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un foglio internazionale

L'ossessione woke trova nello sport uno dei suoi terreni di gioco privilegiati

La filosofa e politologa  Renée Fregosi spiega che cosa succede con gli atleti transgender e perché le federazioni sono nel panico. L'articolo della Revue des Deux Mondes

Il wokismo – scrive Renée Fregosi – è un’ideologia totalitaria: si appropria di tutti i campi dell’attività umana e distorce la realtà in vari modi. E’ ciò che i militanti woke chiamano “intersezionalità”: una presunta oppressione generalizzata, totalitaria, soffocante e senza fine, dalle mille sfaccettature, prodotta dalla combinazione di molteplici oppressioni (vere o immaginarie) e che bisogna denunciare senza sosta. Secondo questa visione del mondo, il corpo occupa un posto centrale: è il primo punto di partenza della logica di vittimizzazione sistematica che è il motore del wokismo. Il colore della pelle è messo in rilievo per denunciare ciò che i wokisti definiscono la “razzializzazione” dei non-bianchi, ossia le presunte discriminazioni, oppressioni e violenze esercitate ai loro danni “in maniera sistemica” da quelli che a loro detta beneficiano del “privilegio bianco”.

 

La differenza di sesso che distingue gli uomini dalle donne è messa in discussione a beneficio del “genere” che distingue il maschile dal femminile principalmente attraverso l’apparenza dei corpi, vestimentaria in particolare. Il velamento del corpo delle donne, benché patriarcale, viene rivendicato contro una presunta “islamofobia” assimilata a una forma di “razzismo antimusulmano”. E vengono denunciate anche una serie di altre discriminazioni o “fobie” legate al corpo come la “grassofobia” (contro le persone in sovrappeso) o la “nanofobia” (contro le persone basse). L’ossessione wokista trasforma dunque il corpo degli sportivi in uno dei suoi terreni di gioco privilegiati. Perché se è vero che sollecita l’aspetto “mentale”, l’attività sportiva coinvolge in primo luogo il corpo: la morfologia, la muscolatura, la potenza fisica, l’estetica corporea. D’altra parte, le competizioni sportive sono in grande maggioranza sessuate, con delle categorie maschili e femminili, e nelle prove in formazione mista (come il tennis, la staffetta o alcuni giochi con la palla), il numero rispettivo di uomini e donne è rigidamente definito. Per via di questa valorizzazione del corpo, il delirio woke raggiunge nello sport il suo punto più alto, mandando nel panico le federazioni sportive che reagiscono in maniera disordinata. Lo scorso marzo, la Federazione internazionale di atletica leggera (World Athletics) ha deciso di escludere dalle prove femminili le donne transgender che “hanno attraversato la pubertà maschile”, ritenendo “insufficienti le prove che le donne trans non abbiano un vantaggio sulle donne biologiche”. Indignata, l’atleta francese nata uomo Halba Diouf, ha immediatamente denunciato questa decisione sul quotidiano sportivo L’Équipe. Quanto agli atleti intersessuali (ermafroditi o di sesso indeterminato alla nascita), come la sudafricana Caster Semenya, devono d’ora in avanti mantenere il loro tasso di testosterone sotto la soglia di 2,5 nmol/L per ventiquattro mesi per poter concorrere nella categoria femminile, a prescindere dal tipo di prova, fatto che essi giudicano come una misura “discriminatoria”. 

 

Nel novembre del 2021, dinanzi all’impossibilità di prendere una decisione definitiva per tutti gli sport, il Comitato internazionale olimpico (Cio) ha dal canto suo chiesto alle diverse federazioni di stabilire autonomamente i  criteri per permettere alle persone transgender e intersessuali di concorrere ad alto livello. La Federazione internazionale di nuoto ha annunciato nel giugno del 2022 che voleva creare una categoria per le nuotatrici transgender divenute donne dopo la pubertà (come l’americana Lia Thomas), al fine di riservare le categorie femminili alle donne di nascita e eventualmente alle transgender divenute donne prima della pubertà. Nel calcio, i regolamenti cambiano a seconda dei paesi.  Anche nel ciclismo le posizioni sono varie e cambiano in tutti i sensi. I britannici, per esempio, dichiarano che l’atleta transgender Emily Bridges non era “ancora” autorizzata a concorrere in un campionato nazionale. La questione agita tutto il mondo sportivo, e in particolare gli sport di combattimento. (Traduzione di Mauro Zanon)

Filosofa e politologa francese, Renée Fregosi, con un passato da militante del Mouvement de libération des femmes (Mlf) e Partito socialista, ha scritto “Les Nouveaux autoritaires. Justiciers, censeurs et autocrates” (Éditions du Moment).

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