Foto di Morgan Sessions su Unsplash

Il Figlio

Tutto quello che non avete mai osato chiedere sul disturbo dell'attenzione

Raffaella Silvestri

Francien Regelink ha l'Adhd. Ma questo non lo sapeva quando era la bambina più turbolenta della classe. È fondamentale distinguere la distrazione estrema dal disturbo – che è un modo di "funzionare" diverso che in alcuni casi può a un “maladattamento” anche grave 

Si fa fatica oggi, incontrandola, a immaginare che Francien Regelink fosse la bambina più turbolenta della classe. “Fin dall’infanzia mi sono sentita costretta a frenarmi e trattenermi; più̀ mi sforzavo, peggio era”, racconta. Quando arrivava lei alle feste i genitori degli altri nascondevano gli oggetti. “Una volta ho lanciato un palloncino pieno d’acqua contro la macchina fotografica della mamma della festeggiata. Si è infuriata. Mi ha agguantato per un braccio e ha urlato davanti a tutti: «Solo tu potevi fare una cosa del genere!»” Una frase che in seguito si è sentita ripetere spesso e che l’ha portata a dubitare di sé stessa. Francien ha l’Adhd, il disturbo dell’attenzione e iperattività, ma da bambina non aveva ancora la diagnosi, anche perché i genitori la accettavano “così com’era” e incoraggiavano il suo modo alternativo di gestire le situazioni. Crescendo ha frequentato una scuola sportiva, si è laureata, ma quando ha iniziato a lavorare i problemi con la funzione esecutiva (la capacità di programmare e suddividere i compiti in singole azioni) si sono manifestati più aggressivamente: “Non riuscivo mai a finire il lavoro che mi assegnavano, in ufficio vedevo che gli altri facevano molto di più, mentre io tutto il giorno venivo distratta, anche dalle relazioni sociali, è facile per me parlare con tutti”. 


La maggior parte del lavoro lo svolgeva una volta tornata a casa, dopo le otto di sera. “Sono sia mattiniera che notturna, è la giornata il mio problema, le ore di luce”. Alla base dell’Adhd c’è una mancata capacità del cervello di filtrare gli stimoli. Luci, rumori, insieme a tutte le idee e pensieri che non si riescono a controllare o organizzare in una gerarchia, rendono la vita molto faticosa. “A volte mi metto a lavorare al buio sotto la scala antincendio, ma non andare in ufficio non è una soluzione, ho bisogno di giornate strutturate”.  Ci sono gradi molto diversi di “gravità”, che dipende anche dalle risorse a cui si riesce ad accedere, farmaci e terapie comportamentali. L’impulsività è un’altra caratteristica ricorrente, e può portare a comportamenti distruttivi, all’abuso di sostanze. Nel suo memoir Strafare. La mia vita (irre)quieta con l’Adhd (Le plurali), Francien racconta in modo dettagliato sia i farmaci che le sono stati prescritti, sia le droghe ricreative che ha sperimentato, a volte traendo inaspettati benefici. 

Non incoraggia il consumo di droghe ma spera che la ricerca farmacologica metta a punto sostanze sicure e più efficaci di quelle disponibili in Olanda, che sono comunque molte di più rispetto a quelle disponibili in Italia, dove esiste solo una molecola approvata, il Metilfenidato. L’Adhd è una parola di moda, e l’autrice chiarisce l’obiezione “oggi ce l’hanno tutti”. Una cosa è la distrazione, anche estrema, un’altra il disturbo. Non è una “malattia”, ma un modo di funzionare diverso che in alcuni casi può portare a un “maladattamento” anche grave – non riuscire a gestire le incombenze della vita adulta, non essere mai indipendenti.  E’ difficile immaginare che Francien abbia corso questi rischi perché oggi è una donna di trentotto anni che fa l’imprenditrice ed è un’autrice di successo – questo, che in Olanda ha venduto 40.000 copie, è il suo secondo libro. Ma il suo successo deriva anche da un insieme di strategie messe a punto faticosamente e spiegate nel memoir in modo divertente ma preciso. 
Illuminante per chi sospetta di avere l’Adhd, per chi ha a che fare con qualcuno che ce l’ha, è un libro molto interessante anche per chi è semplicemente incuriosito dal tema dell’attenzione.

Di più su questi argomenti: