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GranMilano
Il bel doc di Sky Arte (ora su Now) per capire l'oggi. Dai Corpi santi alla metropoli
Nel documentario si ricostruisce, documenti alla mano, il “metodo Milano”, città che è nata piccola e murata e ha capito che per sopravvivere e primeggiare doveva aggregare, anche con una certa voracità, quanto le stava intorno
Lo abbiamo visto con curiosità, questo doc “Il racconto di Milano. Dai borghi alla città, dalla città ai quartieri” (lo ha trasmesso Sky Arte la settimana scorsa, ma i 92 minuti di questo progetto del Comune e dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, realizzato da 3D Produzioni con il sostegno della Fondazione Pasquinelli, si possono recuperare su Now). Ne parliamo ora, nella “week delle week” (quella della moda), con millemila eventi che si affastellano e percentuali di turisti sempre in crescita (3.2 milioni, tra giugno e agosto) perché la storia di Milano “città-magnete” che tutto e tutti attira non è solo storytelling recente.
Ci sono origini storiche e vale la pena raccontarle. Ben lo fa questo documentario curato da Eleonora Angius, Irene Bianchi, Beatrice Corti, Eleonora De Bernardi, Valeria Parisi e Lucia Tironi, che si avvale della consulenza scientifica di Barbara Bracco, Gregorio Taccola e Giorgio Uberti e della “presenza scenica” di Tommaso Sacchi, assessore alla Cultura del comune (parecchio a suo agio davanti alle telecamere). Si ricostruisce, documenti alla mano, il “metodo Milano”, città che è nata piccola e murata e ha capito che per sopravvivere e primeggiare doveva aggregare, anche con una certa voracità, quanto le stava intorno. L’occasione per fare il punto di questo processo (sociale, urbanistico e in fondo anche politico) è un doppio anniversario: i 150 anni dalla prima aggregazione dei Corpi Santi e i 100 anni dall’unione con gli undici comuni esterni. Precisazione doverosa: l’anniversario “tondo” sarebbe stato nel 2023, due anni fa, ma il documentario è uscito solo ora. Comunque sia, resta una storia bella da narrare e per dare una misura del cambiamento descritto basti pensare che fino all’Ottocento Milano misurava 8 chilometri quadrati, mentre oggi “Gran Milano” ha un’estensione di oltre 180 chilometri quadrati.
Il primo passo per diventare una metropoli, forse l’unica in Italia ché Roma ha tutt’altro dna, è stato compiuto, si diceva, oltre un secolo e mezzo fa: nel 1873, infatti, e con non poche polemiche, i cosiddetti Corpi Santi diventarono a tutti gli effetti “città”. Si trattava, di fatto, dei territori appena fuori le mura spagnole, chiamati così perché fin dall’epoca dei primi cristiani vi venivano sepolti i morti. L’idea di rendere autonomo il territorio abitato dai “borghigiani” da quello del centro città venne agli austriaci e non fu indolore. Questa sorta di comune “extramurario” aveva caratteristiche simili al porto franco (oggi diremmo “un paradiso fiscale”) e siccome il centro città imponeva un dazio sulle merci che entravano attraverso le mura spagnole, non furono poche le imprese che decisero di spostare tutta la loro produzione nei Corpi Santi, per evitare l’imposta sulle materie prime. Abbiamo così il caso più unico che raro di un comune centrale che “si sente recinto e premuto”, quasi succube di un comune “unico al mondo per composizione”, dice la cronaca. L’economia, al solito, regole le cose e per decreto reale (ma con non poche violente rivolte) i Corpi Santi vennero accorpati al centro, un atto che portò con sé alcune storture che paiono storia recente (“gentrificazione” della zona e mancanza di strutture: le cronache lamentano strade sterrate poco illuminate).
Il secondo atto di aggregazione avvenne invece nel 1923, quando undici comuni esterni, come Affori, Baggio, Musocco, Niguarda, Lambrate. vennero accorpati, dando forma definitiva alla “Grande Milano” di oggi. Antichi borghi, oggi divenuti quartieri di una periferia mai troppo lontana dal centro, possiedono ciascuno un genius loci che sorprende. Per prossimità domiciliare e anche perché è anche il capitolo che chiude il documentario, ci ha incuriosito l’evoluzione di Lambrate, ex comune impreziosito da gioielli artistici come il rinascimentale Santuario dell’Ortica o la Cappelletta di via Conte Rosso (dove è stato trovato un sarcofago del V secolo), prima che l’Innocenti scegliesse di produrre nel quartiere che avrebbe dato il nome alla mitica Lambretta, in fondo non così distante da quel ‘palo dell’Ortica’ che Jannacci ha reso eterno e ai Martinitt, un tempo orfanotrofio e oggi cinemateatro con campus universitario annesso.