Il Jeff Bezos del vescovo. Arriva la centrale acquisti della diocesi

Fabiana Giacomotti

Chi è Daniele Ferrari, amministratore e promotore fattivo del neonato centro acquisti della sterminata Diocesi di Milano, che comprende 1.375 realtà fra parrocchie, scuole e fondazioni

Sapete com’è. Si parte con gli anelli pastorali d’argento e si finisce con il contratto del gas e della luce, non fosse che l’accordo appena stipulato con A2A e Unogas, per la Gsa srl in realtà è solo l’inizio. Daniele Ferrari, amministratore e promotore fattivo del neonato centro acquisti della sterminata Diocesi di Milano, che comprende milletrecentottantacinque realtà fra parrocchie, scuole e fondazioni finora gestite singolarmente o attraverso le piccole comunità pastorali, prende spunto “dalle parole e gli esempi di Papa Francesco”. Ma ha come modello la Amazon di Jeff Bezos. Nel progetto di riforma della chiesa che a Roma arranca fra false partenze e colpi di scena, i valori spirituali contano almeno quanto le bollette della luce e in futuro, magari, la fornitura di pane e verdure. Ferrari punta a un risparmio “fra i sei e gli otto milioni di euro entro i prossimi cinque anni” rispetto ai 26 milioni di euro spesi nel 2015 per acqua, luce e riscaldamento dalle 1.108 parrocchie governate dall’arcivescovo Mario Delpini: “Tempi ma anche e soprattutto risorse che si libererebbero e potrebbero essere investite nella cura pastorale, cioè l’attività core business di un sacerdote, per dirla in termini economici”. Al momento, ha aderito alla nuova piattaforma diocesana circa il dieci per cento delle parrocchie, anche in mancanza di una comunicazione capillare sul tema (se credete che il pur poderoso network parrocchiale milanese sia dotato e soprattutto usi moderni sistemi di comunicazione tipo i social media, vi sbagliate: per tanti il pc è un’estensione della lettera 32 e il cellulare, lo dico per esperienza, viene consultato al massimo una volta al giorno). Ma Ferrari è convinto che, una volta rafforzata la squadra, il processo potrà subire una accelerazione.

 

La società, dopotutto, è stata costituita a giugno, e al momento vi lavorano in due, l’obiettivo di assumere un terzo manager dovrebbe essere raggiunto a gennaio. Per di più, i servizi che offre non sono né vogliono essere “un’imposizione o una perdita di autonomia, ma un aiuto”, e in ogni caso toccheranno solo quelli che Ferrari definisce “beni insensibili”, appunto luce, gas, fornitura di carta o simili, mentre per eventuali migliorie spicciole “che fanno anche e giustamente parte dell’attività pastorale”, per esempio la ripittura dei muri, l’offerta di un restauro da parte di singoli o associazioni, l’iniziativa sarà lasciata al singolo parroco. Non si fa opera di proselitismo come in epoca paleocristiana, ma insomma quasi: il business plan elaborato da Ferrari, ex manager della ristorazione su vasta scala (Autogrill, Cir), prevede infatti che entro il prossimo anno aderiscano al progetto 325 parrocchie e il doppio nel 2019, per arrivare alla copertura dell’ottanta per cento della diocesi entro il 2020.

 

Ai primi contatti fattivi con la diocesi, Ferrari è arrivato nel 2015, nel corso di quella Expo che è stata una svolta per tutta la città e, senza dubbio, anche per lui. Forniva servizi di ristorazione per la Cir, entrò in contatto con il team del padiglione della diocesi e con gli uomini del cardinale Scola, che da tempo lavorava a un progetto di ottimizzazione delle attività e che ora è stato rafforzato dal suo successore. Un cambio di panorama e di prospettive, da “fedele” come tiene a puntualizzare, ma è indubbio che sarebbe ugualmente entusiasta della sfida da ateo, gli sembra molto stimolante, gli interlocutori pure. Prossimo obiettivo, par di capire, la fornitura di carta e l’adesione sempre maggiore dei parroci: “La diocesi non è una holding, ma tutti insieme i parroci sono un soggetto economico interessante”. L’hanno sempre saputo, ab origine come dire; esplicitarlo, probabilmente è il passo più difficile.

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