
(foto Ansa)
lettere
Cari pacifisti pro Pal, dove sono le piazze contro il riarmo russo?
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Hamas scomparso dai radar del dibattito ormai da mesi. Dobbiamo ringraziare il poeta col deltaplano che svolazzava a Firenze nella manifestazione di ieri per averci ricordato che in questa storia c’è anche Hamas, non solo “esercito israeliano contro bambini” (come fai a sostenere anche vagamente Israele messa così?). Col suo gesto carico di nostalgia per il 7 ottobre, l’eroe dannunziano ci ricorda quindi anche il trasporto, l’empatia, il sostegno euforico e non così nascosto per Hamas di alcuni italiani che continuiamo a chiamare pro Pal.
Andrea Minuz
Al direttore - Chi sventola con leggerezza bandiere palestinesi dovrebbe riflettere sull’ennesima vergognosa proposta dei terroristi di Hamas di liberare, dopo due anni di torture e sofferenze, metà degli israeliani tenuti in cattività. Con i migliori saluti.
Roberto Alatri
Al direttore - Con Ilaria Salis non prenderei neppure un caffè; tuttavia ritengo che la delegazione italiana nel Parlamento europeo dovrebbe votare contro la richiesta di revoca della immunità per un banale rispetto dei nostri concittadini che l’hanno votata.
Giuliano Cazzola
Sottoscrivo
Al direttore - Leggo quotidianamente il Foglio, e avrei una richiesta che Gemini non ha saputo soddisfare (e nemmeno ChatGPT). Quante manifestazioni pro-Ucraina ci sono state in Italia dal febbraio 2022? Quante pro Gaza & Co. dall’ottobre 2023? La mia non è una domanda retorica, credo sarebbe interessante conoscere e divulgare questi dati! Tralascio di chiedere, per carità di patria, le stesse cifre per Sudan, Congo, eccetera. Grazie per l’attenzione e cordiali saluti.
Franco Magnone
Per pietà, abbiamo scelto di non porre questa domanda alla nostra intelligenza artificiale. Quello che possiamo dire con certezza è il numero esatto di manifestazioni convocate dai pacifisti preoccupati per il riarmo europeo contro il riarmo russo. Il numero è tondo, così tondo che è molto simile allo zero spaccato.
Al direttore - Il funerale di Charlie Kirk è stato uno spettacolare evento politico-religioso che ha raccontato un’America non proprio sull’orlo di una guerra civile, ma preda di una inquietante crisi di nervi. Il martirologio del giovane attivista Maga si è svolto in un clima che ricordava i tempi del maccartismo: l’ossessiva polemica contro i “nemici del popolo”, l’anti intellettualismo come fiume carsico della storia americana. E’ un parente stretto del populismo, fondato sul mito dell’uomo comune contrapposto alle élite culturali. Negli Stati Uniti questa tradizione, diversamente dall’Europa, si è sviluppata entro i confini della democrazia. Almeno fino a quando non è comparso Donald Trump, “Deranged Donald” secondo l’avvocato conservatore George Conway. Il suo populismo ha compiuto un salto in avanti: non solo diffida delle élite, ma le considera pericolose, affidando al leader carismatico il compito di sostituirle. Così il paese delle università più prestigiose, dei Nobel e delle ricerche d’avanguardia è anche quello dove più radicato è il sospetto verso la scienza e più pervicace l’ostilità verso i centri che la promuovono. I movimenti Maga vogliono imporre un “uno vale uno” che già in Italia ha mostrato i suoi limiti: l’ignoranza produce miseria politica ed economica. Ma il problema è reale: quando le élite non circolano e i privilegi sostituiscono il merito, l’anti intellettualismo diventa febbre di un sistema malato. L’antidoto resta una democrazia liberale efficiente, che promuova competenze, merito e un ricambio costante delle classi dirigenti.
Michele Magno