
un foglio internazionale
La nuova Guerra fredda secondo Ferguson e Gardels
L'intervista del caporedattore di Noema allo storico sul caos geopolitico, Trump, la Cina e l’Europa spettatrice
Nathan Gardels, caporedattore di Noema, ha incontrato Niall Ferguson, storico, commentatore e biografo, per discutere dell’agenda Trump, del conflitto con la Cina, della polarizzazione in America e della sua conversione al cristianesimo.
Gardels – Sotto il sovranismo dell’Amministrazione Trump, che si discosta in modo clamoroso dall’ordine mondiale liberale, sembra che l’America si stia unendo agli altri assi di rivolta, Cina e Russia. Come vede questo sviluppo?
Ferguson – Beh, non sono d’accordo sul fatto che gli Stati Uniti si stiano in qualche modo allineando con gli autoritari. La cosa strana degli ultimi quattro anni prima di Trump è che l’Amministrazione Biden-Harris è stata accolta con favore dai liberal di tutto il mondo. “Gli adulti erano di nuovo nella stanza”. La politica estera americana stava per rispettare di nuovo le alleanze, e tutto è andato disastrosamente storto. Il risultato netto della politica estera dell’Amministrazione Biden è stata la formazione di un asse che nel 2020 non esisteva, un asse che unisce Russia, Cina, Iran e Corea del Nord. E a differenza dell’asse del male del 2002, legato alla guerra in Iraq, esiste davvero. Cosa è andato storto? La risposta è un disastroso fallimento della deterrenza, iniziato in Afghanistan nel 2021, peggiorato nel febbraio 2022, quando la Russia ha invaso l’Ucraina, e ulteriormente peggiorato nel 2023, quando Hamas e la Jihad islamica hanno attaccato Israele. Quindi, credo che si debba interpretare la rielezione di Trump in parte come una reazione contro un’amministrazione democratica fallimentare, un po’ come accadde nel 1980, quando gli americani votarono per Reagan e rinnegarono Jimmy Carter durante la crisi degli ostaggi in Iran.
Intendevo sconvolgimenti nel senso dell’ordine internazionale liberale del libero scambio e delle alleanze di fiducia in un occidente unificato.
Quando si parla di ordine internazionale liberale, mi viene sempre in mente ciò che Voltaire disse del Sacro Romano Impero: non era né sacro né romano né un impero. E lo stesso vale per l’ordine internazionale liberale. Non è mai stato molto liberale, molto internazionale o molto ordinato. E’ in realtà un’illusione che una cosa del genere sia mai esistita dopo il 1945. Ci fu una Guerra Fredda in cui due imperi, uno americano e uno sovietico, lottarono per il potere, e gli Stati Uniti non smisero mai di esercitare il potere in senso classico. La cosa interessante di Trump è che ne parla apertamente. Vuole la Groenlandia. Vuole riconquistare il Canale di Panama. E così, in un certo senso, siamo tornati all’era del presidente William McKinley a cavallo tra il XX e il XX secolo. Con Trump siamo tornati a un’atmosfera da fine Ottocento. I dazi sono da fine Ottocento, così come le restrizioni all’immigrazione. Gran parte del linguaggio populista usato da Trump sarebbe immediatamente riconoscibile a chiunque abbia studiato la storia americana di fine Ottocento. C’è un problema strutturale con l’Impero americano, che vale la pena sottolineare. C’è un deficit in termini di manodopera. Voglio dire, l’America importa persone. Non esporta persone. C’è un altro tipo di deficit, che è il deficit fiscale. L’America non può permettersi di occupare zone in tutto il pianeta come fecero gli inglesi o i francesi. Attualmente, c’è anche il problema che l’America sta spendendo più per il pagamento degli interessi sul debito che per il bilancio della difesa, per la prima volta nella sua storia. E infine, c’è un disturbo da deficit di attenzione, insito nella vita pubblica americana. Le persone perdono rapidamente interesse per le avventure straniere complicate e caotiche, e questo rende molto difficile portarle a termine, che si tratti di Vietnam, Iraq o Afghanistan. L’Impero americano è uno di questi strani casi di dissonanza cognitiva: funzionalmente, gli Stati Uniti presentano molte delle caratteristiche di un impero, ma gli americani stessi non vogliono davvero essere coinvolti nel business dell’impero, e questo fa oscillare il potere americano. Ci sono periodi di forza, poi ci sono periodi di ritirata. E dopo che Trump avrà esagerato, cosa che senza dubbio accadrà, ci sarà un’altra fase di ritirata. Abbiamo visto questo film diverse volte.
Se non esiste nemmeno la finzione di un ordine basato su regole, allora tutto è in gioco. Alcuni analisti, come Robert Kaplan, temono che ci stiamo dirigendo verso quella che lui chiama una “Weimar globale”, il che significa che se non c’è un egemone autorevole, ci sarà il caos nel vuoto da cui emergerà qualcosa di negativo, come a livello interno nella Germania tra le due guerre. Come vede l’evoluzione futura della costellazione di potenze?
