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Il Var è il trionfo del moviolone di Biscardi

Quarantino Fox

La moviola in campo non serve a niente. Anche perché contribuisce a rendere insicuro l’arbitro, che dipende non più dalle sue capacità e dalla sua testa ma dal collega invisibile

In una giornata tranquilla (o quasi) come quella appena passata, pare utile ragionare sul grado di tecnologia che noi vecchi conservatori paludati siamo disponibili a tollerare nel giuoco del calcio del corrente millennio. L’arbitro che parla un minuto o due al microfono e che corre a guardare uno schermo piazzato tra le panchine non ci piace. L’abbiamo già detto e ridetto: è il trionfo del moviolone biscardiano, che assicurava di smascherare gli errori dei fischietti e invece causava solo risse, urla, appelli e petizioni. Non mettendo mai d’accordo nessuno e lasciando tutti sulle posizioni di partenza. C’era, anni fa, al Processo, il mitologico arbitro Menicucci di Firenze, che quando provava a difendere la categoria o veniva subissato di fischi o si prendeva un sonoro “Statte zitto Menicù”. Ergo: la moviola in campo non serve a niente. Anche perché contribuisce a rendere insicuro l’arbitro, che dipende non più dalle sue capacità e dalla sua testa ma dal collega invisibile sistemato in uno stanzino nei parcheggi dello stadio. La minestra cambia, e pure tanto. E però qualche innovazione è utile a migliorare le cose: la goal-line technology, ad esempio, è la cosa più bella che sia capitata al mondo del pallone dopo l’abolizione del Golden goal blatteriano utile a far fuori l’Italia ai Mondiali nippocoreani. Roba oggettiva, trasparente, velocissima. Nessuno può discutere: il pallone o è entrato o non lo è. Punto. Ben altra cosa è quando si chiede al Var di intervenire su un fuorigioco, per vedere se il tal giocatore è avanti di un mezzo alluce valgo, d’un malleolo particolarmente pronunciato, di un naso aquilino o d’una spalla ben sviluppata. Qui ci sarà sempre la soggettività, che è fattore umano e quindi ineliminabile, essendo questo sport calcio e non curling.

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