
le lettere
Se tutti i paesi sono potenzialmente insicuri, nessuno lo è davvero
Le lettere al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Gentile Cerasa, la democrazia, sappiamo, è un sistema assai fragile e sempre imperfetto e, se i giudici si facessero cassa di risonanza dell’ansia di sovranità dei governi, piuttosto che applicare la legge, sicuramente verrebbe meno uno dei più importanti elementi di equilibrio del sistema democratico. E’ ciò che ho pensato leggendo il suo editoriale di sabato scorso, e la conclusione per cui la sentenza della Corte di giustizia europea costituirebbe una difesa dell’anarchia: cioè sarebbe, a sua volta, anarchica. La sentenza, in realtà, altro non ha fatto che applicare convenzioni e leggi che i governi hanno firmato e che resteranno in vigore fino a che gli stessi firmatari non avranno legiferato diversamente. Mi permetta di ricordare che i diritti civili oggetto della decisione riguardano persone tra le più deboli della nostra società, rispetto alle quali la giusta azione di contrasto a ogni illegalità va contemperata con la capacità di affrontare il fenomeno migratorio usando le norme di diritto in vigore (non le prossime), nella speranza che la politica sappia aprirsi a una nuova consapevolezza, piuttosto che irrigidirsi su involuti schemi di supposta difesa dei confini. Consideri questa mia lettera segnata dalle esperienze in mare, laddove la condizione inerme dei migranti tocca il confine tra la vita e la morte e dove le Capitanerie di porto svolgono un’opera indefessa di intervento di cui, peraltro, non parla più nessuno. La coerente prosecuzione di quell’azione di soccorso è la tutela della dignità delle persone salvate: sarei stato contento se lei ne avesse fatto almeno cenno. Quanto, infine, alla sovranità degli stati, ci vuol ben altro ad affermarla democraticamente che non i campi di detenzione e gli accordi in bianco con le milizie criminali d’oltremare. Cordiali saluti.
Vittorio Alessandro
ammiraglio
Gentile ammiraglio, la sua lettera è molto bella, ricca, carica di umanità e di buon senso, e non la si può che sottoscrivere, in buona parte. Ma mi permetto di suggerirle uno spunto di riflessione, che mi pare lei abbia scelto di non considerare nel suo ragionamento. I giudici non devono fare da cassa di risonanza dell’ansia di sovranità dei governi, su questo naturalmente concordiamo, ma non devono neppure costruire sentenze in nome del popolo sovrano che scelgono di rappresentare. La sentenza della Corte di giustizia europea, da questo punto di vista, si basa più sull’ideologia che sul diritto, dal mio e dal nostro punto di vista, perché sceglie di considerare sempre e comunque la parola di un giudice, sul tema del paese sicuro, come una parola che vale di più di quella di un governo. Togliere la definizione dei paesi sicuri al potere legislativo non significa solo togliere al governo, e a tutti i governi d’Europa, la possibilità di poter avere una politica migratoria, ma significa anche non dare ai governi la possibilità di combattere con più forza rispetto a oggi l’immigrazione illegale. E non poter combattere con più forza di oggi l’immigrazione illegale significa anche non dedicare tutte le proprie energie per aiutare tutti coloro che hanno diritto ad arrivare nel nostro paese, penso in particolar modo a chi fugge dai propri paesi per ragioni umanitarie, non per ragioni economiche, a essere accolti come meriterebbero. Non le sarà sfuggito poi che le parole utilizzate dalla Corte di giustizia europea per dare ai giudici la possibilità di decidere in modo discrezionale cosa è sicuro e cosa no darebbero la possibilità ai giudici di tutta Europa di considerare pochissimi paesi sicuri sui 196 sovrani che vi sono in giro per il mondo. E non le sfuggirà dunque che se tutti i paesi sono potenzialmente insicuri nessun paese davvero insicuro potrebbe essere in prospettiva considerato come tale. Le cito, infine, sperando di offrirle un elemento in più, un passaggio della memoria presentata dalla Francia alla Corte, Francia che in questa partita ha scelto di essere solidale con l’Italia. “L’interpretazione sostenuta dal governo francese, secondo la quale un paese può essere considerato un paese di origine sicuro con l’eccezione di talune categorie di persone chiaramente definite, non costituisce affatto un ostacolo al perseguimento degli obiettivi della direttiva 2013/32”. In sostanza, secondo il governo francese, è possibile considerare un paese come “sicuro” anche se non lo è per tutte le categorie di persone, purché si specifichino chiaramente le eccezioni (per esempio, donne, minoranze, oppositori politici). E questa interpretazione – secondo la Francia – non contrasta affatto con gli obiettivi della direttiva europea 2013/32 sull’asilo. Se tutto è potenzialmente insicuro, nulla è più davvero insicuro. Un caro saluto a lei.