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Le proteste contro Bibi dicono che in Israele la democrazia è viva

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Sul piano di occupazione di Gaza City sospendo il giudizio. Certo, è rischiosissimo e può sembrare una mossa disperata. Tuttavia, per quanti errori possa avere commesso in questi due anni, Benjamin Netanyahu si batte per una grande causa. Per la “salus reipublicae”, come recita la celebre massima (forse) di Cicerone. Per altro verso, la democrazia israeliana resta una realtà viva, con un’opposizione pugnace e con un esercito, la spina dorsale della sua forza, non aduso a “obbedir tacendo”. In ogni caso, chi vivrà vedrà. Lo stesso non si può dire per il suo principale alleato. L’America di Trump si sta mestamente adattando, senza reazioni significative del Partito democratico, a diventare – da culla della democrazia liberale – il letto di Procuste di un cesarismo farsesco. Una sorta di infinita, illimitata, incommensurabile, perenne fiera della vanità di un tycoon che, se potesse, come l’imperatore Caligola non esiterebbe a nominare senatore il proprio cavallo. E che ora, come il soldato fanfarone e vanaglorioso di Plauto, si appresta a essere nuovamente preso per il naso da Putin in un incontro che, sull’altare di uno scatto fotografico e di una ripresa televisiva, sacrificherà il destino del popolo ucraino. 
Michele Magno

La storia giudicherà Netanyahu per quello che ha fatto a Gaza e per quello che ha fatto negli altri sei fronti su cui Israele è impegnato in una guerra che ha in ballo l’esistenza stessa dello stato ebraico. Su Gaza, la storia non sarà clemente con  Netanyahu. Sugli altri sei fronti, sì. E a proposito di Israele. A proposito delle proteste interne, delle ribellioni nell’esercito, delle manifestazioni di dissenso. C’è chi dice che queste siano la spia dell’autoritarismo del premier. Forse però è possibile visualizzare un’altra realtà. Le proteste indicano un problema enorme, una tragedia in cui Israele è immerso, ovvero Gaza, ma indicano anche una virtù di Israele che merita di essere messa non in secondo piano: la vitalità di una democrazia anche in tempo di guerra. 


Al direttore - Sicuramente leggerò con molto interesse la serie di articoli che l’attuale ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha accettato di realizzare per il nostro fogliuzzo sugli eventi storici del processo a Gesù. Vorrei però contestare la perentorietà con cui, nella prima puntata, afferma: “Dobbiamo infine ricordare che i sinottici furono scritti almeno quarant’anni dopo la morte di Gesù e che nessuno degli autori era presente agli eventi narrati”. Ribadendo che l’aspetto apologetico sopravanza quello storico. Ebbene, vorrei ricordare all’illustre autore dell’articolo che all’inizio degli anni 90, su questo argomento, ci fu un grande dibattito scaturito da una serie di articoli del settimanale il Sabato in cui esperti archeologi, filosofi e autorevoli uomini di Chiesa si confrontarono su una scoperta in terra mediorientale che retrodatava il Vangelo di Marco ad almeno prima dell’anno 50 cioè poco dopo la sua crocifissione, quindi redatto da un testimone diretto. La premessa di Nordio, così perentoria, rischia di inficiare le linee guida del percorso giornalistico che ci accingiamo con interesse a leggere. Ricordo che il dibattito fu raccolto nel libro “Vangelo e storicità” a cura di Stefano Alberto, edito dalla Bur Rizzoli nel 1995, ma che mi risulta non sia stato più rieditato. Sarebbe un bel regalo da fare al ministro Nordio, anche se, presumo, ora sia affaccendato in questioni più “urgenti”. Colgo l’occasione per ringraziarvi del prezioso lavoro informativo e di approfondimento che ci offrite quotidianamente.
Carlo Candiani

Risponde Carlo Nordio. Gentile lettore, ora sono in giro per il mondo per una meritata breve vacanza. Al mio ritorno sarò ben lieto di rispondere, con le adeguate documentazioni bibliografiche, a queste e ad altre obiezioni che certamente arriveranno su un argomento così controverso. Cari saluti.


Al direttore - Le invio un anagramma che ho composto e che credo meriti la pubblicazione: VLADIMIR PUTIN = TRUMP L’INVIDIA. Cordiali saluti.
Stefano Franco

Geniale.


Al direttore - Il M5s batte il Pd sul tempo: dà il benestare a Giani, e il Pd, ormai ridotto a ufficio stampa altrui, lo candida per gentile concessione.
Alberto Bianchi

Lo ha fatto, tra l’altro, con numeri da capogiro: 1.538 voti a favore su 2.568 votanti. Per capirci. Nel 2019, a Firenze, la lista di Potere al popolo ha ottenuto 3.384 voti. Potere a Conte? Complimenti vivissimi.

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