Marta Cartabia, ministro della Giustizia e il premier Mario Draghi (Ansa)

Lettere

Ottimismo sul futuro della giustizia. Ottimismo sull'agenda Draghi

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - I compromessi sono essenziali in politica. Ciò vale anche per l’intesa raggiunta sulla riforma della giustizia. Va solo osservato che si rischia di creare, nelle fattispecie di reato per le quali è stata “ampliata l’improcedibilità” un regime speciale di presunzione di colpevolezza come se occorresse tutto il tempo necessario a provare la sussistenza di quei reati (in gran parte estrapolati dalla giurisprudenza nel silenzio della legge) prima che l’imputato la faccia franca (copyright Davigo).
Giuliano Cazzola

Un po’ è così, ma è la sostanza che conta. La riforma Bonafede prevedeva un fine processo mai: stop alla prescrizione. La riforma Cartabia ha invertito la rotta: stop allo stop della prescrizione. E la svolta è importante per ragioni culturali ma anche pratiche. Perché uno stop alla prescrizione non è solo un problema degli imputati, che hanno diritto ad avere un processo giusto, in tempi ragionevoli come dice la Costituzione, ma, come ha giustamente ricordato ieri l’ex ministro Maria Elena Boschi, è un problema che riguarda anche le stesse vittime dei reati, che hanno diritto a loro volta ad avere tempi dei processi brevi e definiti. Con la riforma Cartabia ci sono alcuni problemi (la nuova prescrizione, da molti punti di vista, è frutto di puro arbitrio, figlio di un’esigenza da parte del M5s di trasformare in reati gravi quelli indicati più dai propri follower che dalla cultura giuridica) ma ciò che conta è la rotta e nella nuova navigazione si può essere ottimisti rispetto al futuro. 


 

Al direttore - Il suo editoriale di ieri pone il problema del destino di SuperMario: governo o Quirinale. Qual è il meglio per il paese? A mio modesto avviso, la soluzione ideale sarebbe quella di veder nascere una forza politica che traduca le linee politiche di questo governo in azione quotidiana e spazzi via definitivamente il quadro desolante di oggi a destra e a sinistra. È solo un sogno?
Mario Bartiromo

Sulla prima domanda: mi auguro un Draghi al Quirinale. Sulla seconda questione. Se lei mi chiede se credo alla nascita di un grande centro ultracompetitivo capace di interpretare l’agenda Draghi, le dico che mi sembra dura, forse impossibile. Se lei mi chiede se l’agenda Draghi, comunque andrà a finire, verrà fatta propria dai partiti di governo, le dico che sarà inevitabile. Non tanto perché i partiti lo vorranno, quanto perché l’Italia ha firmato un contratto con l’Europa che funziona più o meno così: o si segue l’agenda Draghi, inscritta in un Pnrr che durerà per sei anni, o i soldi non arriveranno più. Pessimista sul primo punto, o forse realista, più ottimista sul secondo.

Di più su questi argomenti: