L'opposizione c'è e funziona, e quando troverà una voce avrà anche i voti

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - L’intervento della Vigilanza unica con il commissariamento di Carige solo indirettamente ha tolto un problema al governo, dal momento che la misura di rigore era giuridicamente più che dovuta, stante l’impossibilità di funzionamento del consiglio di amministrazione, così come risponde alle finalità del commissariamento operare per riportare, con le iniziative previste, la Banca a una condizione di rilancio. Le dichiarazioni di esponenti dell’esecutivo che affermano di seguire con attenzione la vicenda sono mere affermazioni platoniche: un noto giurista direbbe che sono fatte “per l’esserci”, in questo caso senza dire alcunché di concreto. Invece, sarebbe auspicabile che, considerata la proprietà pubblica del Montepaschi, qualche idea l’esecutivo poterebbe farsela. Non solo, ma potrebbe cogliere l’occasione per riflettere su di una auspicabile revisione della direttiva europea Brrd (quella sul bail-in) per rivedere le misure adottabili nei casi di difficoltà. Se si considerano gli oneri per lo stato derivanti dalle più recenti vicende di crisi bancarie, ancorché nettamente inferiori a quelli sostenuti da ciascuno degli altri paesi dell’Unione, appare non affatto notevole la distanza con gli oneri che, solo indirettamente, il Tesoro affrontava quando vigeva il cosiddetto d.m. Sindona il quale prevedeva anticipazioni a tasso speciale concedibili dalla Banca d’Italia alla banca o alle banche che, nei casi di crisi di un altro istituto, intervenissero per assumerne attività e passività. Il d.m. fu considerato, forzatamente, aiuto di stato e a un certo punto non fu più utilizzabile. Comunque il problema resta, al di là delle cause che hanno portato la Banca genovese nella situazione attuale dalla quale si confida, però, che si risolleverà. Con i più cordiali saluti.

Angelo De Mattia

 

Al direttore - Con una certa audacia intellettuale, c’è chi ha evocato perfino l’eterno conflitto tra Antigone e Creonte, tra diritto naturale e diritto positivo. Da un punto di vista politico, la ribellione contro il decreto sicurezza partita da Palermo allude anche al possibile ritorno sulla scena nazionale del “partito dei sindaci”. Prospettiva che per uscire dal limbo delle ipotesi ha però bisogno di una vittoria eclatante, ossia di un giudizio di illegittimità costituzionale da parte della Consulta che sconfessi la creatura di Salvini. In tal caso, si potrebbero riaprire i giochi nello stesso schieramento di opposizione, con un Pd scavalcato come sua forza principale dal protagonismo dei primi cittadini di alcuni grandi comuni. Ora, la scelta di violare il principio di legalità è forse lecita di fronte a norme palesemente liberticide, che scardinano l’ordinamento democratico. Ma è questo il rischio che stiamo davvero correndo? Non ne sono convinto. Navigando nel web, si possono incontrare eccitatissimi fan di Leoluca Orlando e Luigi De Magistris che paragonano la loro lotta addirittura a quella – epica – di Henry David Thoreau per l’abolizione della schiavitù in America. Eppure fino a un paio di decenni fa il filosofo nato nel 1817 a Concord, nel Massachusetts, da noi era pressoché ignoto. La conoscenza del suo pensiero era limitata a ristretti circoli culturali, che spesso lo accostavano con superficialità a quello di Michail Bakunin e di Pëtr Kropotkin. L’idea di proporlo a un pubblico vasto venne a Gianfranco Miglio, che nel 1993 presentò nella collana Oscar Mondadori un suo libello scritto nel 1849 sulla disobbedienza civile (“Civil Disobedience”). In verità, all’inizio del secolo scorso Lev Tolstoj, in una lettera pubblicata dalla North American Review, aveva già segnalato l’importanza del pamphlet, che teorizzava il diritto di resistere a un potere considerato iniquo e tirannico. Dal canto suo, lo studente di Oxford Mohandas K. Gandhi ne era rimasto profondamente colpito, e nel 1907 lo aveva recensito sulla rivista Indian Opinion come modello di protesta non violenta. Ma queste sono solo curiosità storico-letterarie. Resta il fatto, come ha acutamente osservato Carlo Stagnaro, che il politologo lombardo aveva colto con lucidità la sua potenziale carica eversiva in un sistema parlamentare squassato dal ciclone di Tangentopoli. Per il mentore della Lega di Bossi l’edificio repubblicano non andava riformato, ma distrutto e ricostruito senza il timore di infrangere il mito unitario. Perché, citando le parole di Thoreau, “sotto un governo che imprigiona chiunque ingiustamente, il vero posto per un uomo giusto è la prigione”. Con grottesca disinvoltura, Gianni Vattimo le ha riprese per giustificare le sassaiole e le molotov dei No Tav in Val di Susa. Ecco, se non si vuole contribuire alla disgregazione del paese, sarebbe saggio non utilizzarle oggi – altrettanto a sproposito – per vezzeggiare la tendenza di molti, troppi sindaci, a considerarsi come capi di signorie autonome.

Michele Magno

 

Non so che fine farà il partito dei sindaci e non so quanto possa essere efficace scommettere più sulla strategia della disobbedienza civile che sulla strategia del ricorso contro la legge Salvini. So però che da qualche mese a questa parte gli avversari del truce governo populista iniziano a moltiplicarsi e accanto ai sindaci ci sono anche i sindacati dei lavoratori, i sindacati degli imprenditori, i sindacati dei medici, gli artigiani, molti avvocati, diversi magistrati. I sondaggi indicano un consenso ancora molto alto per Salvini ma il consenso mai come oggi sembra essere legato non alla forza del Truce ma alla debolezza degli avversari. L’opposizione c’è, e funziona, e quando avrà una voce, e quando deciderà di non essere più sottomessa al cialtronismo sovranista, riuscirà anche ad avere consenso: basta solo volerlo.

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