
Lettere
Chissà se almeno oggi Francesca Albanese avrà il coraggio di usare la parola “Hamas”
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - “Nel giro di cinquant’anni – ha detto Liliana Segre – la Shoah sarà una riga in un libro di storia e poi non ci sarà neanche quella”. Sono invece bastati solo pochi giorni per cancellare dalla memoria dell’occidente l’inferno del 7 ottobre. Una catastrofe morale che lo perseguiterà per intere generazioni.
Michele Magno
A proposito di Liliana Segre. Vorremmo dire a Francesca Albanese, che si è indignata due giorni fa per aver sentito in una trasmissione la parola “Segre” collegata a “genocidio”, quanto segue. Le vorremmo chiedere cosa trovi di così scandaloso di fronte a frasi come queste. “O ti adegui e ti unisci alla campagna che tende a imporre l’uso del termine ‘genocidio’ per descrivere l’operato di Israele nella guerra in corso nella Striscia di Gaza, o finisci subito nel mirino come agente sionista”. O queste: “Le cose in realtà sono più complesse e colpisce che alcuni tra i più infervorati nell’uso contundente della parola malata si trovino in ambienti solitamente dediti alla cura, talora maniacale, del politicamente corretto, del linguaggio sorvegliato che si fa carico di tutte le suscettibilità fin nelle nicchie più minute”. O queste: “I caratteri tipici dei genocidi sono essenzialmente due, uno è la pianificazione della eliminazione, almeno nelle intenzioni completa, dell’etnia o del gruppo sociale oggetto della campagna genocidaria, l’altro è l’assenza di un rapporto funzionale con una guerra. Anche i genocidi commessi durante le due guerre mondiali (armeni, ebrei, rom e sinti) non ebbero la guerra né come causa né come scopo, anzi furono eseguiti sottraendo uomini e mezzi allo sforzo bellico”. O queste: “L’abuso della parola genocidio dovrebbe essere evitato con estrema cura per più di una ragione. In primo luogo, solo coprendosi occhi e orecchie si può evitare di percepire il compiacimento, la libidine con cui troppi sembrano cogliere un’opportunità per sbattere in faccia agli ebrei l’accusa di fare ad altri quello che è stato fatto a loro. Un complesso di colpa collettivo prodotto dalla storia si scioglie in un rabbioso sfregio liberatorio verso lo stato ebraico di Israele, non solo equiparandolo ai nazisti ma rinfocolando tutti i più vieti stereotipi sugli ebrei vendicativi, suprematisti, assetati del sangue dei bambini non ebrei. L’impennata delle manifestazioni di antisemitismo nel mondo, a livelli mai visti da decenni, dimostra l’effetto devastante delle tossine che sono tornate in circolo”. O queste: “In secondo luogo, l’accusa strumentale del genocidio proietta sull’intero stato di Israele e su tutto il popolo israeliano – non solo sul pessimo governo in carica – l’immagine del male assoluto. Una demonizzazione ingiusta, ma anche controproducente per le prospettive di pace e convivenza”. O queste: “La cultura antifascista e antitotalitaria ha avvertito da sempre le implicazioni velenose delle operazioni di negazionismo, riduzionismo, relativizzazione, distorsione o banalizzazione dei genocidi. Di lì passano inesorabilmente le rivalutazioni delle peggiori dittature e le campagne nostalgiche. Da lì parte il sistematico abbassamento degli anticorpi che sorreggono la coscienza democratica dei cittadini”. Ieri, Albanese ha rincarato la dose e ha tenuto a far sapere perché considera le frasi di Segre, che sono esattamente le frasi che vi abbiamo riportato, come eretiche. Sentite. “La pietra di inciampo della logica è che se una persona ha una malattia, non va a farsi fare la diagnosi da un sopravvissuto a quella malattia, ma da un oncologo. Ho grandissimo rispetto per la senatrice Segre, una persona che ha vissuto traumi indicibili e che è profondamente legata a Israele, per questo sostengo che ci sono gli esperti e che non è la sua opinione, o la sua esperienza personale, a stabilire la verità su quanto sta accadendo […] c’è chiaramente un condizionamento emotivo che non la rende imparziale e lucida davanti a questa cosa”. Di fronte a queste parole, si potrebbero dire molte cose. Ma forse il modo migliore è rispondere con un’altra frase di Segre: “Ogni riduzione dell’altro a mostro, ogni cancellazione manichea delle sue ragioni – vale per i sostenitori acritici dei palestinesi, ma vale specularmente anche per i sostenitori acritici del governo israeliano – serve solo a perpetuare la guerra, a rinsaldare la trappola dell’odio e ad allontanare il giorno in cui potrà, dovrà sorgere uno stato di Palestina accanto allo stato di Israele”. Dunque ci chiediamo, almeno oggi, che è 7 ottobre, la signora in questione avrà il coraggio di utilizzare la parola Hamas? Viva Liliana Segre.