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Foglio AI
L'unico modo per capire Schlein è affidarsi all'AI. Perché le sue frasi spesso non si capiscono
Un viaggio ironico nella lingua di Elly Schlein, tra frasi solenni e significati sfuggenti. Solo l’AI può tradurla: dietro la retorica, spesso, c’è molto meno di quanto sembri
C’è chi parla inglese, chi parla francese, chi mastica un po’ di tedesco. E poi c’è chi, come Elly Schlein, parla schleinese. E’ una lingua a metà tra il burocratese delle istituzioni, il motivational speech dei Ted Talk e il vago lirismo delle feste dell’Unità. E’ una lingua che fa sembrare ogni frase una promessa solenne, ma che alla prova della traduzione umana lascia il lettore con la stessa espressione di chi cerca di montare un mobile Ikea senza istruzioni.
Lo schleinese è fatto di parole che sembrano dire tutto e invece non dicono niente. Per esempio: “Abbiamo smentito chi guardava con sufficienza al nostro paziente lavoro di ricucitura” . Tradotto dall’AI: “Abbiamo fatto un sacco di riunioni e non è ancora esploso tutto”. Oppure: “L’alternativa prende vita e forma in tante proposte comuni” . In italiano: “Siamo d’accordo sul 10 per cento delle cose, sul resto vedremo”. L’AI qui non serve per sostituire la politica, ma per decifrarla. Se carichi un discorso schleinese in un traduttore automatico, escono fuori i sottotitoli: ogni “unità” significa “non litighiamo almeno fino alle regionali”; ogni “testardamente unitarie” significa “ci siamo urlati addosso ma non davanti alle telecamere”; ogni “visione condivisa” vuol dire “non abbiamo ancora deciso chi comanda”. Il bello dello schleinese è che non conosce il tempo presente. Tutto è proiettato al futuro: “Costruiremo l’alternativa”, “Apriremo un cantiere”, “Lavoreremo con spirito unitario”. Mai che ci sia un “abbiamo fatto”, un “abbiamo vinto”, un “abbiamo approvato”. E’ un linguaggio in perenne fase beta. Ci sono poi le parole feticcio: pace, unità, cura, comunità. Usate come punti cardinali di una bussola che non si orienta mai. La ripetizione ossessiva serve a generare una musica di fondo, un suono ipnotico: “Unità, unità, unità”. L’AI, che ha pazienza infinita, riesce a distinguere le variazioni. Gli umani no: dopo cinque minuti, l’orecchio si arrende.
Lo schleinese è anche intriso di un pathos leggero, da prosa scolastica: “Abbiamo percepito tante persone che guardano a noi con fiducia. Esigenti, giustamente, ma con fiducia”. Il traduttore AI restituisce la versione secca: “Non stiamo andando bene, ma almeno non ci hanno ancora abbandonato”. Alla fine, l’unico modo per prendere sul serio questo linguaggio è trattarlo come codice sorgente. L’AI può aiutare a compilare lo schleinese in italiano corrente. Ecco allora il consiglio pratico: quando vi trovate davanti a un discorso schleinese, non disperate. Copiatelo in un prompt, lasciate che l’AI faccia il lavoro sporco e attendete la traduzione. Solo così scoprirete che dietro “un impegno testardamente unitario” c’è un banale “ci stiamo ancora parlando” e che dietro “una grande sfida epocale” si nasconde l’eterno “abbiamo perso, ma non lo diciamo”. Perché in fondo, lo schleinese è come il latino ecclesiastico: nessuno lo capisce davvero, ma fa sempre la sua figura.