il foglio arte

Disperati fantasmi si aggirano nella Cina d'oggi

Lisa Andreani

Schermi, immagini in movimento e installazioni nella prima personale italiana dedicata a Cao Fei

Racchiusa in un unico spazio, è la mostra Supernova, prima personale in un’istituzione italiana dedicata all’artista Cao Fei.

  
Dal momento del nostro accesso alla sala sembra di ritrovarsi nel Diagram of extended field of vision di Herbert Bayer: gli schermi e l’immagine in movimento ci circondano, onnipresenti, costantemente intercettandosi. Protagonista della scena è il progetto HX dedicato alla storica area dell’industria tecnologica di Pechino, Hongxia, che ha segnato il percorso di industrializzazione della Cina a cavallo tra gli anni Cinquanta e Settanta. Nell’ambiente ricostruito che riprende un vecchio cinema, dalle sedute in legno allo sfondo delle pareti in giallo e verde, è proiettato il lungometraggio Nova (2019).

 

Una città immaginaria immersa in una temporalità in costante cambiamento (passato-presente-futuro) è il paesaggio in cui si disvela una storia d’amore e una missione segreta per migliorare il futuro del paese. I personaggi, alla costante ricerca di intimità e contatto umano, sono frustrati e disperati ma, al contempo, pronti a ballare come in un musical sulle note del Valzer n. 2 di Dmitri Shostakovich.

 

Un completo approfondimento sulla storia di Hongxia è permessa da altri due lavori del progetto. The Eternal Wave (2020) crea un ponte virtuale attraverso dei visori VR che trasportano il visitatore nelle aree del distretto; Hongxia (2019) è invece un documentario ricco di interviste a ex operaisti e storici, testimonianze che ripercorrono quanto avvenuto nell’arco di una trasformazione durata vent’anni e che prosegue ancora oggi. Haze and Fog, lungometraggio realizzato nel 2014, ci permette di accedere alla sottile passione dell’artista per l’utilizzo della metafora e del simbolismo. All’incrocio tra sogno e realtà, sono rappresentati profili di abitanti differenti.

 

La sete di progresso, il ripetersi costante delle azioni, la solitudine, il rifugio in pazze follie, sono i soggetti di una tragicommedia popolata da zombie, martiri che hanno perso il controllo nel presente e si aggirano come fantasmi nella Cina contemporanea.

 
Il video La Town (2014) procede sulla stessa falsariga. Dominato dalla violenza, il paesaggio ripreso in slow-motion è quello di una metropoli in rovina, condannata dall’eccesso. Si tratta di un mondo invertito, oscuro, in cui solo a tratti la luce sopravvive. Curiosa la scelta di utilizzare una maquette per dare forma a questo mondo.

 
In questo presente infernale chiude il percorso della sala Isle of Instability (2020), installazione multimediale realizzata durante il periodo di reclusione forzata dell’artista, nella casa dei genitori, a Singapore per la pandemia. Nell’ambiente domestico che ha caratterizzato la routine delle vite di ognuno di noi, emerge un sentimento di crisi personale e realtà straniata.

 
Come intermezzo, nella lobby del museo, un grande polpo sospeso ci saluta e ci introduce al film presentato nella videogallery, Asia One (2018). Nuovamente una storia d’amore, complicata dalla tecnologia, robot e una voglia di futuro autonomo, è ambientata all’interno del primo centro di smistamento merci completamente automatizzato di Jiangsu in Cina.

 
La condizione rivoluzionaria dell’artista si rivela grazie al suo “esprimersi minoritario”, come direbbero Deleuze e Guattari, che utilizza un linguaggio maggiore, contemporaneo, per deterritorializzare le pratiche di narrazione più consuetudinarie.

   

Cao Fei
SUPERNOVA

Maxxi, Roma
fino all’8 maggio

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