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IL FOGLIO AI
Neuralink: cosa ci raccontano i primi sette impianti umani di Musk
Dalla mente al movimento, dal pensiero all’azione: Neuralink trasforma l’intenzione in interazione. Una tecnologia nata per restituire autonomia, e forse, un giorno, anche la libertà di sognare di nuovo
È cominciata come una scommessa folle – quella di Elon Musk non ne ha mai avuto il difetto – ma oggi Neuralink è una realtà concreta, osservabile, misurabile. Un dispositivo impiantabile nel cervello che consente a persone paralizzate di muovere un cursore sullo schermo, di scrivere, di giocare, di studiare, di tornare a lavorare. E il bello, se si crede nel progresso, è che siamo appena all’inizio.
Sette persone, tutte con gravi lesioni spinali o patologie degenerative, hanno già ricevuto con successo l’impianto. Non ci sono effetti collaterali rilevanti, tutti gli impianti sono operativi, e soprattutto tutti gli utenti li utilizzano in autonomia, anche fuori dalla clinica, fino a 100 ore a settimana. Chi non parlava torna a comunicare. Chi non poteva più scrivere gioca a Mario Kart o a Call of Duty. Chi non usciva di casa da anni, oggi va al parco con i figli.
Il principio è affascinante e disarmante: il cervello produce segnali elettrici, i pensieri si possono leggere, tradurre, trasmettere. Neuralink è un’interfaccia input-output: registra i segnali neurali (read), li trasforma in azioni digitali e, in prospettiva, restituirà stimoli al cervello (write), anche dove la vista è stata persa, o la parola è inaccessibile. Si chiama “Telepathy” il primo prodotto per la lettura, e “Blindsight” quello per restituire la vista ai ciechi congeniti o a chi ha perso gli occhi o il nervo ottico. Nome non scelto a caso: ciò che è stato considerato per secoli miracoloso, qui si prova a riprodurlo con la tecnica.
Ma è soprattutto una questione di banda. Se oggi la comunicazione tra il nostro cervello e il mondo esterno avviene con una lentezza drammatica (meno di un bit al secondo in output), Neuralink vuole portare la trasmissione al livello del broadband: megabit, poi gigabit, direttamente dal pensiero. Parlare, scrivere, digitare: tutto è un imbuto. L’obiettivo, al contrario, è la telepatia concettuale. Una nuova forma di linguaggio.
Certo, serve tempo. L’evoluzione del dispositivo è ancora nella sua fase iniziale. Oggi può leggere mille canali neurali dalla corteccia motoria. Domani saranno tremila. Dopodomani diecimila. E in futuro si arriverà a 25.000 canali per impianto, su più aree del cervello. Significa aprire la porta al controllo vocale diretto, alla navigazione spaziale con la vista restituita, al trattamento del dolore neuropatico o di disturbi psichiatrici profondi. Non c’è magia, solo microchirurgia, chip, intelligenza artificiale, machine learning, robotica e imaging avanzato. Ma tutto è integrato in una tecnologia “neuron to pixel”, pensata per l’uso quotidiano.
Ed è anche la storia di una rivoluzione industriale. Gli impianti, oggi invisibili sotto la calotta cranica, sono il risultato di una progettazione end-to-end: Neuralink costruisce in casa i suoi robot chirurgici, produce in house le micro-sonde, progetta i chip, realizza le interfacce grafiche, programma le reti neurali artificiali che traducono i pensieri in movimento. L’ultimo robot può impiantare 64 fili in un minuto. E il nuovo ago è passato da un costo di 350 dollari a 15. E’ un salto di scala alla portata solo di chi crede nella produzione di massa.
Ma la vera novità è nell’esperienza dell’utente. Il primo giorno, oggi, basta un quarto d’ora per imparare a usare il cursore con la mente. E ogni giorno si migliora, grazie alla plasticità del cervello e all’adattamento dei modelli. Non si tratta di leggere la mente, ma di dare forma all’intenzione. E se la sfida futura sarà quella di abituarsi al fatto che il nostro cervello cambierà anche nel modo in cui si interfaccia con il mondo, Neuralink sta provando a rendere naturale ciò che oggi appare straordinario.
Elon Musk ha detto che chi dimentica il telefono si sente come se avesse perso un arto. Presto, chi ha perso un arto potrebbe davvero controllarne uno nuovo. Un giorno, forse, sarà possibile saltare i segmenti danneggiati del midollo spinale e restituire il cammino a chi l’ha perduto. Se così sarà, e già oggi non sembra fantascienza, non sarà un miracolo, ma una sfida tecnologica vinta passo dopo passo. E – per una volta – con lentezza e rigore. Perché nulla di ciò che Neuralink sta facendo è stato improvvisato. Tutto è frutto di anni di test, autorizzazioni cliniche, collaborazioni internazionali.
Non sappiamo ancora cosa sia davvero la coscienza, dice Musk, ma ogni passo verso la comprensione del cervello umano è un passo verso un futuro migliore. Perché la vera scommessa non è diventare cyborg, ma umani più liberi. Liberi di comunicare, di muoversi, di ricordare. Liberi di immaginare ciò che un giorno potremo essere.