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Il Figlio

Tre stanze, sei sedie, due specchi e tanti libri. Lo spazio di due sorelle, dopo

Giacomo Giossi

In “Penultime parole", Cristò coglie e descrive la condizione di una contemporaneità a disagio con se stessa, con le proprie ambizioni e con i propri sentimenti. Un racconto mormorato che proviene dalla voce di una bambina

Penultime parole (Mondadori) di Cristò al suo sesto libro e già autore di culto, è un romanzo dalla forma essenziale e rarefatta eppure estremamente denso dentro al quale ogni parola assume diventa subito  una ramificazione capace d’includere più forme possibili di pensiero. Penultime parole è la scrittura di un racconto mormorato che proviene dalla voce di una bambina, una dei cinque componenti di una famiglia che vede nelle prime pagine uscire subito di scena entrambi i genitori. 

Il centro di tutto è una casa piccola e affollata di libri che si trova in una campagna arroccata dell’entroterra. Attorno alla casupola che diviene dunque il luogo dei figli, della loro crescita e formazione, vigila una natura selvatica. La casa da sempre stretta e soffocante ora ha bisogno di recuperare spazio e il primo gesto compiuto da Teresa è quello di liberarsi dei libri dei genitori sotterrandoli in giardino un poco alla volta: “Liberammo parecchi scaffali, mai insieme. Ognuna per conto proprio, quando sentiva che il suo silenzio aveva bisogno di altro spazio usciva, scavava un fosso nella campagna di fronte alla finestra della camera di Teresa, lo riempiva di libri e lo ricopriva con quella terra sassosa, difficile”. 

Il silenzio ha bisogno di spazio e di calma. E così anche le bambine hanno bisogno di vivere in uno spazio diverso, ora privo di grida e di rumori, ma ancora fortemente invaso da un’ossessione da cui sentono il bisogno urgente di liberarsi. Un distacco quasi obbligato dalla civiltà e un conseguente abbraccio allo spazio naturale: un ritorno a uno stato di vita quasi del tutto selvatico. 

Penultime parole sembra avere un debito con la letteratura di Agota Kristof e in particolare con il suo capolavoro, La trilogia della città di K, ma in realtà si tratta di una similitudine che vive più che altro sulla superficie. La prosa di Cristò è estremamente originale e anzi ritrova alcuni punti di connessione più con Tommaso Landolfi (citato in esergo nella seconda parte del volume) e in parte con Antonio Moresco. Nell’autore barese non c’è alcuna ricerca dell’epica e tanto meno di una letteratura vocalmente altisonante. Il suo è un brusio che a tratti si fa mormorio e in alcuni momenti statico lamento, sfiorando così sia l’horror di Stephen King in Misery sia una forma di fantastico alla Buzzati de Il segreto del Bosco Vecchio. 

Teresa - raccontata dalla sorella  - ormai ultra centenaria intreccia giorno dopo giorno il proprio corpo di ragazza selvaggia con il disordine naturale. Un’invasione selvaggia che sostituisce muri e porte: “La mia stanza invece iniziava ma non finiva, sfumava nel campo aperto. Una parte di soffitto arrivava a coprire il letto, ma la parete esterna, quella co la finestra a cui mi affacciavo un tempo per guardare le luci di Sercinato accendersi all’imbrunire, era solo semifinita”. 

Ciò che è perso non può essere più recuperato, la natura con le sue piante e i suoi insetti non sostituisce e non occupa, ma attraversa lo spazio offrendo una forma diversa di vita. Una possibilità mai veramente esplorata così radicalmente. Cristò coglie e descrive la condizione di una contemporaneità a disagio con se stessa, con le proprie ambizioni e con i propri sentimenti. Un movimento che si palesa in una forma di continua e a tratti ottusa occupazione dello spazio e del tempo. Una direzione a cui Teresa si oppone con una leggerezza forastica che solo un personaggio così fortemente letterario può pienamente possedere. Pagina dopo pagina Teresa si lascia così -  davanti agli occhi della sorella - inglobare in un tempo più vasto di quello ristretto degli umani e si fa accogliere all’interno della natura divenendo lei stessa parte di una ramificazione profonda che contempla il senso stesso dell’esistenza. 
 

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