Sandro Tonali (Foto Ansa)

LETTERE

Capitali timidi, talenti in fuga: per il calcio italiano è l'ora della sveglia

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Giorgia Meloni ha fatto pace con Macron. Ne tragga le conseguenze. Parigi val bene un Mes.
Giuliano Cazzola

Cattivissimo Mes!


Al direttore - “L’intelletto ha i suoi pregiudizi, il senso le sue incertezze, la memoria i suoi limiti, l’immaginazione le sue oscurità. I fenomeni sono infiniti, le cause nascoste, le forme transitorie” (Denis Diderot, “Pensieri filosofici”, 1746). Contro tanti ostacoli che troviamo in noi stessi e che la natura ci oppone, disponiamo solo di una certezza: che la ministra Daniela Santanchè non si dimette.
Michele Magno



Al direttore - Non so se si possa fondatamente parlare di un Giorgetti “tragico”, come si legge nel titolo di un interessante commento del Foglio, perché in questi casi si pensa subito agli eroi delle tragedie greche che hanno, però, una distanza astronomica dall’attuale ministro dell’Economia. Tuttavia, i casi, non pochi, nei quali le sue proposte non si sono affermate sono fondati. Il ministro dell’Economia è chiamato a un dovere di parresia che nella sua carica è massimo: se non ora, quando? La questione della ratifica può essere affrontata in diversi modi, con atti parlamentari di accompagnamento, con impegni a non ricorrere al Meccanismo, etc. Ma occorre una posizione chiara da parte, innanzitutto, di chi governa i conti pubblici. Se questa “accountability” non c’è, allora la sottovalutazione delle proposte di un ministro e l’accoglimento di altre proposte finiscono con l’essere quasi una naturale conseguenza.
Angelo De Mattia



Al direttore - Tonali: dal Milan al Newcastle. Vicario: al Tottenham invece che all’Inter. Il calcio italiano è diventato un discount. Mi piacerebbe indignarmi con qualcuno ma onestamente non so con chi. Consigli?
Andrea Marini

Le do un dato. In Inghilterra, l’ultima arrivata in classifica, il Norwich, ha incassato nella stagione appena trascorsa 116,4 milioni di euro di diritti tv. In Italia, la squadra che ha incassato di più quest’anno sul fronte dei diritti tv è l’Inter e ha incassato meno dell’ultima squadra della Premier. Sapete quanto? 84.201.834 euro. E le cose promettono di non migliorare, considerando il fatto che per il prossimo triennio il valore dei diritti tv per la serie A rischia di essere inferiore a quello già misero degli ultimi tre anni (obiettivo 1,2 miliardi, le prime offerte ricevute sono inferiori ai 600 milioni). Diceva: con chi arrabbiarsi? Non saprei da dove cominciare. Forse l’opinione pubblica italiana piuttosto che moraleggiare sul modo in cui arrivano i soldi nel nostro campionato dovrebbe rendersi conto che i responsabili che hanno trasformato la serie A nel discount d’Europa sono coloro che non hanno mosso un dito di fronte a una burocrazia orripilante, di fronte a un immobilismo sugli stadi, di fronte a comitati di quartiere che tengono in ostaggio le società, di fronte ai Tar che tolgono il fiato ai proprietari delle squadre e di fronte a un campionato dove i presidenti delle squadre  che contano si occupano solo di ottenere marchette per le proprie società e non si preoccupano di trovare un modo per rendere più spettacolare il nostro campionato (ve lo immaginate un presidente di una grande squadra italiana che accetta di sposare lo stesso principio che governa i diritti del calcio inglese, ovverosia: destinare la più grande fetta della torta dei diritti della Premier alle squadre neopromosse, per rendere il campionato più spettacolare e dunque più vendibile?). Il calcio italiano resta uno dei più belli del mondo, ma un calcio dove i soldi non si trovano, dove i talenti fuggono e dove i capitali restano timidi, più che coraggioso è un calcio che, guardandosi allo specchio, anziché darsi pacche sulle spalle dovrebbe rendersi conto che il re è nudo e che l’essere rimasto in mutande non rappresenta uno spettacolo sufficiente per rendersi più vendibile. E’ ora di svegliarsi.

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