Penso che sia più semplice di quanto tutto ciò suggerisca. Non c’è bisogno di ricorrere ad analogie tedesche per spiegare granché nel XXI secolo. Siamo nella Seconda Guerra fredda, e ci siamo dentro da almeno sei anni. La Cina sta interpretando il ruolo dell’Unione Sovietica e gli Stati Uniti sono gli Stati Uniti. Innanzitutto, si capisce che si tratta di una guerra fredda perché ci sono solo due superpotenze. Non ci sono altre superpotenze dell’intelligenza artificiale. Non ci sono altre superpotenze quantistiche nel campo della tecnologia. Ce ne sono solo due. La differenza ideologica tra i due si è accentuata da quando Xi Jinping è diventato leader. E come nella prima Guerra fredda, sono impegnati in una corsa tecnologica oltre che in classiche contese geopolitiche su Taiwan e il Mar Cinese Meridionale. La Seconda Guerra fredda è ancora in una fase iniziale. Eppure, già ora, più o meno tutto ciò che sta accadendo nel mondo può essere visto in questo contesto. In quel periodo tra le due guerre fredde, ci siamo divertiti tutti molto. A parte qualche crisi finanziaria e qualche attacco terroristico, c’era una relativa pace. La Cina è un avversario molto più formidabile di quanto lo sia mai stata l’Unione Sovietica. Economicamente, è molto più grande. E’ più grande degli Stati Uniti a parità di potere d’acquisto. Quindi questa è una Guerra fredda più dura per gli Stati Uniti.
Quindi si tratta di un ordine bipolare futuro?
Sì. E lo si può constatare se si trascorre del tempo in Europa. Gli europei vorrebbero essere protagonisti, ma non lo sono. In realtà, sono in realtà un oggetto di questa Guerra fredda, più che un soggetto, nel senso che non possono esercitare un’autonomia strategica. La guerra in Ucraina è stata imposta loro a causa del fallimento della deterrenza americana. (…) I leader europei hanno parlato per anni di autonomia strategica. La guerra in Ucraina ha rivelato che sono molto lontani dall’ottenerla, e ci vorranno molti anni prima che la ottengano.
Cina e Russia si considerano oggi “stati di civiltà”, un modo per legittimare il loro potere attraverso la continuità della storia. In risposta a ciò, oggi in occidente ci sono molte persone – Elon Musk, Giorgia Meloni, Viktor Orbán – che affermano che il loro obiettivo è difendere la propria civiltà. Quindi questa è una sorta di reazione speculare alle rivendicazioni di Russia e Cina. Lo vede come un elemento del conflitto?
Sì, certo. Ho scritto un libro intitolato “Civiltà” diversi anni fa. Il sottotitolo era “L’Occidente e il resto del mondo”. Ero solito indignare i miei colleghi di Harvard tenendo un corso intitolato “L’ascesa dell’Occidente, le sorgenti principali del potere globale”. Ora stiamo vivendo la fine di quel periodo di supremazia occidentale. Perché? Perché il resto del mondo ha finalmente capito che se non puoi batterli, devi unirti a loro. E così, le persone delle società non occidentali, a partire dal Giappone, hanno scaricato le applicazioni killer della civiltà occidentale. E naturalmente, funzionano ovunque perché uno degli aspetti importanti delle idee e delle istituzioni è che a loro non importa di che colore sei o quale sia la tua estrazione religiosa. Se adotti quelle idee e istituzioni, la tua economia crescerà, la tua durata di vita umana aumenterà e tutto andrà meglio. Ci è voluto fino alla fine del XX secolo perché la Cina accettasse che esistesse davvero una sola via per la prosperità, e che questa passasse attraverso i mercati, la scienza. Non le predilezioni ideologiche di Mao. Una volta finalmente riconosciuto questo, i cinesi si sono adeguati, e lo hanno fatto molto rapidamente.
In America abbiamo avuto questo tipo di società aperta estremamente liberale che accoglie il pensiero radicale e woke. Ora le cose sembrano essersi spostate verso l’ascesa prevalente di ciò che alcuni chiamano “gli dèi forti: la famiglia, la fede e la nazione”, che richiama i valori cristiani tradizionalisti. Stiamo assistendo all’ultimo respiro del liberalismo?
Credo che ciò che colpisse del Grande Risveglio, l’ultima diffusione dell’ideologia progressista estrema, fosse la sua intolleranza. La sinistra radicale, dopo essere stata completamente sconfitta in campo economico, ha deciso di adottare una politica identitaria radicale, con l’obiettivo di trasformare la nostra comprensione della storia e della società odierna in un modo deliberatamente divisivo e ostile all’identità individuale.
Quindi questa maggioranza silenziosa, culturalmente e politicamente, è sostanzialmente riemersa.
Non è mai scomparsa, ma si è semplicemente riaffermata di fronte a un movimento molto intemperante e radicalmente progressista che si era staccato dalla realtà sociale. Se potessi essere molto pessimista per un attimo, oggi in America si percepisce una certa sensazione di trovarsi in una fase tardo repubblicana, ovvero che le istituzioni repubblicane siano corrose da una guerra civile latente in cui la posta in gioco della sconfitta politica diventa troppo alta. E’ in parte ciò che ha eroso la Repubblica Romana e ha aperto la strada all’Impero. La mia impressione è che la storia sia sempre stata contraria a qualsiasi repubblica che sia durata 250 anni. Quindi questa repubblica americana si trova nella sua fase tardo repubblicana, con i primi accenni all’impero. Questa è la cosa che mi preoccupa di più come americano”.
(Traduzione di Giulio Meotti)

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