
(foto EPA)
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Il messaggio inequivocabile per tutti quelli che vogliono la fine di Israele
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Caro Cerasa, lei ha ragione. L’attentato a Gerusalemme non ha fatto notizia. In un’informazione intossicata dalla propaganda filopalestinese, nella migliore delle ipotesi è stato considerato come un episodio di cronaca nera. Nella peggiore, come un “ben gli sta”. Al contrario, la risposta di Netanyahu, la decapitazione del vertice di Hamas in Qatar, ha riempito di sdegno le prime pagine di tg e quotidiani nazionali. Perché accade tutto ciò? Perché il 7 ottobre 2023 non è stato solo un pogrom che, per violenza e numero degli assassinati, ha poco da invidiare a quello dei nazisti nella Notte dei cristalli (9-10 novembre 1938). E’ stato infatti concepito come una trappola, per infilare Israele in un vicolo cieco. Massacrando civili e razziando ostaggi, Hamas si proponeva di dare avvio a una strategia di logoramento e a una guerra senza fine, senza vincitore, senza prospettive di pace. Hamas non cerca una vittoria militare. Sa che è impossibile. Vuole la scomparsa di Israele, ed è disposto a tutto per raggiungere questo obiettivo. La Striscia può anche essere rasa al suolo e la sua popolazione decimata: non ha importanza, purché lo stato ebraico grondi sangue, si divida al suo interno e venga isolato dalla comunità internazionale. E’ una strategia “sacrificale”, nichilista, quasi religiosa nelle sue diverse e aberranti declinazioni. E poggia su due pilastri: l’impantanamento delle Idf in una snervante guerriglia urbana e la manipolazione emotiva delle opinioni pubbliche occidentali. In questo senso, il vero campo di battaglia non sono le rovine di Gaza. Sono i talk-show televisivi, i social network, le università americane ed europee, le manifestazioni nelle strade delle grandi città occidentali, la Flotilla che scalda i cuori di cineasti italiani e stranieri. Hamas ha capito ciò che il governo di Gerusalemme ha sottovalutato: in un mondo governato dall’immagine, la guerra non si vince solo con i carri armati, ma con lo storytelling. La sua forza è drammaturgica, non militare. Trattenendo gli ultimi ostaggi (vivi e morti), Hamas rende impossibile qualsiasi compromesso. Nascondendosi negli ospedali, nelle scuole e nelle case, oltre che nei tunnel, rende insostenibile ogni risposta. Ogni azione di Israele viene distorta per essere condannata come genocidaria. In questa guerra asimmetrica, ogni vittoria militare diventa paradossalmente una sconfitta mediatica. E le opinioni pubbliche, sature di fake news quanto prive di discernimento critico tra il vero e il falso, diventano preda di pulsioni irrazionali e tendono a ignorare i fatti. Tuttavia, la trappola non avrebbe funzionato senza l’irresolutezza delle democrazie europee. Esercitando pressioni sul paese attaccato piuttosto che sui sequestratori, esse hanno abdicato alla weberiana etica della responsabilità. Riconoscendo lo stato palestinese senza pretendere il disarmo di Hamas, non solo sono state scavalcate persino dalla Lega araba, ma offrono una ricompensa politica al terrorismo. E, così facendo, lo incoraggiano. A Hamas importa soltanto che Israele sia indebolito, delegittimato, isolato. La verità è che un cessate il fuoco accompagnato dalla liberazione di tutti gli ostaggi, senza la resa e l’esilio di Hamas, è un miraggio. Hamas non ha alcun interesse a concludere questa guerra. Gli ostaggi e i media filopalestinesi sono le sue armi, i suoi riflettori, le sue garanzie di sopravvivenza. Tratterrà i primi e continuerà a finanziare i secondi, perché la loro esistenza alimenta il conflitto. L’occupazione di Gaza City servirà a sbrogliare questa matassa? Se il piano è quello di ricostruire Gaza spostando la sua popolazione in una enclave di disperati, temo di no. In ogni caso, “Si fallor, sum” (Agostino d’Ippona).
Michele Magno
Ieri il Jerusalem Post ha pubblicato un’intervista a un personaggio fantastico, proprio su questi temi. Il suo nome è Mosab Hassan Yousef. Suo padre, lo sceicco Hassan Yousef, è stato uno dei membri fondatori di Hamas, e Mosab ha detto che l’azione di Israele invia un messaggio inequivocabile: “Non c’è immunità per coloro che uccidono civili innocenti, che massacrano civili e prendono ostaggi, per poi ricattare una nazione nel tentativo di mettere in ginocchio il popolo ebraico e Israele come nazione. Il Qatar ha finanziato Hamas per molti anni, e Hamas si è rifugiata in Qatar. Pensavano di non poter essere raggiunti e di essere immuni”. Nient’altro da aggiungere.
Al direttore - Gentile Giuliano Ferrara, davvero grazie ancora per la ricostruzione degli avvenimenti riguardanti il medio oriente. Mi unisco su questa linea di difesa coraggiosa, necessaria, ma sempre più difficile.
Luciano Allegri
Al direttore - Esprimo la mia solidarietà a Mariarosa Mancuso, vittima di attacchi e di insulti subiti per la recensione sul film pro Palestina. Ho letto l’articolo e non ho rilevato espressioni offensive o volgari: Mancuso ha semplicemente detto la verità sulla condizione delle donne musulmane. Ma la verità fa male, soprattutto a coloro che non hanno né l’intelligenza, né la cultura e meno che mai l’onestà intellettuale per accettarla. Di solito si tratta della sterminata tribù dei leccapiedi. Chiedo gentilmente di trasmettere la mia mail a Mariarosa Mancuso, grazie! Cordiali saluti.
Leo Bacchi