Il cambiamento dell'Italia è tutto in un dato: -25 per cento

Le lettere al direttore Claudio Cerasa del 17 agosto 2018

Al direttore - Non so se i mercati meritino proprio la benedizione divina, come la Ciliegia titola un editoriale del 15 agosto. Tuttavia, sono condivisibili le considerazioni svolte a proposito della fuga dalla realtà operata da coloro che ritengono frutto di un complotto contro il governo una reazione dei mercati che, per esempio, si concreti con l’allargamento degli spread. L’aspetto più complesso sta nel distinguere quando gli orientamenti dei mercati sono da contrastare – si pensi alla famosa dichiarazione di Mario Draghi sull’euro, a fine luglio 2012 – e quando, invece, è il “debitore” (nel caso specifico, l’Italia) che non deve disorientare sul debito e sul deficit. Sostenere che l’esecutivo non si farà ricattare dai mercati, come ha detto il vicepremier Di Maio, è un modo infantile, prima ancora che un boomerang, di affrontare il problema. La maniera, invece, corretta sarebbe quella di affermare una “single voice” sull’impostazione di politica economica presentata dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria – voce unica che per ora manca nell’Esecutivo e nella maggioranza – e, poi, dare a essa il necessario coerente sviluppo nel Def, sostanzialmente da rifare, e nella proposta di legge Finanziaria. Pensare di utilizzare la grande tragedia genovese – che suscita sdegno e desiderio di verità nonché di punizione delle responsabilità – per impostare quest’ultima legge oltre i limiti e i vincoli vigenti sarebbe illusorio, oltreché grave. Certamente, un piano di investimenti pubblici si evidenzia come sempre più necessario. Un’ impostazione coerente della legge di bilancio rafforzerebbe la richiesta di una “golden rule” per escludere gli investimenti stessi dall’obbligo del pareggio di bilancio. Ma è il governo che per primo deve fare la propria parte con coerenza ed efficacia, abbandonando l’atteggiamento di chi cerca ovunque responsabilità, meno che in casa propria. Non si può continuare ad applicare sempre il famoso detto francese “Je suis tombé par terre, c’est la faute à Voltaire; je suis tombé dans le ruisseau, c’est la faute a Rousseau”.

Angelo De Mattia

Difficile dire se la traiettoria che verrà imboccata è quella che suggerisce lei. Facile dire però che ci sono alcuni dati che dovrebbero farci riflettere rispetto alle ragioni che fanno di questo governo un esecutivo pericoloso per il futuro dell’Italia. Gliene cito uno. Il report mensile di BofA Merrill Lynch, che anche in questo mese ha piazzato l’Italia tra i mercati meno attraenti d’Europa. Il dato è impressionante. Il 25 per cento dei gestori europei dichiara di voler ridurre la propria esposizione in Italia. Peggio dell’Italia solo il Regno Unito con un meno 48 per cento. Se vogliamo, a suo modo, si può definire anche questo un grande cambiamento rispetto al passato.

 


 

Al direttore - Da ultime notizie che circolano in questi afosi giorni d’agosto, il nuovo corso di Fs spa – sulla base del mandato ricevuto in tal senso dal governo in carica – starebbe per prendere direttamente in mano il caso Alitalia, chiedendo a quest’ultima documentazione e dati patrimoniali e gestionali atti a consentire al gruppo Fs di delineare un piano di acquisizione, insieme a Poste e Cdp, dell’impresa aerea da tempo in stato commissariale. Fs si accollerebbe una parte maggioritaria della “Newco” – interamente nazionalizzata, ovverosia statalizzata – in cui dovrebbe essere raccolta Alitalia. Proprio qui, però, risalta la patente grave criticità dell’operazione a cui il gruppo Fs viene chiamato dal governo a contribuire in modo decisivo e vincolante. Come negare, difatti, l’evidenza di un’impresa ferroviaria che – in aperta contraddizione con la lontana riforma degli anni 70 che ha visto Fs trasformarsi, in passaggi successivi e anche difficili, da azienda di stato a società per azioni – oggi si vede obbligata ad acquisire una società di volo statalizzata? In altri termini, non stiamo forse assistendo alla negazione della stessa ragion d’essere di quella lontana riforma e dell’identità del soggetto di trasporto ferroviario moderno, efficiente, aperto ai mercati – pubblico ma non statale – che si voleva costruire? E tutto questo a danno – temo – dell’Italia e dei cittadini contribuenti.

Alberto Bianchi

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