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Le Olimpiadi del sì

Milano-Cortina 2026 non sarà solo un evento sportivo: sarà uno specchio sulle capacità dell’Italia

A volte un paese si riconosce davvero solo quando è costretto a guardarsi allo specchio. Milano-Cortina 2026 sarà proprio questo: un gigantesco specchio pubblico, internazionale, inevitabile. Un evento che, più di ogni discorso, mostrerà se l’Italia sa essere l’Italia del sì oppure se continuerà a ripiegarsi nella più comoda delle autobiografie nazionali: quella del fatalismo, dei campanili litigiosi, dei vincoli che diventano alibi. Le Olimpiadi invernali arrivano in un momento decisivo  per dimostrare che l’Italia sa fare sistema. Non è una sfida circoscritta allo sport: è una prova generale di amministrazione, infrastrutture, innovazione, sicurezza, turismo. Ma soprattutto di mentalità. Ecco perché queste Olimpiadi saranno lo specchio dell’Italia del sì. Prima di tutto, perché il modello è radicalmente nuovo: non una città, ma un arcipelago di territori – Milano, Cortina, Verona, Bormio, Livigno, Anterselva, Predazzo, Tesero. E’ un’Italia policentrica che chiede coordinamento, non competizione. Se funzionerà, significherà che la nostra più grande fragilità – la frammentazione – può trasformarsi in un punto di forza. Se non funzionerà, il mondo lo vedrà immediatamente. Il secondo motivo riguarda la tecnologia. Dopo Parigi, che ha elevato gli standard globali della produzione digitale, il pubblico si aspetta molto di più: grafica dinamica, dati in tempo reale, intelligenza artificiale integrata nella gestione dei flussi, nella sicurezza, nella mobilità. Le Olimpiadi saranno la prima rappresentazione di un’Italia capace di diventare piattaforma tecnologica e non solo palcoscenico turistico. Se riusciremo a dimostrare che innovare non è un vezzo ma un servizio, sarà un cambio di paradigma culturale. C’è poi la questione della sostenibilità. Le Dolomiti sono patrimonio fragile, osservato dal mondo. Milano-Cortina obbliga il paese a praticare ciò che spesso predica: gestione intelligente dei flussi, mobilità condivisa, monitoraggio digitale, equilibrio tra domanda turistica e tutela del territorio. Anche qui, il paese potrà finalmente dimostrare che la sostenibilità non è il regno del “no a tutto”, ma un metodo per dire sì: sì alla bellezza, sì allo sviluppo, sì alla responsabilità. E ancora: le risorse. L’Italia organizza un’Olimpiade con un budget dieci volte inferiore rispetto alla Russia di Sochi e molto più contenuto rispetto ad altre edizioni recenti. E’ una sfida che può diventare un manifesto: non servono sprechi per fare grande un evento, serve capacità di decidere, progettare, implementare. In un paese abituato a spendere troppo e con lentezza, questa sarà la misura più crudele e più sincera della nostra maturità. Infine, le Olimpiadi saranno lo specchio dell’Italia del sì perché costringeranno politica, istituzioni, imprese e comunità locali a collaborare.  
Alla fine, ciò che resterà non saranno solo piste, palazzetti o cerimonie: sarà l’immagine che il paese avrà dato di sé. Un’Italia che costruisce invece di lamentarsi. Un’Italia che decide invece di rinviare. Un’Italia che non teme la complessità, ma la governa.