The Beatles

Non sono solo canzonette

Annalena Benini

Analisi seria e leggera di un colpo al cuore, la musica pop

E’ una notte in Italia se la vedi

da così lontano

da quella gente così diversa

in quelle notti

che non girano mai piano

io qui ho un pallone da toccare col piede

nel vento che tocca il mare

è tutta musica leggera

ma come vedi la dobbiamo cantare

è tutta musica leggera

ma come vedi la dobbiamo imparare

Ivano Fossati, “Una notte in Italia”


Quante volte ci succede il piccolo miracolo di sentire che quella canzone sta parlando a noi, e di noi? E di cantarla per un’estate intera, e poi più niente, ma dopo anni eccola lì di nuovo, lucente, a farci commuovere e ricordare qualcosa di importante o di scemo, a farci sentire di nuovo abitati proprio da quella musica lì, da quelle parole, da quella voce di cantante. E’ qualcosa che non sappiamo dire, spiegare, ma ci ritroviamo ancora con gli accendini in mano, le lacrime agli occhi o un caffè a mezz’aria mentre la radio manda la nostra canzone. E non scendiamo dall’auto parcheggiata finché l’ultima nota, l’ultima parola, è volata via.

 

Che cos’è una canzone, si chiede Simone Lenzi, scrittore di romanzi, saggi e canzoni appunto: non è una poesia messa in musica e non è musica con l’aggiunta di qualche orpello di parole. In questo manuale ad uso di principianti, musicisti, appassionati o semplici cantanti stonati sotto la doccia e in mezzo alla strada, Lenzi prende molto sul serio, con leggerezza, la canzone popolare, e prova a spiegarci la magia che fa, e da dove arriva, e come ci prende. “La canzone è un tutto che vale più della somma delle parti. Una bella canzone, cioè, non è fatta solo di bella musica e di belle parole, ma di quelle parole con quella musica che, insieme, l’una per l’altra, significano qualcosa che, se considerate separatamente, non significano”. Una simbiosi, un riconoscimento, un colpo al cuore. Scrive Francesco Bianconi, cantatuore e frontman dei Baustelle, nella prefazione a questo “Per il verso giusto, piccola anatomia della canzone” (Marsilio) che è bello cercare di capire il modo in cui “questi ninnoli riescono a farci perdere la testa”. Anche se poi c’è sempre qualcosa che sfugge alla teoria e agli ingranaggi, e piuttosto riguarda l’arte (finalmente si può dire: le canzonette sono arte), il non so che, il quasi nulla che è la definizione di bellezza e anche di canzone che si infila dentro e fa venire voglia di cantare, di cambiare la vita, di accettarla così com’è. “Tutte le canzoni sono canzoni d’amore – scrive Simone Lenzi – Tutte, anche quelle che non lo sono. Tutte le canzoni, molto probabilmente, dicono i love you. Anche quelle che non lo dicono”. E quelle che lo dicono, come Michelle dei Beatles (1965), lo ripetono continuamente, e non è più: ti amo ti amo amo, ma è: ti amo, credimi, ti amo davvero, e ora te lo dico in modo tale che tu non possa dubitarne nemmeno per un secondo. Grazie all’unione di musica e parole, grazie al genio di Paul McCartney e John Lennon, che sono riusciti a creare un capolavoro pop di micidiale efficacia e semplicità, e a raccontarci la storia di due amanti che non parlano la stessa lingua, di Michelle così disperatamente amata, e di tutti quelli che si amano in mezzo alle difficoltà non soltanto linguistiche.

 

E’ qualcosa che ci riguarda, scrive Lenzi, “la musica è a noi pertinente – sempre. Ci accoglie nel senso. Ecco, mettiamola così: di certo la musica, per noi, ha senso”. Per il valore fondante della parola e della musica, ma ancora di più, per “la voce che smaschera gli intenti”, come direbbe Sofocle. La voce che il microfono coglie, la voce con quella “grana” unica, come unica è quella bocca, quella gola, quella lingua. Il motivo per cui le canzoni di Lucio Battisti hanno bisogno di essere cantate da Lucio Battisti. Il motivo per cui Paolo Conte ha preso “Una giornata al mare”, affidata nel 1971 all’Equipe 84, e anni dopo l’ha trasformata, con la sua voce liberata dalla teatralità, nello struggimento di “una giornata al mare tanto per non morire”. Quando tutte le canzoni parlano di noi.

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  • Annalena Benini
  • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.