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La scuola del 2035 e la sfida dell'intelligenza umana. Uno studio

Entro dieci anni, il 60 per cento delle competenze dei docenti sarà ridefinito dall’intelligenza artificiale. Ma non è una resa alle macchine: è un’evoluzione del ruolo umano. L’AI libera tempo e spazio, l’insegnante ritrova la sua missione più autentica: ascoltare, guidare, dare senso al sapere

C’è un numero che dice molto più di quanto sembri: entro il 2035, il 60 per cento delle competenze dei docenti italiani sarà ridefinito dall’intelligenza artificiale. Lo afferma uno studio di EY e Sanoma Italia che utilizza modelli predittivi per immaginare come cambierà la scuola nei prossimi dieci anni. E’ un dato imponente, ma non negativo. E’, anzi, una buona notizia, se lo si legge nel modo giusto: la scuola non sta per essere sostituita dalle macchine, ma per essere ricentrata sulle persone.

 

L’intelligenza artificiale automatizzerà procedure, personalizzerà la didattica, fornirà strumenti di analisi e valutazione sempre più sofisticati. Ma quello che emergerà, secondo EY, è che il vero valore aggiunto resterà tutto umano: ascolto, empatia, capacità di costruire relazioni, di dare senso e direzione al sapere.

 

Il docente del futuro non sarà un tecnico dei contenuti, ma un architetto di percorsi cognitivi e affettivi. E non perché l’AI lo renderà superfluo, ma perché lo libererà da molte incombenze, permettendogli di dedicarsi a ciò che nessuna macchina sa fare: capire gli studenti.

 

Lo studio mostra anche un’Italia scolastica che cambia per gradi e discipline: la scuola dell’infanzia mantiene più continuità, quella secondaria si ibrida, con competenze nuove nella progettazione digitale e nella data literacy. Ma in tutti i segmenti emerge la stessa dinamica: la tecnologia non cancella l’insegnante, lo costringe a diventare più umano.

 

Dietro questo scenario, EY e Sanoma colgono una verità che riguarda tutto il sistema educativo, non solo chi insegna. In un paese dove il mismatch tra scuola e mercato del lavoro ha raggiunto il 47 per cento, immaginare una formazione docente aggiornata e integrata con le tecnologie è questione di sopravvivenza sociale. Se la scuola non si rigenera, non si rigenera neppure il paese. Perché allora questo dato del 60 per cento non è una minaccia ma un’opportunità? Perché fotografa una transizione inevitabile: la conoscenza, oggi, non è più solo trasmissione di informazioni, ma costruzione di senso. E in questo processo, l’intelligenza artificiale non rimpiazza l’intelligenza umana: la obbliga a migliorarsi. La scuola del futuro non sarà dunque quella delle macchine, ma quella che mette l’umano al centro, proprio grazie alle macchine. E se riusciremo a capire questo – se insegnanti, istituzioni e studenti impareranno insieme a collaborare con l’intelligenza artificiale – allora sì, potremo dire che la scuola italiana, per una volta, sarà arrivata puntuale al suo appuntamento con il futuro.