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Un rigore meno ottuso nell'Europa del futuro? Sì, ma a due condizioni

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – Ho letto le parole pronunciate da Sergio Mattarella in Germania e mi chiedo se il presidente della Repubblica abbia cambiato idea sull’Europa. “Sì a regole di bilancio rigorose, ma il rigore non sia ottuso e cieco e abbia come obiettivo la crescita, tenendo conto di fenomeni come il rallentamento dell’economia cinese e le conseguenze della guerra in Ucraina. Il bilancio europeo deve essere ambizioso per affrontare le sfide fondamentali come la transizione ecologica e digitale”. Sono disorientata: mi devo preoccupare?
Lucia Arroni

Direi che la possibilità che nel futuro dell’Europa vi sia un rigore non ottuso e non cieco dipende da due fattori. Il primo fattore, ovviamente, che è quello a cui fa riferimento Mattarella, è legato alla riforma del Patto di stabilità in Europa. Il senso della riforma, che sarà discussa a ottobre dall’Ecofin, è stato perfettamente sintetizzato così sul nostro giornale da David Carretta. “La proposta prevede di abbandonare parametri incomprensibili al grande pubblico e contestati dagli economisti e dagli esperti dei ministeri (crescita potenziale, deficit strutturale, output gap) per sostituirli con un unico criterio: la regola della spesa netta. I piani di bilancio per far rientrare il debito non saranno più annuali, ma pluriennali: quattro anni con la possibilità di portarli a sette, se un governo farà riforme e investimenti in linea con gli obiettivi dell’Ue (clima, digitale e difesa). Non ci sono Golden rule formali, ma gli investimenti vengono preservati da tagli troppo bruschi del debito. I percorsi di rientro saranno differenziati sulla base di una ‘traiettoria tecnica’ che tiene conto della sostenibilità del debito di ciascun paese. Gli obiettivi fiscali saranno proposti dai governi nazionali, negoziati con la Commissione e convalidati dall’Ecofin”. Dunque, se si vuole abbandonare il vecchio rigorismo occorre non battere i pugni sul tavolo, in Europa, ma dimostrare di avere delle solide leve sul terreno della diplomazia. Il secondo fattore da inquadrare sul tema è legato a un elemento che già di per se smentisce l’immagine dell’Europa cattiva e rigorista. E l’elemento è presto detto. L’Unione europea ha scelto di indebitarsi per aiutare i paesi usciti peggio dalla pandemia. Tra questi paesi vi è l’Italia. E se l’Italia vorrà combattere nel futuro il rigorismo di ritorno dell’Europa dovrà dimostrare semplicemente di essere in grado di fare una cosa: sapere spendere i soldi ottenuti grazie alla flessibilità europea. Viva Mattarella. 



Al direttore - La rivelazione della lettera del 14 dicembre 1942 del gesuita tedesco Lotar Konig alla segreteria di Pio XII circa i campi di sterminio nazisti resa pubblica dall’archivista vaticano Giovanni Coco riporta alla memoria una vicenda del 1965. In quell’anno a Roma, dopo Parigi e Londra, vi fu un tentativo di rappresentare una piéce teatrale di Rolf Hochhuth “Il Vicario”, regista Gian Maria Volontè, che metteva in scena la passività e complicità di Pio XII di fronte all’olocausto compiuto dai nazisti dall’inizio della guerra e culminato nel progetto di annientamento della conferenza di Wannsee del gennaio 1942. L’opera teatrale poté essere rappresentata a Roma solo la sera della prima: subito la polizia fece chiudere il teatro e il prefetto emanò un decreto che vietava lo spettacolo perché contrario alla norma del Concordato del 1929, (recepito all’art. 7 della Costituzione) che dichiarava Roma “città sacra”. Il divieto concordatario, il primo e unico nel genere, suscitò oltre all’ampia protesta un’eco internazionale che proponeva la discussione del ruolo contraddittorio della Chiesa sulla questione ebraica durante la guerra. Qui ricordo solo quante e quali norme anacronistiche facevano parte del Concordato (non del Trattato) che alla Costituente si volle ad ogni costo recepire nella Costituzione repubblicana. Il “nuovo Concordato” firmato dal presidente Craxi nel 1984 ha sì cancellato una serie di norme archeologiche, ma non ha abrogato lo strumento temporale che tuttora sopravvive come una scoria del passato.
Massimo Teodori

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