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Gran Milano
Legge per Milano, la politica se esiste provi a battere un colpo
La proposta di una legge speciale torna al centro del dibattito politico: tra ambizioni metropolitane, rivalità regionali e incroci trasversali, la città cerca nuovi poteri per restare competitiva mentre la Lombardia si interroga sul proprio equilibrio interno
Prove di legge speciale per Milano. Certo, il rischio che si trasformi nel solito un balletto elettorale, ancher a elezioni lontane due anni, c’è. Tanto più che, in anni precedenti, nessuno ha scelto di entrare nella palude delle autonomie locali. Dopo la legge Delrio, che ha archiviato le province, le città metropolitane come Milano) non hanno mai avuto la possibilità di decollare. E – conniventi i governi – nemmeno i sindaci si sono spesi molto per farle crescere, combattuti tra le difficoltà di amministrare un territorio più vasto e le sfiancanti mediazioni con gli amministratori di altro colore. Ma più poteri ai grandi centri urbani potrebbero aiutare a contenere la sfiducia endemica che accompagna gli elettori ogni qual volta vengono chiamati alle urne: alle ultime regionali poco sopra il 40 per cento, senza che nessun partito abbia avuto il coraggio di ammettere la sconfitta.
L’idea, ricorrente, di una legge per Milano è stata rimessa in circolo una decina di giorni fa sul Corriere dal politologo della Statale Luciano Fasano. Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega al Senato, bossiano di ferro ma oggi plenipotenziario salviniano come segretario della Lega Nord e difensore del primato lombardo (anche contro il “patto” con Fdi per la futura presidenza) aveva lanciato una idea simile: “Milano è una città speciale e deve avere poteri speciali. Io ho proposto una base per partire, poi la legge la facciamo tutti insieme”. Si può fare? A sinistra ci si ragiona: “Bisogna evitare l’approccio leghista che dice: siccome c’è la legge su Roma capitale bisogna fare anche la legge su Milano. Se la impostiamo così questa legge avrà poche possibilità di decollare”, spiega Emilio Del Bono, già sindaco di Brescia, consigliere regionale, esponente del Pd che molti vorrebbero candidato in trasferta sotto la Madonnina. “Noi – prosegue Del Bono nella sua conversazione col Foglio – abbiamo Milano come unica grande città che se la gioca dal punto di vista competitivo con altre grande metropoli europee e quindi dobbiamo metterla in condizione di tenere il ritmo, per continuare il processo di trasformazione che da qualche anno è in corso e che permette alla città di essere un grande polo attrattivo ma anche di servizi e infrastrutture”. Del Bono pensa a un provvedimento che coinvolga l’intera area metropolitana, in questi anni rimasta orfana di risorse e di poteri. “Se non mettiamo in condizioni una grande area metropolitana come quella milanese di avere le infrastrutture per connettere il territorio facciamo un errore clamoroso, perché mettiamo il freno a un polo che deve svilupparsi. Poi però abbiamo bisogno che la Lombardia non sia zavorrata da Milano, perché la Regione fa 10 milioni di abitanti ed è un territorio che a sua volta ha bisogno di correre”.
Ma come finanziare questo nuovo corso? “Oggi sia Milano che la Lombardia attingono dallo stesso serbatoio, per l’edilizia residenziale pubblica, per i servizi, dentro a questo imbuto finanziario. Mentre tutte e due devono poter correre. Oggi il 60 per cento delle risorse per il trasporto pubblico vanno a Milano e Monza, penalizzando le altre province lombarde. Occorre studiare una legge speciale per Milano che definisca regole finanziarie con un percorso autonomo rispetto al resto della Lombardia”. E’ possibile che quel gigante economico che è la Lombardia diventi anche gigante politico?, si domanda Del Bono: “Serve il gioco di squadra, altrimenti diventa un danno per tutti. Purtroppo la Lombardia ha lo stesso tasso di crescita (0,5 per cento) dell’Italia, mentre storicamente la nostra regione cresceva due o tre volte il Pil italiano. Vogliamo far ripartire questo territorio”, conclude l’esponente Pd.
Dall’altro lato, stesse aperture: “Sono assolutamente d’accordo sulla legge speciale per Milano: come è stata fatta per Roma deve essere fatta anche per la nostra città – ci spiega Giulio Gallera, già assessore regionale al Welfare, anima liberal di Forza Italia – perché Milano è una delle capitali del mondo, ha investitori che arrivano da tutto il mondo e l’hanno scelta per le sue potenzialità. Milano ha bisogno di regole più veloci anche per lo sviluppo urbanistico e dunque serve una legislazione speciale per consentire al comune di decidere le normative a seconda delle esigenze che si sviluppano”. Un’occasione anche per la città metropolitana? “E’ chiaro che questa scelta andrebbe inquadrata nello sviluppo della grande Milano, come accade in tutto il mondo. Si tratta di una opportunità che va colta”. Un’ipotesi di lavoro trasversale. Però, spiega Gallera, non è accettabile essere d’accordo sulla legge speciale per Milano e contrastare l’autonomia regionale differenziata, come fa la sinistra. “Chi non è trasversale su questo è la sinistra. Noi siamo coerenti e puntiamo su entrambe gli obiettivi”.
Dunque qualcosa si muove e in Lombardia un certo spirito civico produce qualche risultato trasversale. Sul versante Sanità – anche se c’è molto da fare – in commissione è stata approvata all’unanimità la nuova figura professionale dell’assistente infermiere, che potrebbe integrare gli organici in sofferenza. Anche la raccolta di farmaci e la loro distribuzione a persone in forte difficoltà economica è stata accolta. Sul versante industriale è stata avviata la nuova disciplina per l’insediamento, sulle ex aree industriali, dei data center, con particolare attenzione al consumo di territorio e al dispendio di energia. Forse un assist che i giovani padani – dopo il successo della Lega in Veneto – interpretano come un viatico: “In Lombardia si continui con un’amministrazione a guida Lega, unico vero sindacato del territorio e punto di riferimento al Nord. I risultati del governo Fontana sono sotto gli occhi di tutti”. Meloni e La Russa sono avvisati.