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lettere rubate

Il ritorno dell'oscuro piacere del lettore comune. Libertà e responsabilità

Annalena Benini

Virginia Woolf scrive degli altri e delle altre, dei più grandi e dei dimenticabili, sempre con la capacità di far sentire il suo divertimento di lettrice non comune ma mai impolverata. Un libro ne raccoglie gli articoli

L’unico consiglio che una persona può dare a un’altra riguardo la lettura è quello di non accettare consigli, seguire i propri istinti, utilizzare i propri ragionamenti, arrivare alle proprie conclusioni.
Virginia Woolf, “Il lettore comune” (traduzione di Elena Bollati, Elliot)


  

Il lettore comune non è né un critico né uno studioso, se si è molto fortunati non è nemmeno uno scrittore. E’ libero da vincoli e da calcoli ma, dice Virginia Woolf nel 1930, durante la relazione letta in una scuola e contenuta in questa nuova edizione che supera le cinquecento pagine perché riunisce due volumi, ha molte responsabilità e molta importanza. “I criteri che stabiliamo e i giudizi che esprimiamo pervadono lentamente l’aria e diventano parte dell’atmosfera che respirano gli scrittori mentre lavorano”. Ai tempi di Virginia, cent’anni fa, non c’erano le classifiche, che di certo l’avrebbero entusiasmata e fatta disperare, ma il ritratto che fa del lettore di romanzi (e di saggi, e di poesia, e di biografie) è magnifico per precisione, ironia, serietà ed empatia: “Sappiamo che non possiamo immedesimarci o annullarci del tutto; vi è sempre un demone in noi che sussurra: io odio, io amo, e non possiamo zittirlo”.

 

Si può educare il gusto, sottometterlo a una sorta di controllo, ma è importante rimanere lettori che leggono per amore, per curiosità, per ridere del vero e discuterne. Questo libro raccoglie articoli di Virginia Woolf usciti sui giornali inglesi, articoli pieni di genio, brillantezza e libertà. Analisi di Montaigne, “Cime tempestose”, George Eliot, un grande pezzo intitolato “Il punto di vista russo”, e poi Conrad, Robinson Crusoe, la narrativa contemporanea, gli autori minori. Non c’è solo la letteratura, ma la letteratura impastata con la vita, la satira, la storia, i pettegolezzi. E uno sguardo lungo, fatto di immaginazione e senso critico: che cosa avrebbe scritto Jane Austen se avesse avuto più tempo? Sarebbe diventata più profonda, più sicura, avrebbe dato meno credito al dialogo e più alla riflessione, come si percepisce già in Persuasione. “L’artista più perfetta tra le donne, la scrittrice di libri immortali” aveva ancora molta strada davanti a sé, e Virginia Woolf l’ha rivelata. Mentre Emily Brontë, l’autrice di “Cime tempestose”, era in grado “di fare a pezzi tutto ciò che sappiamo degli esseri umani e riempire i vuoti che rimangono con un gusto per la vita che trascende la realtà. Riusciva a liberare la vita dalla sua dipendenza dai fatti”. Virginia Woolf scrive degli altri e delle altre, dei più grandi e dei dimenticabili, sempre con la capacità di far sentire  il suo divertimento di lettrice non comune ma mai impolverata, mai pomposa, mai stanca di capire il mondo attraverso i libri.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.