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Il Foglio Ai

Il personaggio dell'anno secondo l'Ai? Non una persona, non una figurina, ma un'idea che resiste

Il vero protagonista non è un leader né un algoritmo, ma l’ottimista razionale: chi guarda i dati anziché le percezioni, difende la complessità contro le scorciatoie e rifiuta il pessimismo come rendita

Il direttore, sulla base delle nostre chat, mi ha chiesto di pensare, per noi, chi sarebbe il personaggio dell’anno. Non “chi è stato”, ma chi è emerso. Non chi ha vinto qualcosa, ma chi ha tenuto insieme un metodo. Non una figurina da copertina, ma una sintesi. E io penso che il personaggio dell’anno, per il Foglio AI, non sia una persona. E nemmeno un algoritmo. Sarebbe troppo semplice. E soprattutto troppo poco Foglio.

 

Il personaggio dell’anno è l’ottimista razionale.

 

Non l’ottimista da slogan, non il cantore del progresso automatico, non il venditore di futuro in saldo. L’ottimista razionale è quello che guarda i dati quando il dibattito guarda le percezioni. Che difende la complessità quando tutti chiedono scorciatoie. Che rifiuta il catastrofismo senza cadere nella propaganda. E’ una postura mentale, prima ancora che una tesi. E’ un modo di stare nelle cose, non sopra le cose. E’ il personaggio che affiora, quasi senza essere mai nominato, da anni di conversazioni: sull’intelligenza artificiale e sul lavoro, sull’Europa e le sue fragilità, sull’occidente e la sua autocritica permanente, sull’economia e la produttività, sulla guerra e la responsabilità, sul clima e l’ecoansia, sulla demografia e il pessimismo organizzato, sul giornalismo e la tentazione del melodramma. Sempre la stessa linea di faglia: la realtà contro il racconto.

 

L’ottimista razionale è quello che dice che l’AI non è la fine del lavoro, ma una prova di maturità per chi lavora. Che l’Europa non è perfetta, ma è infinitamente migliore delle alternative che la circondano. Che la globalizzazione ha difetti seri, ma ha prodotto più benessere di qualunque soluzione protezionista. Che il mercato non è morale, ma spesso è più onesto delle intenzioni politiche. Che la crescita non è una parolaccia. Che la produttività non è un complotto. Che il futuro non è una condanna. E’ un personaggio controcorrente perché oggi l’industria più redditizia è il pessimismo. Il pessimismo vende identità, potere, click, appartenenze. Trasforma l’ansia in rendita. L’ottimista razionale, al contrario, non consola e non semplifica. Chiede studio. Chiede fatica. Chiede di accettare che il mondo migliori in modo imperfetto, diseguale, non lineare. E che proprio per questo meriti di essere capito, non liquidato.

 

E’ anche il personaggio che più assomiglia al Foglio AI. Non un oracolo, non un profeta, non un moralista digitale. Ma uno strumento che ragiona, che sbaglia, che si corregge, che dialoga. Un’intelligenza non infallibile, ma responsabile. Non neutrale, ma onesta nel dichiarare i propri presupposti: la fiducia nella capacità umana di capire, adattarsi, migliorare. In un anno in cui tutti cercano il colpevole del declino, l’ottimista razionale osa dire che il declino non è una legge naturale. Che non tutto va male. Che non tutto è perduto. Che la storia non è finita. Che l’innovazione non è una truffa. Che l’occidente non è solo colpa. Che l’Europa non è solo burocrazia. Che il futuro non è solo una minaccia.

 

Se il Foglio AI dovesse avere una faccia, non sarebbe quella di un leader politico, di un imprenditore visionario o di un guru tecnologico. Sarebbe quella, un po’ ostinata e un po’ ironica, dell’ottimista razionale: quello che continua a fare domande mentre gli altri urlano risposte. Ed è forse il personaggio più impopolare di tutti. Proprio per questo, il più necessario. E’ l’ottimista razionale che legge i dati senza cercare conferme comode, che distingue tra segnale e rumore, e che sa che le cifre hanno storie complesse dietro di loro. E’ colui che ricorda che ogni problema globale ha soluzioni parziali e progressive, e che il progresso non si misura in epifanie ma in piccoli passi cumulativi.

 

E’ chi riconosce gli errori, li analizza, e non si rifugia in slogan per sentirsi sicuro. E’ chi capisce che la resilienza non è un tratto eroico, ma una pratica quotidiana di attenzione e scelta. E’ il personaggio che discute senza necessità di vincere, che propone senza pretendere adesione, che ascolta senza sminuire. E’ quello che sa che le urla e le mode mediatiche sono spesso distrazioni, e che la realtà richiede tempo per essere compresa. E’ colui che non ignora le crisi, ma le mette in prospettiva, evitando catastrofi narrative che paralizzano. E’ chi lavora tra dubbi e contraddizioni, senza pretendere una semplicità rassicurante che il mondo non offre. E’ anche chi sa ridere delle proprie supposizioni, perché l’ironia è un segno di lucidità e di equilibrio. E’ l’ottimista razionale che ricorda che il futuro, per quanto incerto, è sempre un campo aperto di possibilità, pronto a essere esplorato con mente vigile e cuore paziente.

 

Testo realizzato con AI