
Un Foglio internazionale
Il piano dell'Iran per Israele
Così Khamenei voleva distruggere lo stato ebraico (per ora gli è andata male)
"L’orologio della ‘Distruzione di Israele’ in piazza Palestina a Teheran non era un esercizio di spavalderia”, scrive David Horowitz, direttore del Times of Israel. “Era un conto alla rovescia verso quella che gli ayatollah ritenevano l’imminente fine di Israele, per mano loro. Oltre allo sgomento per il fatto che Yahya Sinwar non si fosse consultato e non si fosse coordinato con loro prima di invadere il sud di Israele il 7 ottobre 2023, il regime ha tratto incoraggiamento dal successo di quel massacro, dalla sua apparente conferma della profonda vulnerabilità di Israele e dalla continua instabilità che aveva causato. L’eliminazione di Israele era a portata di mano. E la verità è che, per quanto apocalittico possa sembrare, la valutazione era ragionevole. In piazza Valiasr, nell’ottobre del 2023, fu eretto uno striscione gigante che mostrava masse musulmane – sotto le bandiere dei loro paesi, della Palestina, della Siria pre-ribelle e di gruppi terroristici filo iraniani – che camminavano in lontananza verso il santuario della Cupola della Roccia nel complesso di al Aqsa in cima al Monte del Tempio di Gerusalemme. Era una rappresentazione della liberazione di Gerusalemme dal controllo ebraico sionista, una liberazione apparentemente imminente sulla scia dell’invasione e del massacro di Hamas del 7 ottobre nel sud di Israele. In seguito al 7 ottobre, il regime iraniano ha accelerato il suo programma clandestino di armi nucleari. Ha accelerato la produzione di missili balistici. Ha rafforzato le sue difese aeree. Ha attaccato direttamente Israele per la prima volta, nell’aprile 2024, e ha lanciato un altro massiccio bombardamento missilistico in ottobre.
Verso la fine del 2024, tuttavia, l’Iran stava perdendo terreno anche rispetto ai suoi alleati. Israele aveva eliminato il suo leader più importante, lo sceicco di Hezbollah Hassan Nasrallah, e ne aveva gravemente compromesso le capacità, sia facendo detonare migliaia di cercapersone esplosivi che avevano decimato i quadri di comando dei suoi alleati, sia devastando le capacità missilistiche dell’esercito terrorista in gran parte del Libano. Hamas teneva ancora ostaggi israeliani a Gaza e si opponeva ai tentativi israeliani di distruggere completamente le sue capacità militari e civili, ma era solo l’ombra di ciò che era stato, composto da 24 battaglioni. Poi arrivò la caduta del regime di Assad in Siria e una rapida risposta militare israeliana che impedì che importanti risorse militari cadessero nelle mani del nuovo regime ribelle e garantì a Israele la supremazia aerea. Il regime di Teheran rispose accelerando ulteriormente i suoi sforzi per ottenere la bomba. Ampliò le sue scorte di uranio arricchito al 60 per cento. Compì progressi significativi nella produzione di armi. I suoi principali scienziati stavano conducendo test e simulazioni che sottolineavano quanto fossero vicini al completamento del programma.
Allo stesso tempo, l’Iran rafforzò drasticamente le sue capacità di produzione missilistica. Come Israele ha dichiarato pubblicamente, l’Iran aveva costruito un arsenale di circa 2.500 missili ad alta potenza, molti dei quali con testate da una tonnellata capaci di immensa devastazione, ed era sulla buona strada per averne quattromila entro marzo 2026 e ottomila entro il 2027. Una minaccia missilistica convenzionale stava diventando un pericolo esistenziale, in grado di sopraffare le difese di Israele, scatenando morte e distruzione insostenibili in tutto il paese se Israele fosse stato colto di sorpresa. Come ha affermato il consigliere per la Sicurezza nazionale Tzachi Hanegbi, il regime credeva che il suo progetto di ‘Distruzione di Israele’, pianificato da tempo attraverso un’invasione su più fronti, condotta nel mezzo di un devastante attacco missilistico e con droni, fosse fattibile.
Osservando l’Iran con un livello di penetrazione dell’intelligence ben maggiore di quanto il regime si fosse reso conto, nel febbraio 2025 i responsabili militari e della sicurezza israeliani avevano ricevuto il via libera dai vertici politici per intervenire preventivamente. Israele si stava preparando a bombardare il programma nucleare iraniano da anni, ma non aveva costantemente dato priorità a questo potenziale imperativo né stanziato il budget necessario, soprattutto dopo che l’Amministrazione Obama aveva raggiunto l’accordo nucleare con il regime nel 2015, un tentativo fallimentare di impedire all’Iran di ottenere la bomba atomica. Non a caso, Trump aveva concesso all’Iran una finestra di sessanta giorni per la diplomazia. Tale periodo è scaduto il 12 giugno.
