
(foto Ansa)
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Riconoscere ora la Palestina è fare un regalo a chi non riconosce Israele
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Si continua a parlare di riconoscimento dello stato di Palestina e, a prescindere da argomentazioni più articolate, a me sembra, da comune mortale, un discorso a vanvera per tre motivi. Primo: non si può riconoscere uno stato che non esiste. Secondo: i palestinesi sono stati e sono incapaci di partorire una classe dirigente credibile. Per cui, anche se un qualche terrorista o aspirante tale si proclamasse capo di stato, resterebbe il problema di riconoscere uno stato canaglia e sinceramente ce ne sono già troppi all’Onu con grave nocumento per il mondo civile. Terzo: il primo ineludibile passo dovrebbe essere l’ufficiale riconoscimento da parte di tutti, stati, movimenti, organizzazioni, arabi in generale più Iran, dello stato d’Israele. Mi è difficile capire come queste evidenze non siano tali per chiunque abbia buon senso e retta coscienza. Da fedele lettrice e ammiratrice del suo impagabile Foglio, la ringrazio per... la luce che diffonde.
Francesca Benvenuti
Come abbiamo scritto, gentile Francesca, riconoscere unilateralmente lo stato palestinese al di fuori di una trattativa è il più grande regalo possibile a chi non riconosce Israele.
Al direttore - “Nel 2026, con ogni probabilità, si terrà anche il referendum confermativo sulla controriforma costituzionale Nordio. Un appuntamento elettorale che dovrà vedere l’impegno della Cgil nel contrasto a un disegno che, se venisse portato a termine, comprometterebbe l’equilibrio e il bilanciamento dei poteri previsti dalla nostra Costituzione”. Così ha deliberato l’Assemblea generale della Cgil. Landini si è iscritto all’Anm.
Giuliano Cazzola
O viceversa.
Al direttore - Il bicchiere dell'intesa sui dazi per Giorgia Meloni è mezzo pieno, per le opposizioni tutto vuoto. Tutto secondo copione. A chi scrive sembra che Ursula von der Leyen sia stata di manica larga, ma è l’opinione di un non addetto ai lavori. Ora governi e imprese attendono i dettagli dell’accordo. Sono preoccupato, perché – come è noto – è nei dettagli che si nasconde il diavolo. Nel frattempo, Trump canta vittoria anche senza aver annesso Canada e Groenlandia. Dal canto suo, Putin continua a fare il bello e il cattivo tempo in Ucraina. Infine, Macron. Il presidente francese, che un po’ troppo ciarliero lo è, si accinge a riconoscere lo stato di Palestina. Seguìto a ruota da ben trentaquattro ex diplomatici italiani. La notizia è clamorosa, ma da noi ha dovuto presto cedere il passo al mistero delle chat intime rubate a uno dei “volti più amati del cinema e della televisione”. Noblesse oblige, del resto.
Michele Magno
Sui dazi, qualche domanda, con qualche risposta. Si potevano evitare i dazi? No: Trump è stato eletto anche per questo. Si poteva sperare di meglio sui dazi: forse sì, non averne sarebbe stato molto meglio. Poteva andare peggio? Sì. C’è ragione per esultare? No. C'è ragione per disperarsi? No. I dazi possono diventare un’opportunità per smuovere l’Europa? Sì. Trump ha vinto? Sì. L’Europa ha perso? Lo capiremo tra qualche mese, quando comprenderemo se lo schiaffo di Trump spingerà l’Europa a rimboccarsi le maniche oppure no.