Lettere

Spiegare ai prof. italiani chi è l'aggressore e chi l'aggredito

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Indi è morta, in esecuzione di una sentenza di un giudice inglese che ha stabilito che morire era nell’interesse di questa bambina. Indi quasi sicuramente era destinata a una vita breve, perché accorciargliela ulteriormente per via legale? Perché isolarla in una solitudine totale senza considerare il rapporto con i suoi genitori? Rapporto che è costitutivo di ogni bambino e di ogni genitore. Quanto successo a Indi, a sua madre e a suo padre priva di senso quella vita e, potenzialmente, ogni vita, anche le nostre. Eppure, oltre alla possibilità, che non si è voluta percorrere, di un ricovero al Bambino Gesù – scelta assolutamente irrazionale, perché la prima categoria della ragione è proprio la categoria della possibilità – c’è un altro modo di vivere e aiutare a vivere queste situazioni. Faccio un solo esempio: dal 2008 opera a New York il Neonatal Comfort Care Program, un insieme di cure, medicine, ma anche abbracci, carezze, terapia psicologica per i bambini destinati ad avere vita breve. Lo guida una dottoressa italiana, Elvira Parravicini. “Chi nasce senza reni o senza cervello – ha detto in una intervista – può vivere solo poche ore, ma in altri casi alcuni bimbi potrebbero vivere quindici giorni, un mese o alcuni anni; è sempre una vita limitata, ma non sai quanto dura. Per me aver cura di questi bambini vuol dire tenerli in braccio, alimentarli, accarezzarli, dargli medicine perché non soffrano, ma rispettare la loro vita, anche se breve”. E vuol dire anche aiutare i genitori a vivere con senso l’esperienza dolorosa che devono affrontare. “L’elaborazione del lutto – continua Parravicini – si realizza molto meglio quando si dà la possibilità alla donna di vedere il suo bambino. Provoca più danni non vederlo mai, che vederlo e accompagnarlo fino alla fine. Quando un adulto muore, è consapevole di quello che sta lasciando. Questi bambini, invece, non ne hanno la più pallida idea. Io dico sempre ai genitori: ‘Voi soffrirete, ma questi bambini sono felici di essere tenuti in braccio, di essere accarezzati, di non soffrire, non hanno idea di quello che sta succedendo. Avranno una vita molta corta, ma bellissima’”. Un giudice inglese si è arrogato la prerogativa di decidere lui che questo non era possibile per Indi, neanche la possibilità di morire a casa sua. Credo sia evidente quale sia la strada più umana fra il rispetto della vita e del suo valore anche nelle sue manifestazioni più dolorose e il calcolo del valore zero che a quella stessa vita è stato assegnato a chi ha il compito di amministrare la giustizia, cioè di dare a ciascuno il suo: a Indi la sua esistenza fino alla sua conclusione naturale, ai suoi genitori la possibilità di un rapporto profondo, per quanto breve potesse essere, con una figlia voluta, desiderata e amata.
Maurizio Lupi

 


Al direttore - Leggo che 3.000 docenti universitari hanno firmato un appello per chiedere l’interruzione da parte degli atenei italiani dei rapporti scientifici con le università israeliane. Mi viene in mente solo una parola: vergogna. 
Luca Martini

 

Il ministero dell’Istruzione israeliano ieri ha annullato i viaggi scolastici degli studenti  del proprio paese in Polonia previsti per il prossimo inverno. A causa della guerra, ha detto, sono stati cancellati 215 viaggi che avrebbero dovuto coinvolgere circa 24.000 studenti e insegnanti. Ragione principale: il raggiungimento di alti livelli di antisemitismo nel mondo. Antisemitismo. Se necessario possiamo inviare ai 3.000 docenti universitari un disegnino per spiegare di cosa stiamo parlando. E per provare a ricordare chi in questa guerra è l’aggredito e chi invece l’aggressore. Complimenti vivissimi.

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