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Banco Desio, storica cassa del territorio, lancia un'opa sul “wealth management”

Mariarosaria Marchesano

La riduzione dei tassi della Bce ha generato un calo di attività generale e quando le dimensioni sono ridotte le fasi di contrazione si fanno sentire più duramente rispetto ai grandi gruppi che hanno altri modi per controbilanciare

È partito anche il risiko bancario della “Briansa”, con la s, come la pronunciano i brianzoli, che per logica industriale assomiglia molto al grande risiko nazionale mosso dalla necessità delle banche tradizionali di rafforzarsi nel settore del risparmio gestito e della consulenza finanziaria. Così l’opa lanciata ieri da Banco Desio – il cui nome completo è Banco di Desio e della Brianza – sulla società milanese Solutions Capital Management Sim, fondata nel 2009 da un gruppo di professionisti specializzati nella gestione della ricchezza privata, è simile, fatte le dovute proporzioni, a operazioni come quella di Mps su Mediobanca o di Banco Bpm su Anima. 


Siamo nel cuore profondo e pulsante della Lombardia, in una delle aree più ricche, dove Banco Desio è prosperato da quando fu fondato, nel 1909, come Cassa rurale di Desio dall’ingegner Egidio Gavazzi, esponente di una famiglia dell’alta borghesia che ha alternato l’attività tessile (Lanificio Lanerossi) con quella bancaria. La vita della dinastia si è poi intrecciata con Milano, per ragioni private e pubbliche, ma l’area della Brianza è sempre rimasta il principale centro di interesse nonostante la banca oggi abbia più di duemila dipendenti, una rete di quasi 300 sportelli e circa 500 mila clienti sparsi per la regione. Banco Desio è sempre stato in salute, ma come tutto il settore ha accusato quest’anno un calo di redditività a causa della riduzione dei tassi della Bce che negli ultimi esercizi avevano assicurato ampi margini di profitto, un tempo delle vacche grasse che sembra essere terminato (con le banche costrette dal governo anche a versare un contributo alla manovra economica). Quando le dimensioni sono ridotte le fasi di contrazione si fanno sentire più duramente rispetto ai grandi gruppi che hanno altri modi per controbilanciare. Così in Banco Desio hanno cominciato a pensare a un’acquisizione nell’unico settore che sta assicurando margini di guadagno in aumento: la gestione patrimoniale conosciuta anche come wealth management. Si sta parlando non di piccoli risparmi e neanche di enormi liquidità, ma di quella ricchezza media – da 500 mila ad alcuni milioni di euro – che per tante famiglie lombarde, professionisti, piccoli imprenditori, vari ereditieri, rappresenta la normalità. E’ stato questo tessuto sociale a dare, ormai più di quindici anni fa, ad Antonello Sanna, che aveva esperienza nelle reti di promotori e come private banker, l’idea di fondare la Solutions Capital  Management, la cui attività si svolge a metà tra la gestione dei patrimoni e l’advisoring che in molti casi serve per sbrogliare le matasse delle eredità, soprattutto quando a monte ci sono imprese di famiglia.

 

Oggi la CSM, con masse gestite per un miliardo, è quotata sia a Milano che a Francoforte sul segmento delle piccole società ma è probabile che sarà de-listata per confluire in Banco Desio a seguito di un’operazione che forse Sanna, tutt’oggi maggiore azionista insieme con altri manager, non si aspettava ma che non considera neanche ostile. Spesso per realtà così piccole il destino è quello di essere acquisite soprattutto quando le stesse autorità di vigilanza vedono di buon occhio operazioni di concentrazione per dar vita a gruppi più grandi e solidi. Insomma, nessun rancore e (forse) nessuna barricata a Banco Desio: il risiko brianzolo è più pragmatico che politico.

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