Nelle primissime ore, i comandanti chiave del regime avrebbero dovuto essere eliminati. Così come le strutture di comando dell’esercito iraniano. Le difese aeree avrebbero dovuto essere disattivate. Sarebbe stato necessario fare tutto il possibile per ridurre al minimo il numero di missili che l’Iran avrebbe potuto lanciare in una risposta immediata, e quindi un gran numero di lanciamissili, siti di lancio, depositi missilistici, scorte di carburante e personale chiave avrebbe dovuto essere messo fuori uso, ovunque, dall’Iran occidentale all’area di Teheran e oltre. Come si può ottenere la sorpresa assoluta quando si percorrono 1.800 chilometri per portare a termine un attacco?
Innanzitutto, riducendo al minimo il numero di persone a conoscenza dell’imminente attacco; persino molti alti ranghi dell’esercito e del personale di sicurezza non sono stati informati di ciò che stava accadendo fino al momento in cui l’attacco era effettivamente in corso. Solo la cerchia più ristretta dei leader politici è stata informata.
In secondo luogo, istituendo operazioni e movimenti fittizi. Gli Stati Uniti hanno spiegato in dettaglio come abbiano inviato pubblicamente diversi B-2 bombardieri a Guam, mentre Israele schierava segretamente altri B-2 per sganciare i bunker buster su Fordo alle prime ore del 22 giugno; le attività di copertura di Israele al momento dell’inizio della guerra, il 13 giugno, furono più estese e finora in gran parte non pubblicizzate.
Tutto Israele fu svegliato da allarmi stridenti su ogni cellulare all’inizio dell’attacco nelle prime ore del 13 giugno e i portavoce dell’Home Front Command apparvero sulla televisione nazionale per annunciare al paese che qualcosa stava per accadere, incluso un potenziale "attacco significativo da est”. Israele aveva stimato che l’Iran avrebbe tentato di lanciare 300-500 missili nella sua risposta iniziale a un attacco israeliano, e che fosse possibile lanciarne fino a 300 nei primi 15 minuti. In effetti, non ne ha lanciato nessuno per 18 ore.
Gli israeliani dovevano essere avvertiti, senza che venisse loro detto esattamente di cosa si trattasse. Non c’è da stupirsi che i portavoce del Fronte interno trasudassero un certo sconcerto. L’Iran sapeva dell’arrivo di Israele, ma non sapeva che sarebbe arrivato quella notte. Israele ha attaccato poco prima delle tre del mattino; l’Iran ha lanciato i suoi primi due sbarramenti missilistici, di 50 testate ciascuno, poco dopo le 21.
Si ritiene che Natanz sia stata distrutta, insieme alle sue centrifughe. Isfahan, l’unico impianto iraniano in grado di convertire l’uranio nella forma necessaria per l’arricchimento e di convertire l’uranio arricchito in metallo solido durante il percorso verso una testata bellica, è probabilmente distrutto. Fordo, dove l’Agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni Unite nel 2023 aveva segnalato prove di un arricchimento all’83,7 per cento – poco al di sotto del livello di armi – non è operativo, in gran parte a causa dei bombardamenti statunitensi.
Il programma missilistico balistico iraniano è notevolmente degradato. Si ritiene che disponga ancora di 700-1.000 missili e meno di 200 dei suoi 400 lanciatori originali. Il regime è ancora saldamente in piedi e il suo leader, Ali Khamenei, è uscito dal bunker per proclamare non solo che l’Iran non si arrenderà mai, ma anche che ha ‘vinto’ la guerra. Non l’ha fatto. Israele ha mantenuto la supremazia aerea su Teheran e selezionato gli obiettivi a suo piacimento, potendo continuare a farlo. Teheran non veniva attaccata dalla guerra Iran-Iraq di trent’anni fa. Da qualche parte nella psiche del regime, potrebbe esserci stato un rifiuto di accettare che Israele potesse farlo, e che osasse farlo.
I missili lanciati dall’Iran, sebbene ‘solo’ il 14 per cento abbia colpito aree popolate e infrastrutture strategiche, hanno comunque causato gravi devastazioni. Ventotto persone sono state uccise, tutte civili tranne una. Decine di case sono state distrutte o danneggiate, condomini distrutti, circa 13 mila persone sono state sfollate. L’ospedale Soroka di Beersheba e un asilo nido in città, un edificio di ricerca sulle scienze della vita presso il Weizmann Institute di Rehovot, la raffineria di petrolio Bazan ad Haifa, un centro di riabilitazione per bambini disabili a Bnei Brak, hanno tutti subito colpi diretti e distruttivi.
Eppure, è più che possibile che l’Iran abbia sottratto parte, forse addirittura la maggior parte, del suo uranio arricchito al 60 per cento lontano dai principali siti presi di mira in questa guerra, e anche numerose centrifughe. L’Iran è circa 75 volte più grande di Israele: c’è molto spazio per costruire siti nucleari più piccoli, arricchirli e armarli, cercando al contempo di evitare l’attenzione. Nuovi scienziati sostituiranno quelli uccisi. Non è impossibile che il Pakistan o la Corea del Nord possano essere tentati di fornire all’Iran risorse nucleari. Giovani leader, molto probabilmente più radicali, sostituiranno i vecchi finché il regime riuscirà a mantenere il potere. L’orologio della ‘distruzione di Israele’ sarà riparato”.
(Traduzione di Giulio Meotti)

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