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Gran Milano

Ok l'autonomia, ma conta più la redistribuzione, dice la Cisl 

Daniele Bonecchi

"E' utile per il rilancio della Lombardia, ma deve essere realmente comprensibile dal cittadino. Non stiamo chiedendo più risorse, ma la possibilità di usarle in modo che siano tangibili" parla Fabio Nava

Si fa presto a dire autonomia, ma poi contano soltanto i fatti. La Cisl va dritta per la sua strada. Una strada che ha trovato alcune importanti convergenze col governo Meloni e che in terra di Lombardia rilancia l’idea – divenuta legge dello stato – di dare ai lavoratori un ruolo diverso nell’impresa. E sul salario minimo la Cisl dice di no, scommettendo su contratti e produttività. Fabio Nava guida la Cisl lombarda dall’inizio del 2025. Bergamasco, ha lavorato all’Enel per iniziare poi negli “elettrici” la sua avventura sindacale. Parla col Foglio dei temi più spinosi che riguardano il mondo del lavoro e l’autonomia differenziata: battaglia di Attilio Fontana e amarcord ingombrante per Matteo Salvini. Ma ritiene necesaria una premessa: “Voglio dire subito che quello della sicurezza sul lavoro è il problema più grave che abbiamo di fronte. Anche in questi giorni abbiamo registrato incidenti gravi e morti sul lavoro. Va fatta una grossa riflessione, guardando anche i numeri, bisogna parlare di morti di lavoro perché non c’è nessuna fatalità. Ogni volta che c’è un morto si rompe la catena delle responsabilità, credo si debba fare ancora molto perché bisogna andare a lavorare per vivere non per morire. Dobbiamo lavorare sulla cultura della sicurezza”.

 

Veniamo alla legge 76, proposta da voi – quella che coinvolge in termini gestionali i lavoratori nell’impresa – come la si può declinare qui in Lombardia? “Abbiamo raccolto 400 mila firme e siamo molto contenti che sia diventata legge così rapidamente. Ma adesso va trasformata in aspetti concreti e la prima cosa è lavorare tutti assieme, le categorie con le aziende, per fare in modo che i contenuti di questa legge entrino a far parte dei contratti di lavoro. Perché passi la logica che lo strumento legislativo non va a minare la governance delle imprese, ma è la volontà di unirsi per definire assieme obiettivi, modalità e possibilmente la possibilità di ripartire gli utili. La logica è un cambio di paradigma affinché la contrapposizione tra capitale e forza lavoro venga superata dalla scelta di lavorare assieme per far crescere la produttività e ridistribuirla anche ai lavoratori”. C’è però un’altra questione che coinvolge lavoratori, sindacati e imprese. Riguarda le fasce meno protette, quelle che devono destreggiarsi con compensi decisamente bassi. E su questo problema s’innestano le varie proposte di salario minimo. “Ci sono due macro temi: i salari fermi da troppo tempo e la bassa produttività. Anche nel sindacato ci sono visioni diverse, come Cisl non siamo per il salario minimo ma chiediamo che venga potenziata la contrattazione. Non è più concepibile che dei contratti rimangano non rinnovati per anni, a questo punto può intervenire la legge. Ma fissare per legge una tariffa minima oraria rischia per molti settori di favorire il ribasso dei salari. Come Cisl non vogliamo perdere spazio di contrattazione, siamo convinti che la partecipazione dei lavoratori agli utili e la contrattazione possa far crescere il reddito delle persone”.

 

I problemi dei bassi salari, della città a due velocità del caro affitti, hanno messo in crisi il modello Milano. Qual è l’opinione della Cisl? “Dove ci sono delle inchieste è bene che la magistratura faccia il suo corso. E’ chiaro che tenere tutto fermo non aiuta, le grandi città – lo vediamo anche con le prossime Olimpiadi – non possono bloccarsi”. Nei giorni scorsi il presidente della Regione Fontana è intervenuto sulle nostre colonne per ribadire la necessità dell’autonomia differenziata. Cosa ne pensa? “Credo che l’autonomia differenziata e il federalismo fiscale siano argomenti utili al rilancio della Lombardia. Noi siamo dell’avviso che l’autonomia possa funzionare se realmente comprensibile dal cittadino. Se rafforza la sanità pubblica, se migliora la formazione professionale, se offre degli incentivi per la sicurezza sui luoghi di lavoro e se riesce ad aumentare la qualità dei servizi per tutti. Fin quando le liste di attesa rimangono così lunghe e nelle Rsa tante famiglie fanno fatica a pagare le rette, non riusciamo a percepire cosa potrà portarci questa autonomia. Bisogna costruire un’autonomia in grado di togliere la burocrazia e dare più responsabilità a chi amministra. Non stiamo chiedendo più risorse, ma la possibilità di usarle in modo che siano tangibili. E’ chiaro che l’autonomia non può creare più differenze tra nord e sud del paese. Tutto va fatto a garanzia dei Lep puntando a ridurre il divario territoriale che esiste, noi abbiamo i nostri ‘Punti salute’ che registrano diversità non più accettabili. L’autonomia deve essere una riforma pragmatica, coraggiosa, ma condivisa”.

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