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Un Foglio internazionale
Trump e il declino europeo
Secondo Walter Russell Mead, l’Europa dovrebbe guardarsi allo specchio: “Non è un segno di decadenza morale non difendere i propri interessi?”
A un anno dall’elezione di Trump per un secondo mandato, i suoi avversari affermano che il paese potrebbe uscire dai binari della democrazia a causa di un potere sempre più sfrenato. “Onestamente, non vedo alcun cambiamento reale nella salute della democrazia americana nell’ultimo anno”, dice Walter Russell Mead intervistato dal Figaro. “I media continuano a parlare di Trump in modo ampiamente negativo in totale libertà. Questo non è il segno di un paese autoritario. I democratici sembrano quasi certi di riconquistare la Camera dei rappresentanti nelle elezioni di medio termine e le loro possibilità di conquistare il Senato stanno aumentando. A New York abbiamo assistito all’elezione di Mamdani, un socialista dichiarato. Nulla di tutto ciò dà l’impressione di un paese che stia cadendo sotto il controllo di un movimento fascista di destra. Insomma, siamo sempre negli Stati Uniti che conosco, con i loro problemi, le loro acute divisioni e le decisioni sbagliate dell’amministrazione e dei suoi critici. Sì, gli eccessi e la corruzione esistono. Ma non ho affatto l’impressione che stiamo assistendo agli ultimi istanti dell’esperienza democratica americana”.
Il movimento trumpista è apparso a molti come un movimento pendolare che, dopo la rivoluzione identitaria radicale della sinistra, mira a un necessario riequilibrio verso destra. Ma questo pendolo sta allegramente oscillando nella direzione opposta e assistiamo a una forte radicalizzazione della destra. “L’immagine del pendolo è importante, ma un pendolo non si accontenta di un solo movimento, continua a oscillare. Ed è proprio quello che sta succedendo. Ci sono molte cose in gioco nella polarizzazione in corso. I social network danno molto più risalto a voci marginali che prima erano isolate, sia a destra che a sinistra. Le strutture dei partiti si stanno indebolendo. Con il sistema delle primarie, i politici americani non sono più veramente membri di squadre politiche, ma imprenditori a capo della propria ‘azienda’. Si preoccupano meno di ciò che pensa lo Speaker che delle convinzioni di una minoranza radicale di elettori. Ma non è una novità: ottanta o cento anni fa New York eleggeva comunisti e il Wisconsin socialisti. Da centocinquanta anni New York è un focolaio di radicalismo politico alimentato dall’immigrazione. Ironia della sorte, un tempo gli ebrei erano considerati i più radicali tra questi gruppi dissidenti di sinistra. Oggi sono talvolta i principali bersagli di questi stessi movimenti. Ma il fenomeno della radicalizzazione in luoghi dove una forte popolazione di immigrati recenti si sente alienata dai valori americani dominanti non è nuovo. Così come non è nuovo il tentativo di frenare l’immigrazione. Gli Stati Uniti hanno di fatto bloccato l’immigrazione proveniente dall’emisfero orientale (Asia, Europa) tra il 1923 e il 1968, il che ha contribuito a conferire una certa omogeneità e moderazione alla cultura americana. Nel 1923, le quote di immigrazione dall’Europa sono state drasticamente ridotte, portando a una riduzione del flusso migratorio del 90 per cento!”.
Sta dicendo che l’America attraversa delle fasi passeggere di populismo e nazionalismo e che non c’è nulla di veramente nuovo sotto il sole di Trump? “Nel complesso, non è qualcosa di radicalmente nuovo. Allo stesso modo, non vediamo nulla di drasticamente diverso con il ritorno del gioco delle grandi potenze. Pensavamo fosse ‘la fine della storia’, ma era solo l’occhio del ciclone. E l’altra parte del ciclone sta per abbattersi su di noi”.
Tornando a Trump, non dovremmo preoccuparci del modo brutale con cui gestisce i contropoteri? Anche i politici del suo stesso schieramento hanno paura, ha il dipartimento della Giustizia nelle sue mani, i giornalisti dell’opposizione vengono maltrattati.
“Trump sta testando i limiti. Ma non è riuscito a intimidire la stampa. Leggo il New York Times, il Wall Street Journal. So che Trump ha cercato di influenzare i giornalisti con cui parlo. Ma senza riuscirci! Se glielo lasciassimo fare, forse sarebbe come un bulldozer. Ma il paese non glielo permette”.
Però ha escluso i media tradizionali dalla sala stampa della Casa Bianca. “Quella sala stampa è diventata un anti-rituale senza alcun significato reale, un pessimo spettacolo teatrale. Gli articoli di approfondimento sono sempre lì, e le reazioni della portavoce del presidente hanno un peso irrisorio. L’atteggiamento del governo è offensivo, ma non scoraggia i giornalisti. Inoltre Trump si trova di fronte a una scissione all’interno del Maga. Potrebbe persino perdere la maggioranza alla Camera dei rappresentanti prima delle elezioni di medio termine, poiché alcuni eletti minacciano di dimettersi per esprimere il loro malcontento. Con l’avvicinarsi delle elezioni, anche il piano di ridistribuzione dei distretti dei trumpisti è fallito. Noto in realtà che i contropoteri funzionano con successo. I tribunali hanno rifiutato l’incriminazione di James Comey (ex capo dell’Fbi e acerrimo nemico di Trump). Probabilmente daranno torto al presidente per il modo in cui ha imposto i dazi doganali. Non sembra la Germania del 1933. Ci troviamo di fronte a un politico populista esplosivo che infiamma la scena in un momento di grande divisione e di importanti cambiamenti tecnologici. Ma finora ha avuto scarso successo nel suo bizzarro tentativo di riconfigurare il sistema”.
Alcune delle sue scelte in materia di politica estera fanno girare la testa. Certo, c’è stato il suo successo provvisorio in medio oriente, ma cosa pensare del caotico processo decisionale sulla Russia e l’Ucraina? “Mi parlate di Trump, ma l’Europa dovrebbe guardarsi allo specchio! Perché quello che vedo è che la brillante diplomazia europea, attenta ai codici, è l’attore più impotente di questa ‘pièce’! Il medio oriente e la Russia sono due problemi che nessuno risolverà presto. Anche se Jfk e Roosevelt tornassero in vita, avremmo gli stessi problemi, così come il programma nucleare nord-coreano e la pressione cinese su Taiwan. Siccome non passo il mio tempo a gridare ‘Odio Trump’, alcuni pensano che io sia dalla sua parte. Non è vero! Ma i suoi oppositori non vedono il mondo per quello che è, e quindi non vedono Trump per quello che è: con i suoi difetti, ma anche con alcune virtù. Bisogna capire che, nella sua visione, molti dei presunti alleati dell’America sono diventati dei parassiti. La Germania, ad esempio, protetta dalla Nato e dalla difesa americana, ha speso pochissimo per la propria difesa, il che le ha permesso di mantenere un ottimo tenore di vita”.
Ma le cose stanno cambiando… “Solo grazie a Trump! Per trent’anni si è chiesto gentilmente agli europei di fare la loro parte, e loro non hanno fatto praticamente nulla! Inoltre, l’Europa, pur ricevendo la protezione americana dalla Russia e dalla Cina ha concluso enormi accordi commerciali con questi due paesi. Ci è voluta un’enorme disputa transatlantica perché accettaste di difendere i vostri interessi. Non è forse un segno di decadenza morale?”.
(Traduzione di Mauro Zanon)
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