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lettere al direttore
Più produttività vuol dire salari più alti. Anche i sindacati lo capiranno
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - Indovinello: qual è il minimo comun denominatore tra Renzi, Salvini, Conte e Meloni? Rispondo io: un milione di posti di lavoro. Tutti e quattro li hanno promessi o affermano di averli creati quando sono stati a Palazzo Chigi (Berlusconi è fuori quota: nel 2001 ne promise addirittura un milione e mezzo). Una balla colossale nel caso di Salvini (Quota 100) e Conte (Superbonus). Un risultato discutibile nel caso di Renzi (Jobs Act) e Meloni (decontribuzione, sgravi fiscali e altro). Discutibili non perché l’occupazione non sia aumentata, ma perché è semplicistico stabilire un rapporto di causa -effetto tra una riforma, un decreto o un bonus e l’incremento del numero degli occupati in una unità temporale. Una controprova? Alla fine del governo Draghi (febbraio 2021-ottobre 2022) gli occupati erano oltre un milione in più (soprattutto giovani e giovanissimi). Draghi, che è una persona seria, si guardò bene dal vantarsene. Quel risultato, infatti, era attribuibile esclusivamente al rimbalzo economico post Covid. Con ciò non intendo sminuire l’importanza degli incentivi al lavoro e di un mercato del lavoro flessibile. Certamente aiutano, e talvolta molto. Purché non oscurino il tema essenziale (non solo italiano, ma europeo): la crescita della produttività e della ricchezza nazionale, conditio sine qua non di salari più alti e di una redistribuzione del reddito più equa. E’ una banalità, lo so. Ma quando le ragioni della propaganda politica superano un limite accettabile, non guasta ribadirla.
Michele Magno
I dati sono dati, però. Dal 2014 a oggi il mercato del lavoro ha guadagnato tra 1 e 1,7 milioni di posti. Nell’ultimo anno, i nuovi posti di lavoro creati (Istat, primo trimestre 2025) a tempo indeterminato sono stati circa 634 mila (più 4 per cento rispetto al trimestre dell’anno precedente). I contratti a termine invece sono diminuiti del 6,7 per cento (significa 182 mila unità in meno). Più flessibilità, uguale più lavoro. Quando poi i sindacati capiranno che più produttività vuol dire anche salari più alti forse avremo un mercato del lavoro all’altezza di questo nome.
Al direttore - Per la stima che nutro nei Suoi confronti e del Suo autorevole giornale, fondato da una delle penne più liberali del giornalismo italiano, Le sarò grato se vorrà ospitare una brevissima replica rispetto al contenuto dell’articolo pubblicato il 22 luglio, intitolato “Populismo sanitario”, che riferisce di alcuni fatti non veritieri sulla scia di notizie circolate attraverso fantasiosi retroscena che tentano di gettare discredito sulla mia persona, ma soprattutto che cercano di far emergere inesistenti contrapposizioni tra me, il ministro Schillaci e altre figure apicali del ministero. In primo luogo, l’articolo contiene una grave inesattezza. Come saprà, il Garante per la concorrenza, all’atto della nomina a sottosegretario, ha rilevato l’assenza di conflitti di interesse, ciò nonostante, come ho già dichiarato pubblicamente, non detengo più il dieci per cento di Therapia srl come potrà agevolmente verificare con una semplice visura camerale. Colgo l’occasione anche per chiarire che in riferimento alla mia nomina a viceministro, ennesimo tassello di un tentativo di creare tensioni all’interno del ministero e a delegittimare, in particolare, il mio operato, non vi è alcunché di vero. Sia io che il ministro non abbiamo ricevuto alcuna indicazione in tal senso. Quanto al rifiuto degli emendamenti al Regolamento sanitario internazionale, con Giorgia Meloni, piaccia o non piaccia, è finita la stagione delle svendite di sovranità nazionale. Su questo si sarebbero dovuti sollevare anche i cosiddetti “democratici”, invece, come spesso accade ormai, è il centrodestra il vero presidio di democrazia e libertà. Non entro nel merito di surreali ricostruzioni di presunte tensioni all’interno del ministero, ma concludo con una proposta. Migliorare l’accesso al farmaco per il cittadino, riforma della legislazione farmaceutica, attenzione massima alle emergenze di salute animale e alla sicurezza alimentare, malattie rare, sono solo alcuni degli ambiti sui cui, per delega del ministro Schillaci, sto portando avanti numerose iniziative. Se vorrà fare un approfondimento, scoprirà quanti obiettivi abbiamo già raggiunto per contribuire a migliorare il benessere dei cittadini.
On. Marcello Gemmato
Onorevole Gemmato, grazie della sua lettera. Ci avrebbe fatto piacere leggere qualcosa in più sul tema vaccini, argomento purtroppo scomparso dalle priorità comunicative del ministero di cui lei fa parte. Ci avrebbe fatto piacere leggere qualcosa in più sul tema Agenas, che, come abbiamo scritto ieri, si avvia immagino per la vostra gioia verso la strada del commissariamento. Ci avrebbe fatto piacere leggere qualcosa in più, basato sul merito, sul tema Regolamento sanitario internazionale, ma purtroppo anche lei alimenta una falsa verità, ovvero che negli emendamenti al Regolamento ci fosse qualcosa che poteva riguardare una cessione all’Oms delle decisioni in merito a vaccini, obblighi, quarantene o altro, cosa che è frutto della fantasia dei sovranisti italiani. Le aggiungo poi un dettaglio, sul quale ci auguriamo vi sia la possibilità di ritornare in futuro. Quando il centrodestra sceglie di allontanarsi dalla comunità internazionale sui temi della sanità sta certamente portando avanti una strategia coerente con le proprie promesse elettorali. Ma un paese che sceglie di fare sempre di più da solo su questi temi si sta occupando di lisciare il pelo di un pezzo del proprio elettorato, niente di più. Il disastro del trumpismo dovrebbe aver insegnato che per qualsiasi paese europeo seguire l’agenda Trump e perseguire gli interessi nazionali è come voler infilare il dentifricio nel tubetto dopo averlo fatto uscire fuori. Suggestivo, ma semplicemente grottesco. In bocca al lupo a lei e buon lavoro di cuore.