Lettere

Tra paranormale e antimafia: l'amico italiano dell'ufologo messicano

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Da ultimo ci ha provato Jaime Maussan, il giornalista messicano che ha mostrato, con scarsa fantasia, i corpi di due alieni identici a E.T., l’extraterrestre ideato da Carlo Rambaldi per il celebre film di Steven Spielberg. Gli ufologi devono stare tranquilli, non devono dimostrare niente. Perché “la prova più evidente che esistono altre forme di vita intelligenti nell’universo è che nessuna di esse ha mai provato a contattarci” (Bill Watterson, fumettista e umorista americano).

Michele Magno

Su Jaime Maussan ha detto tutto ieri Luciano Capone. Maussan ha un amico e collega paranormale in Italia. Un amico speciale che parla sia con gli alieni sia con i magistrati antimafia. Lo avrete sentito nominare. E’ Giorgio Bongiovanni. E’ il fondatore di Antimafia Duemila (il cosiddetto organo ufficioso, un tempo, della procura di Palermo). Ha le stimmate sulle mani (dice) ed è il coautore insieme con Maussan di un documentario choc: “Stigmata and the Prophecies of Fatima: Christian Mysticism and the Blood of Christ by Narrated Documantary”. Dal cialtronismo è tutto, a voi studio. 


Al direttore - Ho apprezzato per alcuni aspetti la lettera del 14 settembre di Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Luigi Einaudi, che conosco da tempo, e per altri aspetti la sua interessante risposta. Come presidente della Academy di cultura e politica Giovanni Spadolini però sono costretto a basarmi su un forte senso della memoria storica. Gli altri due obiettivi sono, invece, cercare di contribuire a superare quella tendenza alla “divisività” (che mi sembra la vera colonna sonora della politica italiana), e cercare di contribuire a superare e risanare il divorzio tra “Politica” e “Cultura” (poi sfociato nel dilettantismo). Alla luce di questi pilastri del pensiero e dell’azione dell’Academy Spadolini, torniamo alla questione evidenziata da Benedetto del rapporto tra Azione e Italia viva e delle conseguenze della loro probabile presentazione come forze politiche separate alle elezioni europee del 2024. C’è però un piccolo problema. Per un verso questi piccoli partiti agiscono solo all’interno dell’agone politico un po’ troppo in senso stretto. Non a caso sia ad Italia viva che ad Azione la cosa che mi sembra più interessi sia annunciare questo o quel giorno, quale parlamentare, o ex iscritto di qualche partito sono riusciti a recuperare. La politica italiana è fatta di troppi “capi” e “cape”, “capetti” e “capette”, sostanzialmente senza partiti. In questo quadro ci troviamo di fronte a una partitocrazia senza partiti, che sono sempre più liquidi e gassosi, e di troppi “nominati”, sostanzialmente senza elettori. Il termine “partitocrazia” come lei ben sa fu coniato nel secondo dopoguerra da Giuseppe Maranini, collega di Giovanni Spadolini alla facoltà di scienze politiche del Cesare Alfieri di Firenze, ed anche sulla scia di questa definizione Alberto Ronchey coniò il termine “lottizzazione”, mutuandolo dal linguaggio urbanistico. Un concetto che continua e continuerà a riscuotere sempre più interesse anche nel quadro di una “partitocrazia senza partiti”. Ma torniamo ai leader di Azione ed Italia viva. Matteo Renzi lo studio da quanto era sindaco di Firenze e poi quando diventò forse troppo presto presidente del Consiglio, ancora troppo immaturo per la politica istituzionale. Ricordo bene che intendeva “rottamare” sostanzialmente tutti quelli sopra i quarant’anni e fare una riforma al mese. Certo poi ebbe il merito, tra l’altro, di contribuire alla caduta del governo Conte 2. Quanto a Calenda è stato un ottimo ministro dell’industria e credo che sarebbe stato un buon sindaco di Roma (lo votai e lo feci votare volentieri). Ma entrambi però hanno qualche difetto. Non solo il profondo narcisismo, i cui pericoli ed effetti abbiamo scontato e li stiamo scontando, ma anche seri limiti nella loro memoria storica e in quella dei loro piccoli partiti un po’ liquidi e gassosi. La vera politica, invece, deve consistere nel ricongiungere la sana cultura politica al modo di operare dei partiti e basarsi sulla ricerca di un vero senso della memoria storica. Due aspetti che mancano a entrambi. Essi, infatti, per molti versi mi sembrano agire in seno alla “politica politicante”, fatta di troppi tweet e della ricerca di piccoli nuovi “scalpi” da esibire. Sappiamo tutti quanto ci sarebbe bisogno di quella che ai tempi di Spadolini veniva chiamata la “Terza forza”. Certo Renew Europe può essere in Europa lo schieramento che gli assomiglia di più. Sono stato nei giorni scorsi a Ventotene e pensavo a quanto c’è da attingere, come farà certamente L’Academy Spadolini, a quel progetto di Altiero Spinelli, rispetto alla tremenda decadenza del senso dell’Europa nelle classi politiche e di governo di questo Paese. Si pensi a quanto sta avvenendo negli ultimi giorni nel rapporto con le istituzioni europee. E quanto ci sarebbe da attingere dal pensiero di Ernesto Rossi, a cominciare dal peso eccessivo del settore pubblico e dalla sostanziale fuga dal concetto di concorrenza delle nostre classi politiche e di governo. Credo che se si vuole aprire un serio confronto politico, siano più o meno questi veri temi che dovrebbero affrontare, forze che si dicono liberaldemocratiche...

Luigi Tivelli, presidente dell’Academy di cultura e politica “Giovanni Spadolini”
 

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