Comici senza battute

Mariarosa Mancuso

L’ultima fatica televisiva di Corrado Guzzanti fa ridere solo mettendoci molta buona volontà. La satira sull’intellettuale che impartisce lezioni in tv non colpisce più nessuno, né i satireggiati né lo spettatore. A riprova, lo show vanta una serie di partecipazioni speciali, qualcuna con la faccia e qualche altra solo con il nome.

Quante lodi sperticate per la bravura dimostrata finora e quanta conoscenza della materia saranno necessarie per poter avanzare dubbi sulla riuscita di “Dov’è Mario”, ultima fatica televisiva di Corrado Guzzanti? (quattro puntate su Sky Atlantic il mercoledì sera). Abbiamo riso fino alle lacrime con “Aniene”, e la sola riproposta a mo’ di trailer del dio biondo con l’elmo e il martello – il divino genitore da lassù detta una fiction di presunto respiro internazionale, “Il trono di spago” con la Regina di Stucco – suscitava ilarità. “Fascisti su Marte” era un capolavoro, come le istruzioni per il voto al referendum che invitavano a starsene in casa, o a gettare la scheda nel cestino della carta straccia. “La seconda che hai detto” è stabilmente entrata nel nostro lessico famigliare, assieme a Rokko Smitherson regista “de paura”, a Snack, telepredicatore della “Chiesa presbite intercostale”, a Lorenzo studente “de sinistra”.

 



 

Dovrebbe bastare, per poter dire che “Dov’è Mario?” tanto ridere non fa, a dispetto della messa cantata che ha accompagnato l’uscita della miniserie (solo Aldo Grasso auspicava “qualche guizzo in più” da un campione come Corrado Guzzanti). Abbiamo un intellettuale “de sinistra” –  naturale evoluzione dello studente “de sinistra”, ma nessuno degli appartenenti alla categoria lo ammetterà mai. Tale Mario Bambea, che dopo una gran botta cambia personalità. Il suo Mister Hyde è un comico burino che risponde al nome di Bizio Capoccetti. Il Capoccetti la sera si porta a casa una escort, e la mattina dopo il Bambea si ritrova con una fanciulla seminuda da nascondere alla consorte. Schema collaudato, antico come la comicità. In tempi meno remoti utilizzato da Maccio Capatonda nel suo film “Italiano medio”: una pillola alla Matrix (ma funzionante al contrario) riduce l’uso del cervello dal 20 per cento al 2. La manda giù Giulio Verne, ambientalista, vegano, anti-sprechi e anti-televisione in spregio ai genitori tele-dipendenti. Dopo la cura ha una sola parola d’ordine: “Scopare”. Quando chiede alla fidanzata “vuoi sposarmi?” lo fa in corpore vili: prende un rasoio e si tatua la domanda sul petto moquettato.

 

L’originalità non è un valore, a meno di non voler buttar via tutta la comicità e un bel po’ di letteratura (è, piuttosto, un tremendissimo peso che abbiamo ereditato dal romanticismo). Infatti non è questo il punto. Il punto è che si ride solo mettendoci molta buona volontà, spesso ripensando al Corrado Guzzanti del passato. La satira sull’intellettuale che impartisce lezioni in tv non colpisce più nessuno, né i satireggiati né lo spettatore. A riprova, lo show vanta una serie di partecipazioni speciali, qualcuna con la faccia e qualche altra solo con il nome. La badante rumena Dragomira – poetessa, quindi congeniale alla categoria – ha tra le sue referenze Paolo Mieli. “Con il consenso dell’interessato”, fa notare Panorama, e aggiunge che il primo interpellato aveva detto “no, grazie” (va ricordato qui che lo show è prodotto dalla WildSide, e uno dei fondatori si chiama Lorenzo Mieli).

 

Nulla fa più malinconia di un programma comico che procura poche risate, e finora nessuna battuta memorabile. Considerata la statura dei professionisti coinvolti – Mattia Torre della serie Boris” alla scrittura, Edoardo Gabriellini attore di “Ovosodo” alla regia – esiste un’altra possibilità. La smania che già ha rovinato molti comici, spingendoli ad abbandonare le battute e gli sketch a favore di format considerati più nobili e maturi.

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