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GranMilano

Una mostra sulla “Fata” di Milano, esoterica e filantropa, nel “suo” Palazzo Morando

Francesca Amé

L'esposizione ruota attorno a un prezioso nucleo di opere della pittrice svedese Hilma af Klimt, ma ci sono anche alcuni testi provenienti dalla privata biblioteca della Morando che abitò con la sua straordinaria presenza proprio il palazzo

Milano riscopre la sua “Fata Morgana”. La contessa Lydia Caprara Morando Attendolo Bolognini è stata donna dal nome complesso quanto la sua geografia esistenziale, felicemente ingarbugliata come solo poteva essere, a fine dell’Ottocento, quella di una fanciulla nata bene, sposata meglio e vissuta in bilico tra mondanità e carità, con una spruzzata di esotico spiritismo. Il merito della sua riscoperta è del nuovo progetto ideato e prodotto dalla Fondazione Nicola Trussardi a Palazzo Morando (sottotitolo migliorabile del museo: Costume, Immagine, Moda) dove finalmente si tiene una mostra non avulsa dal genius loci. “Fata Morgana: memorie dall’invisibile” (da oggi fino al 30 novembre, peccato duri meno di due mesi), curata da Massimiliano Gioni, Daniel Birnbaum e Marta Papini, esplora pratiche artistiche extra-ordinarie in un percorso espositivo tra misticismo, trance e spiritismo che ruota attorno a un prezioso nucleo di opere della pittrice svedese Hilma af Klimt (1862-1944: notevolissima e pressoché sconosciuta fino a pochi anni fa) in dialogo con pezzi di vari autori del Novecento e di oggi (da Carol Rama a Man Ray, arrivando a Judy Chicago).

 

In mostra – ed eccoci alla contessa Lydia – anche testi, solitamente conservati alla Trivulziana del Castello Sforzesco, provenienti dalla privata biblioteca della Morando che abitò con la sua straordinaria presenza proprio il palazzo. Qualcuno, a dirla tutta, dice che il suo spirito aleggia ancora al civico 6 di via Sant’Andrea: la contessa è stata in effetti maga ora benevola ora distaccata, di certo libera, indipendente e anticonformista proprio come il personaggio del leggendario ciclo di Re Artù. La osserviamo nel ritratto ufficiale che le ha fatto Vittorio Corcos, pittore dell’Italia umbertina high society: capelli raccolti, di velluto nero vestita, lungo filo di perle tra le mani, eccola la nostra Contessa Morgana. Il dipinto è conservato al Museo Morando Bolognini di Sant’Angelo Lodigiano, e non per caso. La contessa Lydia Caprara di Montalba nasce infatti ad Alessandria d’Egitto nel 1876 da Edoardo Caprara ed Elena Laurin, famiglia di banchieri in un Egitto pieno di promesse e di storie magiche che la giovane Lydia legge con avidità. A soli 16 anni, approdata a Roma, va in sposa al conte Gian Giacomo Morando De’ Rizzoni Attendolo Bolognini, responsabile del cognome infinito e deputato per varie legislature. La coppia non avrà figli e ai primi del Novecento si stabilisce a Milano, a Palazzo Morando, dove la contessa Lydia organizza cene e serate durante le quali fa accomodare gli ospiti nel salottino dorato e, davanti alla sua sfera di cristallo, legge il futuro o invoca qualche spirito buono. La mondanità cittadina è interrotta solo dalla villeggiatura fuori porta a Vedano al Lambro, in Brianza.

 

A un certo punto la coppia s’incapriccia del castello di Sant’Angelo Lodigiano, dove aveva altri possedimenti, e decide di ristrutturarlo: il conte muore ma la contessa Lydia continua con determinazione il lavoro, trasformando il castello in galleria d’arte (anticipando così la moda attuale delle art-location in campagna). Fa anche molto altro. Siamo ormai negli anni Trenta e la “Contessa Morgana” dona il castello e la proprietà contigua all’allora Istituto Nazionale di Genetica per la Cerealicoltura che stava avviando una sperimentazione su nuove varietà di grano. Apre anche, di nuovo da pioniera, una Fondazione che porta il cognome suo e del marito e che accoglie gli orfani di guerra (i “figli di Caporetto”) con tanto di asilo, ambulatorio medico e scuola femminile di avviamento professionale con laboratori di maglieria e ricamo (lo fa nel Bresciano, altro feudo di famiglia, mentre nel Lodigiano sostiene anche un’importante Scuola di arti e mestieri). La Contessa delle cene spiritiche e delle sperimentazioni alchemiche morirà “dama di carità” nel 1945 nella sua villa in Brianza, destinando Palazzo Morando di via Sant’Andrea e le sue collezioni, inclusa la sua rara biblioteca esoterica, al comune di Milano.