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Il Foglio AI

L'Italia forma talenti e li regala agli altri

Se ne vanno per mancanza di prospettive. Perché trattenerli è una scelta di civiltà

C’è una statistica che racconta da sola lo spreco di futuro in cui l’Italia si è cullata per troppo tempo: nel 2024, quasi 191.000 persone hanno lasciato il paese. Molti erano stranieri che tornavano a casa, ma ben 156.000 erano italiani, diretti verso Germania, Spagna, Regno Unito. Di questi, la metà erano laureati. Un numero record in un paese che non solo invecchia, ma si svuota del suo capitale umano più prezioso: i giovani formati, quelli che servirebbero come ossigeno per affrontare le trasformazioni economiche in corso. E invece li formiamo (spesso con soldi pubblici) e poi li regaliamo al mercato del lavoro degli altri.

Il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha usato parole nette: servono opportunità attraenti per trattenere i giovani. Il problema, però, è più profondo di così. Non è solo una questione di stipendi bassi, o di carriere troppo lente. E’ una questione culturale, fiscale, politica. E’ il segno che l’Italia, da almeno una generazione, non è più in grado di convincere i suoi ragazzi che valga la pena restare.

Per capirci: un italiano su quattro ha più di 65 anni. Solo il 12 per cento  ha meno di 14 anni. Tra oggi e il 2040, la popolazione in età lavorativa calerà di 5 milioni di unità. Questo significa un crollo potenziale dell’11 per cento del pil, secondo le stime di Bankitalia. E mentre parliamo di natalità e bonus bebè, il danno già in corso è quello che non si vede subito: la fuga silenziosa dei 25-35enni, spesso con laurea in tasca e senza la voglia (o la possibilità) di provarci qui.

Cosa li spinge a partire? Lo dice Panetta: il potere d’acquisto reale è fermo ai livelli del 2000, quando questi ragazzi erano alle elementari. Il caro vita post-pandemia ha reso tutto più complicato, mentre il mercato del lavoro resta ingessato. Intanto, in Svezia, in Germania, in Canada nascono portali in italiano che offrono occasioni migliori per infermieri, ingegneri, contabili. E’  come se l’Italia dicesse: “Andate, non ci offendiamo”.

Eppure una risposta ci sarebbe. Legalizzare e governare meglio l’immigrazione, suggerisce Panetta, anche per far fronte alla carenza di lavoratori in settori cruciali come edilizia e turismo. Ma anche qui il dibattito è bloccato dalle paure e dalle convenienze di corto respiro.

Trattenere i giovani, e attrarne altri, non è solo una politica demografica: è una scelta di civiltà. Finché non capiremo che il futuro si costruisce rendendo desiderabile vivere in Italia, continueremo a contare partenze. E a sperare che almeno tornino per le vacanze.