
Foto Ansa
lettere al direttore
L'abuso delegittima il referendum più della scarsa partecipazione
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - La maggior parte dei commentatori si è concentrata sulla necessità di abbassare il quorum di partecipazione ai referendum abrogativi per evitare che non abbiano più alcun effetto sulla legislazione. Visto che i cittadini elettori partecipano poco per salvare la partecipazione si abbassi il quorum. Meno partecipazione per salvare il salvabile della mitologia dell’autogoverno. Senza esagerare troppo, si aggiunge a ragione, per evitare che minoranze esigue abbiano troppo potere – come può accadere nei referendum senza quorum; pensiamo a quello previsto dall’art. 138 della Costituzione relativo alle riforme costituzionali. Solo Stefano Folli ha attirato l’attenzione sul fatto che tutti gli attori politici erano perfettamente consapevoli della impossibilità che la partecipazione superasse il quorum previsto. Sicché bisogna chiedersi qual era la posta in gioco di un insieme di questioni referendarie che non avrebbero avuto alcun effetto legislativo – data anche l’estrema complessità delle questioni sollevate da quattro di essi relativi al diritto del lavoro. La posta in gioco era duplice. La prima relativa, non al contenuto delle questioni sottoposte al giudizio popolare, ma ai rapporti di forza nell’opposizione fra “riformisti” e “radicali”. La seconda relativa ai rapporti fra maggioranza e opposizione. Dunque, un uso strumentale dei referendum, che li squalifica più del basso tasso di partecipazione. E per chi scrive questa strumentalizzazione, insieme alla difficoltà di dare una risposta ragionata alla maggioranza delle questioni poste, è la conseguenza istituzionale più importante dei risultati, con la annessa proposta della necessità di una minore partecipazione necessaria. In entrambi i casi di cui sopra le interpretazioni partigiane saranno presentate dalle parti in conflitto. Tuttavia, sarà difficile sostenere che la maggioranza abbia perso, bisognerebbe piuttosto ammettere che non ha perso affatto, perché con senso della realtà ha fatto proprie le scelte sul lavoro fatte al tempo in cui la sinistra riformista governava il paese. Quanto ai rapporti interni all’opposizione ci verranno proposte inevitabilmente diverse e opposte interpretazioni, ma non sarà facile pensare che questo scontro fra le sue due anime, quella riformista e quella radicale, abbia rafforzato il cosiddetto campo largo. Non ha vinto nessuno, ma è difficile negare che l’ala radicale abbia perso la sua scommessa consistente nell’utilizzare uno strumento istituzionale per arrivare a un decisivo regolamento di conti nei confronti della controparte.
Pasquale Pasquino
Concordo. L’abuso delegittima lo strumento referendario più della scarsa partecipazione. E il fatto che il fronte dei promotori del referendum abbia scelto di trasformare ogni singolo elettore che ha partecipato al referendum in un elettore che ha votato contro il governo non dovrebbe lasciare troppi dubbi su chi abbia deciso di trasformare uno strumento formidabile della democrazia in un applausometro per misurare miseramente solo il consenso di una delle parti in campo.
Al direttore - “E’ naturale sperare di vincere un referendum. Tuttavia, parlare di sconfitta o di disfatta della sinistra e della Cgil è pura propaganda, neppure tanto intelligente. Il corpo elettorale delle forze del campo progressista nel 2022 fu del 26 per cento degli aventi diritto al voto. Oggi è oltre il 30 per cento. Si consolida una base importante, combattiva e convinta delle forze alternative alla Meloni, in grado di allargarsi ampiamente. Si consolida l’alleanza tra le forze dell’alternativa in una comune battaglia. Si è posto finalmente al centro del dibattito il tema del lavoro e della sua condizione precaria, incerta, sfruttata, malpagata. E’ stata una battaglia democratica che ha fatto fare un passo in avanti di civiltà alla nostra democrazia. Non deve mancare una riflessione su quanta strada ancora ci sia da fare. Ma un passo nella direzione giusta è stato compiuto”. Caro Cerasa, è la dichiarazione rilasciata alla stampa da un noto esponente del Pd specialista nei pensieri lunghi, come una volta si diceva nelle sezioni del Pci. Ma anche i pensieri lunghi possono avere le gambe corte. Soprattutto quando camminano con le stampelle di numeri che diventano opinioni e di fatti interpretati “ad usum Delphini”. “Siate seri”, per cortesia (copyright by Giuliano Ferrrara).
Michele Magno
Le profezie che si autoavverano di solito si fondano sulla realtà. Le profezie che difficilmente si autoavverano sono fondate sulla fuffa. Nella storia recente del nostro paese, ogni parte politica che ha perso un referendum e ha provato a trasformare i partecipanti al referendum in una base elettorale potenziale per il futuro non ha avuto grande fortuna. Per strappare un sorriso, questo è il miglior fake girato in questi giorni per sintetizzare il concetto. Lancio (finto, of course) di agenzia: “Casa Savoia, il 2 giugno 1946 vincemmo anche noi”. Testo (finto, of course) di agenzia: La Real Casa, uscendo da un lungo riserbo, ha commentato così i risultati del referendum del 1946: “Quel giorno ottenemmo un numero di voti senza precedenti. Vincemmo anche noi”. A voi studio.