(immagine realizzata con ChatGpt)

Foglio AI

I segnali militari di Putin all'Europa non sono episodi isolati

E’ una strategia precisa, dal Baltico ai Balcani, passando per i cieli svedesi e i droni in Polonia. La guerra non è solo a Kyiv

Da gennaio 2025 l’Europa ha ricevuto dalla Russia una serie di messaggi chiari, spesso indiretti, ma inequivocabili. Non sono solo episodi di tensione militare, come i droni caduti in Polonia, il caso degli incursori fermati in Estonia o il volo dell’aereo da guerra sopra la Svezia. Sono tasselli di una strategia più ampia: Mosca vuole ricordare che la sua guerra non si ferma ai confini ucraini, che l’occidente è un obiettivo politico, psicologico e strategico. Primo segnale: la pressione costante sul Baltico. L’incidente in Estonia, con cittadini russi coinvolti in operazioni di spionaggio e sabotaggio, ha mostrato come Mosca non abbia rinunciato alla sua “guerra ibrida” per dire   che le frontiere non sono sicure.

Secondo segnale: la violazione dei cieli svedesi da parte di un aereo da guerra russo. Non un errore di navigazione, ma un avvertimento a un paese appena entrato nella Nato. Mosca ha scelto il gesto simbolico più evidente per ricordare a Stoccolma che l’adesione all’Alleanza ha un prezzo: vivere sotto la minaccia costante di provocazioni. 

Terzo segnale: i droni caduti in Polonia. Non i primi e non gli ultimi, ma abbastanza da spingere Varsavia a rafforzare la difesa aerea e a chiedere consultazioni urgenti a Bruxelles.  Ogni drone che oltrepassa un confine Nato non è solo un ordigno: è un test politico. Ci sono stati anche altri segnali, meno visibili ma altrettanto incisivi. Gli attacchi informatici contro infrastrutture energetiche e reti ferroviarie in Germania e nei paesi Baltici hanno confermato che la cyberwar è parte integrante della strategia russa. 
La Russia ha poi riacceso il dossier balcanico. Da inizio anno, Mosca ha intensificato i rapporti con la Serbia, alimentando tensioni in Kosovo e in Bosnia, appoggiando gruppi politici che mettono in discussione l’integrazione europea. E’ un messaggio al cuore più fragile dell’Europa: se Bruxelles guarda solo a Kyiv, rischia di perdere i Balcani. Un ulteriore segnale arriva dal Mar Nero. Le esercitazioni navali russe hanno sconfinato in aree prossime alle acque territoriali romene e bulgare, paesi Nato. L’obiettivo non era tanto militare quanto simbolico: mostrare che la Russia, nonostante le sanzioni e le perdite sul campo, resta in grado di proiettare potenza oltre l’Ucraina.
C’è poi la dimensione nucleare. A gennaio Putin ha annunciato il dispiegamento di nuove testate tattiche in Bielorussia, con manovre congiunte tra Minsk e Mosca.   Infine, il segnale più sottile: la diplomazia energetica. Riduzione mirata delle forniture di gas liquefatto, pressioni sugli stati africani fornitori di materie prime critiche all’Europa, uso delle compagnie statali come strumenti politici. Mosca sa che la guerra non si combatte solo con i missili, ma anche con i mercati.
Mettendo insieme questi episodi, emerge un quadro coerente. La Russia parla con gesti più che con parole. I cieli svedesi violati, i droni in Polonia, il caso estone, gli hacker in Germania, i Balcani riaccesi, il Mar Nero agitato: sono tutti capitoli dello stesso racconto. Un racconto che dice all’Europa che il conflitto non è confinato all’Ucraina, che la pace continentale non è garantita, che ogni esitazione occidentale rafforza la mano del Cremlino.