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Il figlio

Le ali di Icaro. Noi, i ragazzi addormentati. Storia di una famiglia nell'eroina

Valentina Furlanetto

Il romanzo di Anthony Passeron racconta quegli anni in cui prima l’eroina e poi l’Aids spazzarono via una generazione, ma anche la storia della lotta contro il tempo dei ricercatori francesi e americani per identificare il virus e scoprire le prime cure

Ero alle scuole medie quando un’amica mi passò "Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino" di Christiane F. Fu una scoperta e lo lessi con avidità. Fino a quel momento avevo creduto che la letteratura si occupasse essenzialmente del passato dato che, abbastanza in contraddizione con la sua gioventù hippie, mia madre aveva riempito la mia libreria di Charles Dickens e Louise May Alcott. Fu così che quando incontrai per caso il libro di Christiane Vera Felscherinow fu uno shock. Primo: esisteva una letteratura che raccontava storie contemporanee. Secondo: esistevano storie contemporanee che parlavano di tossici. Fu una rivelazione a prescindere dalle qualità letterarie dell’opera. Qualche anno dopo, in quarta ginnasio, un mio compagno di classe, un ragazzo educato e molto brillante, iniziò a sparire per giorni, poi ad arrivare tardi, barcollando, con gli occhi segnati, poi saltò settimane intere di lezioni, infine non venne più. Non ho mai capito quanto gli insegnanti sapessero di quello che stava accadendo. Lo vidi mesi dopo ai giardinetti della stazione dei treni, sdraiato su una panchina, aveva una siringa nel braccio, sembrava addormentato.

I ragazzi addormentati è il titolo del romanzo autobiografico di Anthony Passeron, uscito per Guanda, che racconta la storia di una famiglia in un paese nella campagna francese, i cui due figli non potrebbero essere più diversi. Mentre il minore, Emile – che è il padre dello scrittore – resta a lavorare nella macelleria di famiglia, il figlio maggiore, Désiré, è affasciante e intelligente, è “il figlio prediletto”, i genitori ripongono in lui tutte le loro speranze e lo mandano a studiare a Nizza. Ma lui scopre il mondo e nel mondo si perde. Una mattina viene ritrovato per strada, addormentato, con una siringa nel braccio. Nel paese lo scandalo è grande. La famiglia, che dal nulla era riuscita a raggiungere un certo benessere aprendo prima una macelleria poi molte altre, si vede additata da tutti. Lo stigma diventa ancora più grande quando Désiré e la moglie, pure tossicodipendente, scoprono di avere l’Aids e così anche la figlia appena nata.

I ragazzi addormentati è tante cose assieme: racconta quegli anni in cui prima l’eroina e poi l’Aids spazzarono via una generazione di ragazze e ragazzi. Racconta l’assurdità di questi caduti, che avevano tutto per essere felici e invece, come Icaro, sono precipitati. Contemporaneamente è la storia della lotta contro il tempo dei ricercatori francesi e americani per identificare il virus e scoprire le prime cure, alternando felicemente pagine più intime e narrative ad altre più saggistiche e scientifiche. E’ anche la parabola di una famiglia che parte dalla povertà, apre un’attività, vive una notevole ascesa sociale ed economica, viene poi mortificata da questo dramma familiare, che la fa sprofondare nel dolore e nella vergogna, e infine assiste al declino della propria fortuna economica, perché l’arrivo della grande distribuzione mette a repentaglio l’esistenza stessa della macelleria.

E’ pure la storia di un ragazzo e del suo dolore, solitario e sottovalutato. Non Désiré, il protagonista e zio dell’autore, ma Emile, il padre dello scrittore, il fratello minore. “In famiglia nessuno ha mai più parlato di quella storia – scrive Anthony Passeron - Una domenica, qualche mese dopo il funerale di nostra cugina, mentre mio padre armeggiava con alcune mensole in garage, io e mio fratello lo abbiamo sentito imprecare e spaccare una a una, a calci e pugni, le assi di legno. Non è mai venuto a patti con la rabbia”.

E’ soprattutto una storia di segreti e di una famiglia infelice, che non assomiglia a nessun’altra nella sua infelicità. Valeva per i personaggi di Tolstoj nel 1877, vale per sempre.

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