamo anche, ma invano, che Caracciolo rammentasse che nel corso dei decenni, dopo aver sconfitto gli aggressori arabi in svariate guerre, Israele propose ai palestinesi di sancire la nascita dello stato su quasi tutto il territorio compreso fra Cisgiordania e Gaza, ricevendone in cambio una serie di rifiuti seguiti da micidiali attacchi terroristici. Quindi no, Israele, al netto di qualche testa calda che fortunatamente è e rimarrà minoranza, non vuole per sé “tutto lo spazio conteso fra Mediterraneo e Giordano”. Non lo ha mai voluto. La storia parla chiaro, ma un certo pregiudizio induce a dimenticarla. O a ignorarla coscientemente.
Luca Rocca
Al direttore - L’hanno definita “prudente”. Non sono d’accordo. La legge di Bilancio che ci apprestiamo a discutere in Senato è di puro galleggiamento, incolore, insapore, inodore, carente sul piano dello sviluppo. Una serie di piccoli aggiustamenti e ritocchini che non affrontano nessuno dei problemi del paese, a cominciare dal pil. L’Italia continua a crescere con tassi da zero virgola, nonostante la spinta del Pnrr. Gli stipendi sono e resteranno al palo: con la detassazione degli aumenti contrattuali arriveranno in busta paga dai due ai quattro caffè al mese, mentre il carrello della spesa continua a erodere il potere d’acquisto. Quelli che oggi mettono sei euro in più al mese sono gli stessi che definirono una “elemosina” gli 80 euro del governo Renzi. Quella sì una riduzione strutturale delle tasse. Di fronte a tutto ciò la soluzione proposta da Giorgia Meloni è “Più tasse per tutti”. Non c’è da stupirsi: questo è il governo della pressione fiscale al 42,5 per cento. Ma non mi sarei mai aspettata l’aumento dell’aliquota sugli affitti brevi anche per il primo immobile, un aumento di fatto delle tasse sulla casa. Se al posto di Tajani ci fosse stato Silvio Berlusconi, sono certa che questa misura non sarebbe mai finita nella bozza della manovra. Così si penalizzano quelle famiglie che provano a ricavare un reddito dall’affitto della casa al mare. Un altro schiaffo al ceto medio, sempre più sulla soglia della povertà. Daremo battaglia finché non la ritireranno. Un’altra “chicca” di questa manovra, oltre alla tassazione sulle banche che per Salvini c’è e per Tajani no, è la tanto sbandierata rottamazione delle cartelle. Premesso che siamo contrari ai condoni, una misura che aiuti imprese e contribuenti in difficoltà ci potrebbe anche stare. Il problema è che gli interessi sono troppo alti: si parla del 4 per cento all’anno per nove anni, che portano gli interessi sopra il 35 per cento. Siamo al limite dello strozzinaggio. Un’altra presa in giro di questa modestissima manovra. In Parlamento presenteremo i nostri emendamenti che saranno tutti votati allo sviluppo. L’opposizione non può essere solo critica, ma deve anche fare proposte concrete: alla Leopolda abbiamo presentato quella sull’Irpef agevolata per i giovani, che avrebbe il doppio vantaggio di trattenere i nostri talenti e favorire lo sviluppo. C’è una sinistra pro Pal e un centrosinistra pro pil. I riformisti sono per il pil.
Raffaella Paita, Italia viva
Viva i pro pil!