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il figlio

Un balletto di desiderio e ambiguità. L'ambizione, fino all'affrancamento

Fuani Marino

Il romanzo di Annalisa De Simone racconta del rapporto fra il politico Tonino Giuliante e Letizia Mastracci, una giovane ragazza di provincia.  I capitoli del libro sembrano ricordarci che anche le umane vicende seguono dei cicli, e che niente e nessuno resta mai per sempre uguale a sé stesso. 

L’ultimo romanzo di Annalisa De Simone - "Ingrata", appena uscito per Nutrimenti - racconta del rapporto fra il politico Tonino Giuliante e Letizia Mastracci, una giovane ragazza di provincia che si affaccia alla vita.  Si tratta di un rapporto fondato su un’asimmetria, non solo anagrafica e di esperienza, ma soprattutto relativa al potere di ciascuno di loro, nonché all’intensità dei rispettivi sentimenti. E’ infatti un legame forte che tuttavia non si consuma (e che resta forte proprio per questo), attraversando le alterne vicende dei due protagonisti. La scena è ambientata fra i paesaggi dell’Abruzzo e le stanze del potere di Roma, e Annalisa De Simone riflette su quanto decidere di andar via dal posto in cui si nasce corrisponda spesso all’avere una doppia vita, costretti a sentirsi per sempre di entrambi i luoghi e nessuno.  Letizia pensa: “Come tante coetanee, avevo provato anch’io un desiderio di fuga dal mio paese e anch’io avevo fantasticato su un futuro che si sarebbe svolto oltre la schiera delle montagne”. 


E proprio quelle montagne da cui si fugge e che richiamano a sé e osservano le sorti, sono le stesse che accomunano i due, il mentore chiamato a indirizzare e traghettare l’ambiziosa ragazza nella sua vita da adulta, e lei, la figlia destinata a diventare orfana, guardando ammalarsi e morire entrambi i genitori. Ma fra “il Principe” e “la piccina” - questi i rispettivi soprannomi - assistiamo a un balletto fatto di desiderio e ambiguità, un ampio spettro di sentimenti che alla fine non sembra trovare realizzazione alcuna se non quella di mostrare al lettore che ogni vita ha le sue parabole. A separarli, infatti, non sono solo i venticinque anni di differenza d’età: ci sono Tangentopoli e le chiacchiere dei piccoli centri di cui sono originari, come pure l’arrivismo e l’ingratitudine che si annidano in ognuno di noi. 


“Mentre lo ascoltavo inveire contro il reticolo di agguati che si trovava a schivare ogni giorno, l’insidia dei colleghi, degli avversari, dei giornalisti o dei magistrati (…) pensai che un uomo così doveva essere nato per resistere alle intemperie”, pensa la protagonista all’inizio del loro strano rapporto, quando ancora subisce tutto il fascino del potere di lui, aspirando a qualcosa di analogo. Così, mentre Letizia cresce costringendo se stessa a estenuanti fioretti e altre forme di pensiero magico - un modo come un altro con cui illudersi di controllare la realtà - il desiderio striscia e serpeggia, insieme a “pensieri vaghi che svanivano naturalmente, uno dopo l’altro come svaniscono i giorni”. E mentre lui finisce al centro di una vicenda giudiziaria che ne segnerà il declino politico e di uomo, lei si sposa ma comunque non riuscirà a sentire il desiderio di crearsi una famiglia col ragazzo che ama. Se è vero che “nuove versioni di noi stordiscono e disorientano di continuo chi abbiamo di fronte”, forse i primi a non riuscire a riconoscerci dopo un cambiamento siamo proprio noi stessi. 


Ingrata racconta, con una scrittura lucida e misurata, anche la storia di un affrancamento, dallo sguardo maschile in primis - quello dei mentori e dei padri - e forse anche dall’idea che si ha di sé stessi. Perché l’ambizione e il desiderio di potere sono spesso mutuati da qualcuno per il bisogno di essere visti, e non è detto che una volta ottenuto a caro prezzo, il potere, non ci lasci insoddisfatti e vuoti. 
Così la vita dei protagonisti scorre - quella stessa vita che può essere distrutta in un attimo con estrema facilità - e i capitoli del libro, inframmezzati dalle fasi lunari, sembrano ricordarci che anche le umane vicende seguono dei cicli, e che niente e nessuno resta mai per sempre uguale a sé stesso. 
 

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