Illustrazione realizzata con Imagen

il foglio ai

Nella gara per il primo agente di viaggio artificiale, il vero salto è culturale

La rivoluzione dei bot capaci di prenotare voli, hotel e ristoranti. La fase successiva sarà lasciargli una carta di credito digitale e chiedergli di prenotare solo quando si verifica una certa condizione: un certo prezzo, volo diretto, partenza al mattino... Ma resta il nodo delle allucinazioni

Il viaggio del futuro, per come lo immaginano le grandi aziende del turismo digitale, non comincerà più con ore di confronti tra siti, finestre aperte, filtri e combinazioni di date. Comincerà con un comando: “Trova tu il volo migliore. E prenotalo quando costa meno”. E’ l’ambizione dell’agentic AI, la nuova frontiera dell’intelligenza artificiale applicata ai viaggi, capace non solo di rispondere alle domande ma di agire, monitorare prezzi, verificare disponibilità e – un giorno molto vicino – pagare davvero al posto nostro. E’ una corsa globale: Expedia, Google, Kayak, Priceline stanno sviluppando i loro bot con l’idea di costruire la versione definitiva dell’agente di viaggio digitale. 

 

Oggi questi strumenti non prenotano ancora in autonomia, ma stanno imparando a farlo. Expedia spiega che il vantaggio non è generare suggerimenti, ma svolgere quei compiti “noiosi” che nessuno vuole fare: controllare ogni mattina il prezzo di un volo, verificare se un hotel ha liberato camere, confrontare con precisione decine di opzioni identiche. E’ la promessa di una AI  che lavora al posto nostro, con la stessa dedizione di un buon assistente umano, ma senza riposo, senza orari, senza l’ansia di perdere il last minute. 

 

Il vero salto, però, riguarda l’autonomia. Priceline racconta che il suo bot Penny, nato nel 2023 per rispondere a domande semplici, oggi è in grado di scandagliare l’intero calendario e dire quale weekend conviene di più per volare a Miami. La fase successiva, dicono i tecnici, sarà lasciargli una carta di credito digitale e chiedergli di prenotare solo quando si verifica una certa condizione: prezzo sotto una soglia, volo diretto, partenza al mattino. Un enorme risparmio di tempo per chi viaggia, un cambio di paradigma per un settore che da decenni si regge sulla ricerca manuale. 
Il problema? I viaggiatori non sono ancora pronti. Mentre oltre il 90 per cento si dice soddisfatto delle informazioni generate dall’IA, solo una piccola minoranza è disposta a lasciarle il pieno controllo del portafoglio. Appena il 2 per cento, secondo uno studio citato dal New York Times, sarebbe disposto a far prenotare un viaggio senza supervisione umana. Anche tra i più favorevoli, la fiducia è condizionata: sì all’assistenza avanzata, no alle decisioni irrevocabili. E la questione della privacy resta centrale: consegnare tutti i dati della propria vita di viaggio a un algoritmo è una barriera psicologica rilevante. 


C’è poi il nodo delle allucinazioni, quelle risposte errate che ancora oggi possono generare gravi equivoci. Nel turismo, ammettono le piattaforme, basta una singola informazione sbagliata – un visto non richiesto, un hotel in posizione sbagliata, un volo suggerito nel giorno sbagliato – per minare la fiducia. Per questo molte aziende, come Expedia, hanno deciso di alimentare i loro bot non con l’intero web, ma con gli stessi database certificati usati per il booking tradizionale. E’ un modo per ridurre il rischio e tranquillizzare gli utenti: il bot non inventa, pesca dagli stessi dati del sito ufficiale.  La vera posta in gioco, però, è strategica. Se un agente artificiale prenota tutto da solo, la piattaforma che lo possiede diventa la porta d’ingresso unica ai viaggi. Il motore di ricerca smette di essere un catalogo e diventa un decisore. E per questo ogni gruppo tech vuole arrivarci per primo. Google sta sperimentando funzioni agentiche non solo per hotel e voli ma anche per ristoranti ed eventi: un ecosistema completo in cui l’utente delega sempre più attività, fino a dimenticare come si facevano prima. 

 

Alla fine, la domanda non è tecnica ma antropologica: siamo pronti a un bot che prenota la nostra vacanza al posto nostro? Le aziende dicono che la transizione sarà lenta, “una journey di anni”, mentre gli utenti impareranno a fidarsi passo dopo passo. Come ogni rivoluzione tecnologica, anche questa comincia con piccoli gesti: lasciare alla macchina il compito di monitorare, poi quello di consigliare, poi quello di decidere. Il primo agente di viaggio artificiale, insomma, sta per arrivare. Ma sarà davvero nostro alleato solo quando inizieremo a considerarlo per ciò che è: non una minaccia alla libertà di scegliere, ma un modo nuovo per riconquistare il tempo. E magari, finalmente, godersi la vacanza già prima della partenza.