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il figlio

Lingua madre. La verità della relazione primaria

Giulio Silvano

Trova la mamma sdraiata a terra dopo aver avuto un ictus. Nonostante il pessimo rapporto, tanto da pensare che la morte non sarebbe poi così male, l'ospedalizzazione è un'occasione per conoscerla meglio. Il libro di Adelphi

Parigi, 2022. Sono ancora i confusi tempi da stato d’eccezione della pandemia. Julia Deck, figlia unica, va spesso a trovare la madre pluriottantenne nel suo appartamento. Quel giorno hanno appuntamento a cena e quando Julia entra in casa non sente il solito odore della cucina, non sente la radio accesa su France culture. Spaventata, va in bagno e trova la madre sdraiata a terra. E’ lì da una ventina d’ore, immobile, ma ancora viva. Ann, la madre, ha avuto un ictus e viene portata in ospedale. Per Julia la vita ospedaliera, in un sistema sanitario in crisi, diventa un tormento emotivo. A prescindere dal legame, prova dolore nel vedere una donna che è sempre stata così attenta alla propria immagine – fin da quando leggeva Film review da ragazzina, guardando le foto delle dive di Hollywood – con il mento sporco di omogenizzato di mela, con i capelli arruffati. In certi momenti Julia pensa addirittura che se la madre morisse non sarebbe poi così male. “Continuo a sperare che muoia e intanto mi rallegro che viva, sono felice che mi riconosca, felice di avere ancora una madre, felice che pur nella fatica e con un eloquio incerto mi dimostri sollecitudine”, scrive Deck in questo libro, Ann d’Inghilterra, uscito per Adelphi (la traduzione è di Y. Melaouah).

“E’ una situazione molto strana augurarsi i progressi di una persona di cui ci si augura anche la morte. E’ una situazione insostenibile, al quale è meglio non pensare”. Ma l’ospedalizzazione e la convalescenza della madre diventano per Julia Deck, in quest’opera di autofiction, o addirittura di memoristica, l’occasione per conoscere meglio sua madre, ricostruendo la sua biografia, scoprendo cos’ha portato una ragazza nata prima della guerra in una regione industriale del nord dell’Inghilterra pesantemente bombardata a desiderare di vivere in un altro paese, trasferirsi in Francia, sposare un francese, cambiare lingua. E vediamo così una ragazzina inglese appassionata di letteratura, che riesce a fare le scuole migliori in antichi manieri grazie alle borse di studio, che divora i romanzi di Charles Dickens, che sogna Vacanze romane e Gregory Peck e il mediterraneo. E poi gli amori, con aspiranti fotografi, e le visite nell’Inghilterra proletaria dalla famiglia di origine,Top of the pops e i problemi economici e i mille appartamenti in una Parigi ancora malfamata, luogo che Ann non lascerà mai più. Deck racconta così anche la sua infanzia, parlando di sé in terza persona. “Sin dal primo giorno la bambina assomiglia molto al padre e per niente alla madre”. La lingua di Deck con un candore crudo, senza bullshit ma anche senza pornografia o lacrime di coccodrillo, funziona benissimo in questo suo primo tentativo di uscire dal romanzo puro (e le ha anche fatto vincere l’anno scorso il premio Médicis).

“Quello che cerco in questo libro è una forma di verità nella relazione che ho con mia madre”, ha detto Deck presentando il libro alla Librerie Mollat di Bordeaux. Perché, spiega, per lei è come se in fondo fossero sempre state due sconosciute, anche per il fatto di essere di due nazionalità diverse, aggiungendo: “la mia lingua materna non era quella di mia madre”. Scrivendo il libro, Deck forse arriva davvero a capire sua madre, le sue scelte, dando a noi lettori una vita, condensandola con la sua scrittura serrata, diretta, droit au but, da farci chiedere: davvero un’esistenza, seppur ricca, può stare in così poche pagine? E poi ci meravigliamo leggendo di una bambina e poi ragazzina e poi madre, che nei capitoli alternati – contemporanei, con tanto di elezioni di Macron – è un’anziana allettata. Nella banalità della cosa è sempre emozionante ricordarsi che anche i vecchi sono stati bebè, che anche i nonni sono stati nipoti e figli.

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