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FOGLIO AI

Il 2026 secondo Bank of America

Bank of America racconta un mondo che non rallenta ma cambia pelle. Il rischio bolla (AI)

Se si mettono in fila le note “Year Ahead 2026” di Bank of America, il quadro che esce è meno cupo di quanto suggerisca il dibattito pubblico. Il 2026 non è descritto come un anno di recessione o di crollo dei mercati, ma come un anno di crescita “accettabile”, sostenuta da politiche ancora espansive, da un ciclo di tagli dei tassi quasi globale e da un’onda lunga di investimenti legati all’intelligenza artificiale. Il problema non è tanto la direzione di marcia, quanto i rischi di turbolenza lungo il percorso. Sul fronte macro, BofA vede una doppia K: economie che continuano a crescere, ma in modo squilibrato. Stati Uniti e Cina, per il 2026, hanno stime di crescita sopra il consenso, con l’economia americana sostenuta da politiche di bilancio generose e da una spinta agli investimenti AI, e la Cina che prova a bilanciare eccessi di capacità produttiva con più stimolo e un quadro commerciale leggermente migliore. L’idea di fondo è che “l’atterraggio duro” venga ancora rimandato, grazie a liquidità abbondante e governi poco inclini all’austerità. I tassi d’interesse scenderanno, ma non torneremo al mondo pre-2022. BofA immagina complessivamente 70-80 tagli dei tassi nel mondo, un dollaro che si indebolisce gradualmente e curve dei rendimenti più ripide in molte economie avanzate. Non un crollo del costo del denaro, dunque, ma un allentamento sufficiente a dare ossigeno ad azioni, obbligazioni high yield, titoli dei paesi emergenti.  

Sui mercati azionari il messaggio è: utili in salute, prezzi più pigri. Per gli Stati Uniti BofA prevede una crescita a doppia cifra degli utili nel 2026 ma rendimenti di prezzo più contenuti, con l’idea che molto ottimismo sia già scontato. Vengono preferite le mid cap e le small cap, considerate pronte a un “big recovery” grazie al ciclo di investimenti e ai tagli dei tassi, mentre in Europa prevale il pessimismo: si temono un eccesso di ottimismo degli investitori, margini messi sotto pressione dalla concorrenza cinese e un quadro macro meno favorevole, con attese di correzione per lo Stoxx 600. I mercati emergenti, al contrario, sono tra i grandi promossi del 2026: BofA è dichiaratamente rialzista su molti bond locali, spinti dall’effetto combinato di dollaro più debole, tassi in calo e petrolio meno caro. L’Asia, in particolare, beneficia del ciclo degli investimenti tecnologici e dell’AI, con una crescita prevista intorno al 4,5-5 per cento e un ruolo centrale di Taiwan e dei paesi Asean nelle catene del valore dei semiconduttori e dei data center.

Sul 2026, però, c’è un grande asterisco: l’AI. BofA non dice che siamo già in una bolla, ma introduce per la prima volta un vero e proprio “Bubble Risk Indicator” e parla apertamente di una “Bubble èra”, in cui i mercati potrebbero alternare fasi di euforia a forti correzioni, per poi rimbalzare rapidamente. L’intelligenza artificiale è vista come il motore della crescita degli utili e degli investimenti, ma anche come la fonte principale di rischio: un improvviso “air pocket” sui titoli AI potrebbe trasmettersi a credito, occupazione e fiducia.

In sintesi: il 2026 di BofA è un anno “buono ma non grandioso”, in cui chi investe dovrà tenere insieme due verità. La prima: la recessione globale non è dietro l’angolo, e l’insieme di tagli dei tassi, politica fiscale generosa e spinta tecnologica continuerà a sostenere crescita e utili. La seconda: proprio questo mix crea le condizioni per scosse improvvise, soprattutto se l’entusiasmo sull’AI dovesse superare i fondamentali. Crescita sì, ma con cintura di sicurezza allacciata.