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il figlio
Il rapimento di Arabella: un bel film on the road nell'Alabama d'Italia
Nel secondo film di Carolina Cavalli, la dolcezza e l'assurdo si mescolano in un viaggio che attraversa paesaggi e personaggi surreali del Veneto profondo. Un’indagine sulla solitudine e sul passato, dove l’immaginario americano si fonde con l’italianità più autentica
Una volta ho dato un passaggio con Blablacar a un ragazzo che sembrava Kid Rock, un redneck. Portava una camicia a quadri da boscaiolo, cappellino da baseball, barba lunga e scompigliata, e viaggiava con una scatola di cartone forata. Gli chiedo da dove viene. Sei il figlio illegittimo del marito di Lana del Rey? (Alleva alligatori). Mi risponde: “Vengo dall’Alabama d’Italia, il delta del Po. E sono cresciuto nel Veneto profondo”. Poi aggiunge: “Nella scatola c’è una tartaruga rara. La mia famiglia le alleva”. La scena mi è tornata in mente guardando Il rapimento di Arabella, il secondo film di Carolina Cavalli. La trama: Holly (Benedetta Porcaroli) incontra nel parcheggio di un fast food Arabella (Lucrezia Guglielmino), una bambina mollata dal padre scrittore permaloso (Chris Pine), troppo impegnato a “invidiare Jonathan Franzen” per potersi occupare della figlia settenne. Holly è stata appena licenziata dalla pista di pattinaggio dove lavorava, non ha casa né famiglia, è sola, ed è bloccata in un passato che non riesce a elaborare. Quando Arabella le offre dei soldi per portarla via, poiché vuole scappare dalla sua vita, Holly crede di vedere nella bambina sé stessa da piccola, arrivata da un buco nel tempo per permetterle di mettere a posto le cose. Quindi “rapisce” la piccola e insieme partono per un viaggio da fuggiasche, con polizia, padre permaloso e mondo alle calcagna. Attraversano paesaggi e personaggi surreali, in una serie di tableaux da film indie americano. La grana della pellicola, i colori saturati, la toponomastica che richiama località del New Mexico, la decappottabile che rubano, i motel che ricordano Un sogno chiamato Florida, i tipi eccentrici con mullet e camicie da cowboy alla Wes Anderson o Paris, Texas, la dolcezza stramboide alla Little miss sunshine, financo alcuni dialoghi non-sense alla Lynch, tutto è indie. Ma perché attingere da un immaginario che non è il nostro?
Durante una presentazione, Cavalli ha detto che cercava un’ambientazione con spazi aperti e luoghi liberi, quasi vuoti, puntellati da elementi isolati: una casa, un albero, una strada, come stilizzati, disegnati da un bambino. L’ha trovata a Bagnoli di Sopra, a sud di Padova, praticamente in quell’Alabama d’Italia del nostro allevatore di rettili padano. E, poiché ogni provincia è unica e tutte le province si assomigliano, ecco che l’immaginario americano (anche se un po’ alla moda) si dissolve e si confonde con la provincia italiana, piatta e sospesa, e con le sue maschere da commedia umana (bellissima Eva Robin) in un universo popolato anche da una capra sorda tenuta in lavanderia, o da un matrimonio di due anziani in una cappella in stile Las Vegas – anche se l’idea che l’assurdo equivalga automaticamente all’intelligentissimo non convince a pieno. In questo quadro narrativo, è proprio negli spazi liberi e meno connotati che Holly e Arabella emergono con più nitidezza. Il tropo del viaggio funziona come metafora lineare del viaggio di Holly nel suo passato, sostenuto robustamente dall’intensità vulnerabile di Benedetta Porcaroli e vivacizzato dall’impertinenza di Lucrezia Guglielmino. Viaggiano attraverso i paesi, i motel e le pieghe del tempo. Il trauma ha reso Holly scollata dalla realtà, parla un linguaggio nato dalla solitudine e dall’abbandono, comprensibile solo ad Arabella e al poliziotto Maccarino. E’ diffidente e insieme assoluta, sempre sul punto di spezzarsi e, anche grazie a lei, il film lascia appiccicato un groviglio di tenerezza e tristezza. Da ultimo il movimento on the road, il registro indie che funziona per sottrazione e dunque crea spazio anche per le sfumature più paradossali e da commedia, libera il film dal vizio ai sospiri drammatici, così italiani, direbbe Stanis La Rochelle.