(Foto LaPresse)

Chi verrebbe bocciato se si votasse a settembre

Fabio Massa

Partito per partito, ecco chi resterebbe fuori dal nuovo, eventuale Parlamento

Notte prima degli esami anche per la politica. Qualcuno non li passerà, è certo. Anzi, guardando al Parlamento, c’è chi trema, pensando ai guai, se ci fossero gli esami di settembre. Perché se davvero Matteo Salvini ha incassato l’ok degli States e alle elezioni anticipate, o per qualche altra congiunzione astrale, allora la situazione precipiterà velocemente. Del resto i rapporti personali sono già ampiamente deteriorati. Tra Lega e Cinque stelle c’è odio profondo, la Guerra dei roses è roba da principianti, al confronto. Ma se davvero si va al voto a settembre, come vorrebbe il Carroccio, chi se ne andrà a casa? Tanti, tantissimi. Specialmente nel collegio Lombardia 1, quello di Milano e dintorni

 

I più falcidiati saranno i Cinque stelle. Oltre al netto calo nei sondaggi (il che vuol dire che qualcuno rimane sicuramente fuori), c’è un punto nodale che il Movimento non ha affrontato quando aveva il vento in poppa e che adesso rischierebbe di deprimerne ulteriormente il consenso: il limite dei due mandati. In pratica tutti quelli che hanno un posto di responsabilità, a partire da Luigi Di Maio, potrebbero non tornare a Roma. Un esempio? Il sottosegretario all’editoria Vito Crimi, senatore. Se ne va a casa, perché è alla seconda legislatura. Non rischia Gianluigi Paragone perché è alla prima esperienza: ma rimarrebbe in un partito senza spazi di governo? Sempre dal Senato, se ne andrebbe Daniele Pesco. E che dire di Danilo Toninelli, il ministro alle Infrastrutture più criticato degli ultimi anni? Anche lui bocciato a settembre. Bye bye anche a Gianmarco Corbetta, che ha avuto un primo mandato al Consiglio regionale lombardo. Alla Camera “cadrebbero” Paola Carinelli, Manlio Di Stefano, il sottosegretario Stefano Buffagni, Davide Tripiedi. Di tutti gli eletti in Lombardia 1 si salverebbe solo Stefania Mammì da Pieve Emanuele. 

 

Se la regola del doppio mandato falcidia gli esponenti più in vista del M5s, sarebbero i numeri a mandare a casa gran parte degli azzurri. Specialmente i grandi vecchi, che sono ritenuti (a torto o a ragione) i responsabili del disastro. Rischia Valentina Aprea, una lunghissima carriera con pochissime preferenze. Più sicura di una ricandidatura è Michela Vittoria Brambilla. E che dire di Guido Della Frera? Eletto a Sesto San Giovanni, pare si sia “alleato” con Paolo Romani. Senatore di lunghissimo corso, ha litigato con Silvio Berlusconi. Se a settembre darà Arcore le carte, sarà dura per entrambi. Andrea Mandelli cercherà alleanze a Monza. Cristina Rossello potrebbe invece fare bene e riconfermarsi. La prova per lei è l’incarico di segretario cittadino: se lo svolgerà con risultati apprezzabili, potrà ambire a un esame di recupero a settembre. Idem per Federica Zanella e per Valentino Valentini. Sono vicini al Cavaliere. Potrebbe bastare, purché bastino i voti. E al Senato? Ci sarà l’assalto al posto dell’esperto Giacomo Caliendo mentre sarebbe difficile spodestare Adriano Paroli e Adriano Galliani. Il Cavaliere lotterebbe per Giancarlo Serafini e Licia Ronzulli, fedelissimi da sempre. Anche qui, la volontà c’è. Il problema sono i numeri, che hanno la brutta tendenza a non farsi piegare.

 

Pure il Pd non sorride. Anche se in questo caso Nicola Zingaretti può fare un ragionamento assai diverso, essendo la forza dei Dem abbastanza in linea con l’ultima tornata. L’idea potrebbe essere quella di eliminare i residui renziani. Ma non impatterebbe troppo sulla Lombardia, visto che i renziani si sono di fatto ricollocati su Zingaretti. Non è un caso che Pietro Bussolati sia entrato in segreteria nazionale. Necessitano di un nuovo patto invece gli uomini di Maurizio Martina, come Alessandro Alfieri, ex segretario lombardo oggi in Senato, e Matteo Mauri alla Camera. Tommaso Cerno pare voglia tornare a fare il giornalista: sul territorio nessuno l’ha visto più dopo l’elezione. Eugenio Comincini è un renziano d’osservanza, così come Tommaso Nannicini. Tra gli ex Pd c’è Francesco Laforgia: i suoi post su Facebook sono un tripudio di imperativi sincopati, ma è l’unico che siede nel misto, senza progetto né partito politico. Fa il paio, alla Camera, con Laura Boldrini. Franco Mirabelli ce la dovrebbe fare anche la prossima volta: l’esponente di Franceschini è bravo a navigare nelle acque agitate. Stessa corrente di Emanuele Fiano, che recentemente ha elaborato un innovativo articolo “sull’unità del partito”. “Lele” però è un dirigente stimatissimo, e sarebbe uno scandalo se fosse bocciato a settembre. Mattia Mor, che arriverà pure dalla tv ma che ci vede lungo, ha riacceso le macchine di #HosceltoMilano. Per settembre potrebbero venire comode. Alla fine, eterogenesi dei fini, sta a vedere che è la “zia Polly” Barbara Pollastrini a dover temere poco: potrebbe arrivare la sesta legislatura. Chissà se ce la farà anche l’inossidabile Bruno Tabacci, ma c’è la Dc che non muore mai. Mancano alla rassegna Lega e Fratelli d’Italia. Motivo semplice. Loro porteranno tutti, e anzi di più. Con l’eccezione forse di Daniela Santanché: il bagno di sangue alle Europee ha sporcato la sua immagine di regina delle preferenze.

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