
lettere
Paragonare Israele ai nazisti è antisemitismo travestito da giustizia
Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore - L’antisemitismo da latente è tornato manifesto. Se non fosse per le implicazioni tragiche verrebbe da ridere amaramente all’idea che l’odio più antico possa declinarsi come “antisionismo”, “antirazzismo” e “anticolonialismo”. In questa perversa deriva le parole hanno perduto il loro significato. Filosofi e accademici, psicologi e anche psicoanalisti, hanno perso l’occasione per fare la differenza, partecipando chi più, chi meno, a un rito delirante di “purificazione” che sembra avere preso in ostaggio la capacità di pensare e di immaginare percorsi possibili per una composizione politica sostenibile dei conflitti che lacerano il vicino oriente. La voce dell’intelletto scriveva Freud, “è fioca”, ma prima o poi riuscirà a farsi strada.
David Meghnagi, ordinario Società psicoanalitica italiana
L’antisionismo è semplicemente diventato una chiave per rendere l’antisemitismo presentabile nei salotti. Le parole hanno perduto il loro significato, è vero, ma fino a un certo punto. Perché chi usa alcune parole oggi per creare parallelismi tra la tragedia di Gaza e l’Olocausto sa esattamente quello che sta facendo. Creare parallelismi irricevibili per provare eliminare gli anticorpi che hanno tentato di curare un male che non c’entra con Gaza: considerare non più un tabù l’idea di poter trasformare un ebreo colpevole di essere un ebreo.
Al direttore - Che una persona seria come il presidente Michele De Pascale abbia deciso di accodarsi all’ultima pagliacciate di Michele Emiliano, coinvolgendo la regione Emilia Romagna nella interruzione dei rapporti con Israele è un inquietante segnale di un declino politico ed etico da cui, a sinistra, neppure i riformisti sono in grado di sottrarsi. Basterebbe che qualcuno di loro facesse proprie le parole di Abu Mazen rivolte ad Hamas: “Figli di cani, liberate gli ostaggi e deponete le armi.” Anche a costo di rischiare il linciaggio durante le manifestazioni pro Pal.
Giuliano Cazzola
Al direttore - Testuale: “Lo stato di Israele è l’erede del Terzo Reich e produce una politica di genocidio [a Gaza] esattamente come il Terzo Reich”. Così l’altro ieri Luciano Canfora nel talk televisivo “Accordi&Disaccordi”. Caro Cerasa, finalmente qualcuno che gioca a carte scoperte. Il filologo barese ha detto ciò che la maggioranza dell’intellettualità italiana pensa, ma che spesso non ha il coraggio di dire apertis verbis. E cioè che le vittime di ieri sono i carnefici di oggi, lo stato d’Israele un’impostura, l’abusivo destinatario di una solidarietà deviata. Che la sua nascita e la sua esistenza si avvalgono di un’indebita patente di legittimità morale, sono soltanto il frutto del senso di colpa e della cattiva coscienza dell’occidente. Tesi aberranti tornate in grande spolvero, complici anche quei cattivi maestri che insegnano ai giovani l’arte di manipolare la storia. Del resto, Canfora contesta che il regime sovietico nel 1932-1933 abbia intenzionalmente usato la fame per sterminare il popolo ucraino (Holodomor). E’ lo stesso che nel 2013, sulle colonne del Corriere della Sera, ricordò la grandezza di “Stalin nei venticinque anni anni di potere assoluto che avevano fatto della Russia una grande potenza rimasta tale anche dopo la fine dell’Urss”. E’ lo stesso che nel 2022, parlando in un liceo della sua città, definì Giorgia Meloni una neonazista nell’anima”. Poi spiegò che si trattava di una colta metafora letteraria, usata persino da Tocqueville per esprimere il suo sentimento profondo di avversione verso la democrazia. Sono certo che non si adonterà, quindi, se viene definito un “neostalinista nell’anima”. Solo che Tocqueville era un grande pensatore liberale, Canfora non credo.
Michele Magno
“Paragonare Israele ai nazisti non è una critica: è antisemitismo travestito da giustizia” (Deborah Lipstadt, storica, già ambasciatrice americana)