Anna Freud con Sigmund

Per sempre tua

Lisa Ginzburg

Anna Freud, figlia di Sigmund. Lui era gelosissimo degli uomini, lei allora amò le donne

E’l’ultima di sei figli, Anna Freud. Nata nel 1895, lo stesso anno a cui suo padre fa risalire l’intuizione del significato dei sogni, chiave di volta di quella che sarà la “scoperta” della psicoanalisi. Anno per lui, Sigmund Freud, complicato dai primi seri problemi di salute. Coincidenze che configurano per Anna, ultimogenita, un destino di “vestale” del padre. Sua sodale nella professione, a lui devota, sino al parossismo, nella vita.

 

Sei figli nel giro di otto anni, per Freud e la moglie Martha. Non esattamente desiderata, quell’ultima. Qualcosa che Anna avverte, e introietta. Il senso di essere stata trascurata da bambina la tallona: orienterà la sua professione, i temi dei suoi lavori. Esclusa, lei sente di esserlo un po’ ovunque. In famiglia, dove è rivale della madre, nel mentre la tormenta la gelosia della sorella più grande, Sophia. Nella scuola elementare che frequenta a Vienna, dove i compagni di classe non ebrei evitano di invitarla a casa, perché ebrea. La sola relazione da cui si senta accolta, è quella con il padre. Un legame che prende presto la forma di una micidiale codipendenza. C’è un ricordo, decisivo. Risale a quando Anna ha 14 anni. Camminano insieme, padre e figlia, dalle parti del Prater. “Vedi questi palazzi, che belle facciate? Le cose non sempre sono tanto graziose, dietro le facciate. Lo stesso vale per gli esseri umani”. Un insegnamento che segna un’epifania. Anna incomincia a seguire Sigmund nelle riunioni della Società psicoanalitica. Appollaiata su uno sgabello, lo ascolta discettare con Jung, Ferenczi, Ernest Jones. Assiste così, testimone diretta, alla nascita della psicoanalisi, una teoria di cui le è evidente tutta la straordinaria portata. Vorrebbe seguire il padre negli Stati Uniti, dove nel 1909 Freud partecipa a un Congresso di psicologia. Le viene detto di no, che è “troppo piccola”. Il senso di esclusione si riaccende. Un dispiacere che verrà ricompensato da un viaggio che figlia e padre da soli compiranno in Italia, tra Merano e Verona. Freud si prodiga per rassicurare Anna, che sempre si sente negletta. Stabilisce con lei un rapporto esclusivo, che si fa più stretto e vincolante in parallelo all’affermarsi di Anna come psicoanalista. Esclusività esagerata, asfittica. “Cara e unica figlia”, Sigmund le si rivolge nelle lettere scritte dopo il 1912, anno in cui la figlia più grande, Sophia, si è sposata. Co-dipendenza. Capricci dispotici di un padre gelosissimo degli uomini (vieta in modo esplicito ad Anna di cedere alla corte del discepolo e collega Ernest Jones), quanto invece contento delle amicizie femminili. Soprattutto quella con Lou Andreas Salomé, ospite della famiglia Freud nel 1921 e da subito intima amica di padre e figlia (con Anna intratterrà una lunga, calorosa corrispondenza). “Come farà Anna, quando io morirò? Condurrà una vita di ascetica austerità?”, Freud si confida con la titanica amica. Preoccupato all’apparenza, gongolante in verità. Poco da fare, quella figlia tanto devota lo gratifica. Dal lesbismo di Anna, quando diventerà evidente, sarà sollevato. Terminati due “cicli” di terapia psicoanalitica con il padre, Anna ha incontrato Dorothy Burlingham Tiffany, figlia del grande gioielliere newyorchese e madre di quattro bambini (psicoanalizzati dalla stessa Anna). Le due donne si scelgono, restando unite, da quel momento, per tutta la vita – ma senza che la natura amorosa della loro relazione venga mai ammessa da Anna. Conta che il suo vero amore resti lui, suo padre. Secondo una dinamica resa più morbosa ancora, dal coincidere con i temi delle ricerche della Anna Freud psicoanalista (complesso di Elettra e ascesi sessuale come sublimazione nell’adolescenza, vi occupano un posto d’onore).

 

Dopo avere resistito sino allo stremo, nel marzo 1938 la famiglia Freud lascia Vienna, invasa dalle SS naziste. Destinazione: Londra. Sigmund ha già presentato prodromi del tumore alla mascella di cui morirà, e la funzione di “vestale” di Anna non fa che amplificarsi. Eppure è a Londra che un barlume di emancipazione brilla una fioca luce nella sua vestalica esistenza. E’ qui che Anna Freud pubblica tre studi sui traumi di guerra nei bambini. Qui (a West Hampstead) fonda un grande Centro specializzato. Vi ospita centinaia di bambini durante la guerra, ne cura le ferite psichiche post-traumatiche nei tempi successivi. Il Centro esiste ancora, ne è madrina la principessa Kate. Se non in una vita amorosa felice, Anna/Elettra ha trovato nel lavoro la via di una qualche liberazione.

 

Ventiduenne, aveva scritto una poesia, dal titolo “Mistero”. “Assomiglio a una madre, che indebolisce il proprio figlio con troppo amore / non al Destino che con i miei pochi mezzi ho osato impersonare”, i versi in chiosa. Versi presaghi. Esprimono la rinuncia che ha percorso tutta la vita intima di Anna Freud, e al tempo stesso il suo vestalico amore per gli altri, e per la vita. L’immagine di lei più nota, è uno scatto dove il suo affilato profilo appare mite, malinconico, e insieme determinato. Figlia lo è rimasta sino all’ultimo. Ma seminando, prodigandosi perché altri figli smettessero di esserlo.

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